“Non sappiamo più marcare a UOMO…”
Ci risiamo… eccoci di nuovo…
Alla prima sconfitta, alla prima difficoltà o al primo cedimento della leaderships continentale i soliti NOTI tornano a predicare il :
“ SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO”.
Questa volta la tematica che costituisce la polemica è la MARCATURA A UOMO. Sembra, pare, si dice che i “NOSTRI” giocatori non sappiano più marcare a uomo e questo sembra, pare e si dice che sia dovuto alla negligenza dei settori giovanili che trascurano questo aspetto a favore della cosiddetta MARCATURA A ZONA.
Bè devo ammettere che queste dichiarazioni, sentite in varie trasmissioni televisive e lette su varie testate giornalistiche sportive, mi hanno lasciato alquanto perplesso anzi oserei dire basito! Io sono un modesto allenatore di settore giovanile ma ho la presunzione di conoscere il livello di istruzione che viene impartita nei nostri vivai e ho anche la presunzione di dire che il lavoro sulla marcatura a uomo intesa come:”l’essere responsabile individualmente e personalmente del comportamento dell’atteggiamento di un predeterminato avversario durante la gara” si svolge appieno, in modo stretto ed assillante. Anzi dirò di più, da NOI siccome questo modo di giocare nel settore giovanile paga, nel senso che fa vincere, si inizia a perseguire in età precoce dove invece si dovrebbe sviluppare solo il piacere di giocare piuttosto del piacere di non far giocare. Ma io voglio cogliere la provocazione e svolgere in modo esaustivo un’analisi dei due sistemi di saper giocare ed evidenziare così in modo palese che il problema evidenziato è un falso problema.
Innanzitutto paragonando i due sistemi di marcatura possiamo ricavare delle considerazioni di carattere generale.
a) La difesa a uomo è molto importante nei pressi dell’area di rigore per la neutralizzazione degli avversari di maggior spicco. L’uso generalizzato però sostanzialmente indebolisce la fase difensiva dato che gli attaccanti manovrando in diverse direzioni, possono portarsi dietro i marcatori e creare facilmente zone libere per i compagni.
b) Il giocatore nella difesa a zona non marca direttamente un avversario ma staziona in una zona del campo e ha quindi responsabilità di posizione rispetto ai propri compagni.
c) A livello didattico cioè nell’insegnamento dei due compiti vi sono minori difficoltà nella marcatura a uomo;
d) Ma soprattutto un allenatore non può prescindere dal fatto che l’una (la marcatura a uomo) non sia prerequisito dell’altra (la marcatura a zona).
E su questo punto mi soffermerei facendo delle considerazioni specifiche ma alquanto semplici. Nella marcatura a zona non dobbiamo dimenticarci che alla fine di ogni discorso, quando avverrà l’avvicinamento all’avversario e lo spazio tra il difensore e l’attaccante sarà minimo varranno tutti i principi e le regole della marcatura ad uomo, per difendere a zona quindi bisogna saper difendere anche a uomo! Ma vorrei ulteriormente ribadire che difendere a zona in definitiva non vuol dire non dover marcare a uomo, anzi spesso la problematica diventa tatticamente più complessa perché oltre a saper e dover marcare a uomo un difensore, specie dell’ultima linea, bisogna che sappia osservare e capire la situazione e decidere subito cosa fare: marcare stretto l’avversario oppure dare copertura nello spazio al proprio compagno? (più marco meno copro, più copro meno marco). Saper marcare in definitiva vuol dire togliere la possibilità ad un avversario di essere attivo e utile alla squadra in attacco. Questa abilità richiede un’ottima capacità tattica individuale a livello difensivo che si sviluppa in anni di formazione ed è qualcosa che oggi tutti i giocatori debbono saper fare, chiaramente a maggior ragione i difensori ed anche i centrocampisti difensivi, essendo del resto la marcatura un elemento tattico individuale indispensabile.
Ma a questo punto vorrei rimarcare (mai verbo fu così azzeccato) un concetto… ma queste cose chi ha scatenato l’ennesima polemica le sa?...
MA…
G. Rusca
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