STORIA DI UN PICCOLO CALCIATORE (parte 3)
...l'ospedale mi sembrava una grande prigione dove mi avevano recluso e legato al letto . Per fortuna i giorni all'ospedale finirono presto e potei andarmene a casa.
Non andai a scuola per una settimana. La casa dopo tutto era abbastanza confortevole e poi c’erano i miei genitori che non perdevano occasione per cercare di tirarmi su, e i miei amici mi venivano a trovare spesso. Nonostante tutta la monotonia degli SPAZI sempre uguali, con la mia carrozzina mi muovevo che era una bellezza nulla turbava il mio animo, niente soffocava la mia fantasia anche se la mia sedia a rotelle non poteva volare... già la mia sedia a rotelle...mi sembrava che quelle ruote avessero preso il posto delle gambe rendendomi inutile come un pedone su una scacchiera!
Dopo una settimana tornai a scuola, e fu bello rivedere tutti i miei compagni di classe ma non fu lo stesso per gli insegnanti! Mi stavano addosso erano preoccupati come se da un momento all'altro fossi potuto stramazzare a terra, cosa difficile dato che stavo sempre seduto. La loro mania era quella di spingermi, volevano guidarmi ovunque mi spostassi, secondo me è una deformazione professionale! Non si rendevano conto di farmi sentire "un diverso".
La cosa terribile fu questa infatti: “sentirsi diverso”, in quel momento ero un malato, un disabile uno che non poteva fare le cose da solo...quella era la cosa che più odiavo....ebbi molte crisi e si insinuò in me l’idea di non potermi più rialzare da quella stramaledetta sedia, come se "lei" non mi volesse lasciare, come se si fosse voluta servire di me per restare in vita...
Grazie a dio stavo solo delirando infatti dopo due mesi di inferno mi tolsi quei gessi e mi alzai in piedi per la prima volta dopo tanto tempo; mi resi subito conto che forse la parte più difficile stava per iniziare...dalla sedia a rotelle alle stampelle...l'incubo continuava...
Nessun commento:
Posta un commento