19 settembre 2007

COME RAGIONANO I PICCOLI GIOCATORI

Il calcio richiede ai bambini un particolare impegno cognitivo e necessita della capacità di comprendere il punto di vista dell’altro. Il processo di anticipazione motoria si basa sull’abilità di saper prevedere ciò che il nostro avversario sta per fare ma, i bambini di questa età, hanno difficoltà ad assumere questo punto di vista. D’altra parte però, l’uso di questa abilità è necessario in uno sport di squadra che coinvolge molti giocatori che devono agire insieme, servendosi di una strategia comune di risposta alle azioni degli avversari.
Le difficoltà dei bambini sino agli 8 anni sono evidenti a qualsiasi osservatore a bordo campo, quando li si vede inseguire tutti la palla, scordandosi invece i ruoli che gli erano stati attribuiti in precedenza. Le ricerche hanno confermato che l’abilità di comprendere la prospettiva altrui si afferma in maniera completa tra gli 8 e i 10 anni. In relazione a questa competenza, una possibile ragione di abbandono dall’attività calcistica si presenta nei casi in cui gli allenatori e i genitori si aspettano dai bambini più di quanto gli è consentito dal loro sviluppo cognitivo. In questo tipo di situazioni i bambini possono sperimentare una notevole frustrazione e sentirsi non apprezzati e capiti dagli adulti, che richiedono loro di svolgere dei compiti superiori alle loro capacità attuali. In alternativa, genitori e allenatori non dovrebbero preoccuparsi se i bambini si comportano come le api che corrono tutte dietro il miele ma dovrebbero stimolare l’entusiasmo dei bambini e il piacere che traggono dal movimento.
Un altro aspetto cognitivo importante riguarda la comprensione, da parte dei bambini, delle cause dei risultati delle azioni. In altre parole a cosa attribuiscono, ad esempio, il prevalere di una squadra sull’altra oppure a cosa attribuiscono la maggiore competenza di un compagno rispetto agli altri? Da adulti siamo consapevoli che successi/insuccessi possono derivare da più aspetti diversi (ad esempio, l’impegno, la fortuna, l’abilità personale, la difficoltà dei compiti da svolgere o la competenza degli altri) ma per i bambini questo pensiero rappresenta un punto di arrivo che in prima e seconda elementare non possiedono. La ricerca ha evidenziato che sino a 10-12 anni i giovani non sanno distinguere con esattezza fra questi diversi fattori quelli che in una singola prestazione hanno determinato il successo della loro squadra o la qualità della loro prestazione.
Infatti, inizialmente i bambini sono attratti essenzialmente dall’eccitazione che trasmette la pratica sportiva e solo in seguito sviluppano una concezione più complessa del gioco. A questo riguardo basta pensare che già a partire dall’età di 5 anni i bambini iniziano a confrontare le loro abilità con quelle dei compagni ma che sin quasi all’adolescenza è molto scarsa la correlazione fra la percezione dei bambini delle loro competenze e la valutazione delle loro reali capacità eseguita dagli allenatori.

18 settembre 2007

STORIA DI UN PICCOLO CALCIATORE 6

Ora scrivo la sesta parte del mio racconto e vorrei dedicarla ad una riflessione.
Riflettere con i miei lettori sui motivi che spingono questo piccolo calciatore ad andare avanti a tutti i costi, cosa non lo fa arrendere?
Quale è la spinta che lo conduce verso la meta?
Vivere questa storia è stata per me un’avventura che mi ha portato a capire che non sono i premi che danno motivazione, non è ciò che avverrà dopo l'allenamento che ti motiva ma è l'allenamento stesso l’obiettivo. Superare se stesso percependo i propri limiti a volte sognando.
I sogni non sono mete irraggiungibili ma sono orizzonti da inseguire finchè non si ha più fiato, finchè il cuore tiene. Il sogno è andare oltre, perchè una volta che si è a terra stremati e non ce la fai a muovere più neanche un muscolo, e nel momento in cui si è soli con se stessi, è lì che si raggiungono i propri sogni è in quel momento che si può dire di vivere veramente, è in quel momento che si è felici...
Ed io miei cari sono felice, ora SONO FELICE…
e il sogno continua...

IL GIOCO-SPORT CALCIO

IL GIOCO SPORT CALCIO

La pratica sportiva nella fascia che si va a considerare, 6/10 anni, è ancora nella fase embrionale. Il piccolo giocatore ha caratteristiche proprie che lo rendono totalmente diverso per obiettivi e contenuti, che deve perseguire e praticare, dalle altre fasce dell’età federali. Ecco perché la FEDERAZIONE GIOCO CALCIO indica l’attività in questa fascia d’età prima di tutto ludica e divertente , basata sul gioco e psico-motoria prima ancora che calcistica . Non necessariamente chi inizierà questo tipo di gioco-sport diventerà un giocatore di calcio pertanto le proposte dovranno tendere alla realizzazione completa delle potenzialità di ogni individuo, permettendogli di raggiungere coscienza di se stesso e delle sue possibilità di adattamento e di comunicazione con l’ambiente sociale. Il bambino tramite il gioco sport calcio deve essere posto al centro del processo formativo-educativo. Possiamo definire il gioco sport calcio come un’attività collettiva nella quale si fa uso della palla, aciclico, simmetrico, aerobico-anaerobico alternato. Un’attività per dirla in poche parole: completa e adatta ai bambini dai 6 ai 10 anni.
Penso che si debba proporre a questa età un calcio che non sia quello degli adulti, realizzato da 22 giocatori in uno spazio di circa 90 metri per 45, dove le porte hanno dimensioni improponibili e il pallone è troppo grosso per poterlo giocare. Questo è un gioco che annoia il bambino e di conseguenza lo demotiva allontanandolo dalla attività sportiva . Si deve anche dire che non è sufficiente ridurre le dimensioni del campo e dell’attrezzo palla per parlare di un’attività idonea per i bambini , quello che dobbiamo fare tutti insieme è un salto di qualità a livello culturale, cioè prendere coscienza dell’importanza educativa del gioco sport calcio e produrre un servizio formativo efficace per i giovani.
Ci dobbiamo rendere conto che parlare di educazione e formazione della personalità per mezzo di questo gioco sport, in concreto, significa stabilire quali possono essere i contributi che l’attività può dare all’intero sviluppo psico fisico del bambino di età compresa tra i 6 e i 10 anni. Si tratta di sviluppare e perfezionare tutte le capacità di cui ogni individuo è dotato, in modo che si determinino miglioramenti a livello neuro-muscolare e si creino nuovi adattamenti e ampie disponibilità sia organiche che intellettive. Le attività di gioco sport dovranno, attraverso esercitazioni concepite in modo formativo, determinare un potenziamento dell’apparato muscolare e del sistema neuro-psichico. Perché questo si realizzi nel concreto è necessario operare in modo che le gestualità necessarie siano automatizzate in modo corretto, cioè che il relativo schema motorio sia la risultante di un gesto appreso in piena aderenza con la reale struttura e nel ritmo di apprendimento di ogni bambino.