03 luglio 2009

PIX 5

PIX 5
Terribilmente stanco, Pix ritenne di aver visto e sentito abbastanza per quel giorno. Fu allora che riguadagnò la strada per l'astronave e quando fu in mezzo alla campagna, come preso da illuminazione spaziale, chiuse gli occhi e si lasciò cadere a terra. Il calore della giornata gli fu subito addosso, percepiva tutti gli odori di quel posto. Da quando aveva preso le sembianze umane era continuamente assalito da miriadi di sensazioni olfattive e queste gli amplificavano tutte l'emozioni vissute. Tutte le situazioni avevano un profumo. Il campo sul quale era atterrato odorava di fieno, la strada sterrata odorava di polvere, la ragazza che aveva conosciuta odorava di bucato appena lavato, il bar odorava di umanità e ora sentiva altri odore. Di fianco a lui scorreva l'acqua in un fosso e questa sprigionava un vapore fresco. Pix ne annusò con gioa l'odore e dopo averlo fatto si rialzò sfregandosi, con le mani, il sedere dalla polvere. Il vento aveva disperso le nuvole e il sole caldo splendeva nel cielo azzurro ed immenso. Le case, vagamente illuminate da questa luce, avevano ripreso la loro consistenza opaca quella dei mattoni faccia a vista delle pareti. Pix posò la mano sul tronco di un albero e degli insetti si misero a girargli attorno alle dita, come se avessero riconosciuto la non umanità di quel giovane uomo. Attraverso la mano il non terrestre sentiva il calore di quell'insieme di molecole organiche. Era una sensazione piacevole scoprire la vita scorrere in tutto quello che vedeva, toccava e annusava. Sorrise al proprio corpo che stava scoprendo di momento in momento, alzò le mani e si mise a giocare con le dita, mimando delle marionette, subito dopo si toccò gli occhi e li sentì umidi stava piangendo di felicità. Era contento e il suo corpo voleva farglielo rilevare. In quel preciso momento sentì uno scricchiolio di passi sul terreno fatto di ghiaia, a tre metri da lui si materializzò un bambino dai capelli biondi che giocava con una palla simile a quella dei calciatori visti sullo schermo nel bar. Scoppiò a ridere e si disse: “la giornata non è ancora finita”. Gli si avvicinò e lo osservò attentamente mentre giocava con quella sfera che dai rimbalzi e dagli effetti ricevuti sembrava magica. Questo attrezzo era per lui in quel momento un elemento simbolico e data la poliedricità d'utilizzo era una fonte inesauribile di stimoli nuovi e diversi, soprattutto se posti in relazione agli oggetti e al mondo esterno di quel momento . Il fatto di polvere, acqua, sole e cielo. Che il bambino poi giocasse con i piedi metteva ancora più in evidenza la tridimensionalità dello spazio, la sua creatività nel colpirla e nel farla roteare in aria lo divertiva, lo appassionava e il bimbo accortosi di tutto questo gli passò la palla con un lancio Pix vide la palla arrivare, si posizionò per riceverla e quando fu vicina a lui cercò di afferrarla ma questa come indispettita dal cambio di proprietà fuggi e rimbalzando li vicino cadde dentro al fosso e l'acqua la portò via!

30 giugno 2009

PIX 4

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“Io...”iniziò: “ehm!”.
Si schiarì la voce e proseguì: “mi chiamo Pix, e...e...e non sono di qui!” Non avrebbe mai immaginato che potesse essere così diretta la sua comunicazione verso un umano. Lo stupore ridestò la sua attenzione e per una frazione di secondo vide la ragazza per quello che era, un insieme fragile e solida di carni sode e tenere in poche parole: radiosa. “Lei... oh mi scusi, oh scusa...” non sapeva se usare la forma confidenziale -tu- o l'impersonale -lei-: “tu sei così...” optò per il tu e ricominciò a parlare e stava per dire: “così carina” ma si rese conto che il suo complimento era fuori luogo e soprattutto un po' troppo affrettato. Non finì la frase e arrossì. Presa alla sprovvista Olga non seppe cosa dire allora scoppiò a ridere e così mostrò ancora di più la sua bellezza. Si voltò e se ne andò cantando: “si chiama Pix, si chiama Pix, ed è un bel mix di misterix! Si chiama Pix, si chiama Pix, ed è un bel mix di misterix!! ah ah ah” rideva e correva lungo il viale come se volesse cantare la sua gioa, la sua gioa di vivere. La sua riflessione la disse ad alta voce a se stesso: “Che strani questi umani mi ci vorrà un po' di tempo per capirli ma credo che ne varrà la pena” e si incamminò verso la cittadina che ormai si trovava d'inanzi a sè, quando un campanile vicino rintoccò, con le sue campane, le tre del pomeriggio. Mezz'ora più tardi entrò in un locale che era stracolmo di gente. Alle 15.30 precise , in piedi al centro del locale si levò lo zainetto dalle spalle e appoggiandolo su un tavolino si sedette. Tutti in quel Bar, così lo chiamavano gli umani, volgevano l'attenzione verso un monitor che si trovava appeso in un angolo del locale. C'era un frastuono incredibile chi urlava, chi urlava e si muoveva e chi urlava si muoveva e nello stesso tempo beveva una bevanda di colore giallognolo ricoperta da una schiuma bianca. Un vero caos! E per cosa? Per una partita di CALCIO! Infatti sul monitor scorrevano immagini di umani in pantaloncini corti e magliette colorate che rincorrevano la palla e si affannavano per contrastare quelli , che con una maglietta diversa volevano fare altrettanto. Lo spettacolo era divertente più il gioco si avvicinava alla porta più il rumore si alzava e si rendeva fastidioso. Ma ad un certo punto il caos raggiunse il livello massimo: l'omino vestito di nero aveva fischiato e aveva indirizzato il proprio braccio verso il centro del campo. L'apoteosi! Tutti urlavano, tutti gridavano: “GOL”. Nel momento che questo si realizzò, Pix venne travolto dagli abbracci e da dei colpi sul petto che lo fecero tossire fin quasi a perdere i sensi. Fu come se gli occhi e le orecchie gli schizzassero via dal viso e anche la lingua se ne voleva andare dalla sua sede naturale. Si trovò straordinariamente sollevato dal suolo, i suoi piedi non posavano più per terra e il suo corpo aveva la leggerezza della polvere di stelle. Si sentì invadere da una felicità divorante e il peso del suo pensiero si dissolse! Accidenti che effetto faceva questo calcio! Solo dopo alcuni interminabili minuti l'ambiente tornò alla calma. Pix rideva e si rendeva conto di provare qualcosa di unico, qualcosa che nella sua esistenza non aveva mai provato, sentì un brivido corrergli su per la schiena e mille timori fecero vacillare le sue certezze razionali. Erano forse queste le famose EMOZIONI UMANE?! Era felice come un bambino con un giocattolo nuovo. Aveva viaggiato molto, aveva conosciuto mondi diversi ma questa esperienza lo faceva stare bene con se stesso. La stessa gioia forse l'aveva provata quando dal Gran Comando Militare di Terrax era arrivata la comunicazione dell'accettazione della sua domanda di ammissione all'Accademia Aerospaziale.
La partita continuò e di quelle scene se ne ripeterono altre due. Al termine della gara tutti uscirono dal locale allegri e contenti ridendo e cantando e tutti si avviarono verso direzioni a lui sconosciute. Rimase solo, così si riavviò verso l'astronave era stata una giornata piena di eventi straordinari e doveva riferire tutto a suo padre. A sua madre avrebbe raccontato di Olga!

29 giugno 2009

PIX 3

PIX 3
Tacque un istante; i suoi occhi azzurri, trasognati, contemplavano qualche straordinaria visione. Si passò di nuovo la mano nei capelli per provare a se stesso che quel momento era vero e non frutto di un'allucinazione dovuta all'alta percentuale di ossigeno presente nell'aria di quello splendido pianeta. Non gli era certo proibito sperare che dopo aver viaggiato per milioni di chilometri, aver studiato il genere umano era giunto in quel preciso istante il momento del primo contatto con questa specie così diversa e così affascinante. Perchè no? Fece un'altra pausa nel suo pensiero. Sconvolto dalla bellezza di quel paesaggio che vedeva sotto e davanti a se, disegnava nella sua mente il primo incontro con un umano. Cosa gli avrebbe detto o meglio cosa si sarebbero detti? La sua intelligenza, la sua formazione scientifica gli consentivano di aspettarsi una stretta e fruttuosa collaborazione con l'umanità. Sapeva che nel momento del “CONTATTO” avrebbe saputo trovare le parole giuste, non sapeva ancora quali ma sarebbero state sicuramente quelle giuste. Provava dentro di se un'emozione tutta particolare che sino ad allora non aveva conosciuto gli piaceva essere così, voleva essere così. Si ricordò in quell'istante che doveva chiamare suo padre per informarlo sulla situazione ma poi si disse che non era granchè importante, il compito che gli si profilava era ben di altra portata. In quell'istante un piccolo animaletto volante gli si appiccicò sulla palpebra e lo costrinse a chiudere gli occhi. Una lacrima gli incollò momentaneamente le ciglia e mentre con la mano cercava di staccarsi da questo piccolo fastidio un altro di quei piccoli oggetti volanti gli entrò nelle narici e scivolò giù nella gola: starnutì! Ecco un altro segno della sua nuova identità di umano! Dopo lo starnuto, che aveva causato una flessione del capo sul petto, alzò la testa e li vicino vide che si apriva un viale che s'inoltrava fra la boscaglia, ai suoi lati correvano degli alberi di un verde cupo, alti e filiformi. Su questo lembo di natura regnava il silenzio più totale. Pix attraversò il viale e tra gli spazi che vi erano tra i tronchi degli alberi intravedeva delle case isolate e man mano che si inoltrava nel viale l'agglomerato di case diventava sempre più fitto. Una città pensò Pix! Mentre osservava le abitazioni in lontananza, l'eccitazione aumentava in intensità. Pix sentì dei rumori davanti a sé e riportò la sua attenzione sul viale alberato e così facendo vide di fronte a sè una ragazza. Mentre la ragazza si muoveva verso di lui cercò di rilevare tutti i dai possibili e necessari per avere un quadro preciso dell'umano che aveva difronte. Aveva pressappoco la sua età terreste, tredici o quattordici anni, aveva indosso una gonna a pieghe verde acqua e una camicetta bianca di pizzo. La gonna ne disegnava la vita sottile, si arrotondava sulle anche e ondeggiava sulle gambe lunghe e magre. I capelli erano raccolti in una treccia che gli arrivava a metà schiena. Fissandogli il viso il suo stato d'animo cambiò, provava un'emozione strana era come se quella parte del corpo fosse fonte di ricordi. Il suo colorito roseo gli ricordava i tramonti visti dall'oblò della sua cameretta. I suoi occhi verde acqua gli ricordavano lo scorrere impetuoso dei ruscelli che ogni notte da piccolo suo padre gli faceva vedere nei video libri. Era rimasto incantato. La ragazza sorrideva senza chiudere le labbra e la composizione di quelle linee curve inondavano il viso di dolcezza e di mistero. Pix non era ancora in grado di apprezzare la bellezza femminile, lui viveva di fredde immagini che il suo elaboratore di bordo gli aveva trasferito definendo il genere femminile, ma quel viso aveva scosso il suo animo terrestre e non solo! Ad un certo punto, quasi rompendo un incantesimo con disinvoltura la giovane donna si avvicinò e gli chiese: “ciao come ti chiami? Tu non sei di queste parti vero? Io mi chiamo Olga” e distese un braccio verso di lui cercando di stringergli la mano. Pix era inebetito, impacciato e non sapeva cosa rispondere. Vide quella mano protrarsi verso di lui e non vide cosa migliore da fare che afferrarla e stringerla. Dopo averle stretto la mano era già in preda alla curiosità di sapere tutto di lei però l'unica parola che riusci a far uscire dalla sua bocca fu: “Pix”