24 novembre 2009

I GEMELLI

I GEMELLI DEL CIAPA’ GOL

Ve li ricordate i “gemelli del gol”: Francesco Graziani e Paolino Pulici.
Li chiamavano così ai tempi del Torino di Gigi Radice perché segnavano gol a raffica e, in campo, la loro intesa era straordinaria. Sono passati alla storia dell’Italcalcio proprio come i “gemelli del gol”:
per la sintonia perfetta anche nell’esecuzione dei movimenti in fase offensiva e gol a grappoli... Paolino e Ciccio fecero grande il Torino, che riassaporò lo scudetto al termine della stagione 1975/’76 rinverdendo i fasti della grande squadra granata perita a Superga. Ma Graziani e Pulici parenti non sono. Quindi sono
gemelli solo in campo. Gemelli in campo e nella vita, invece, lo sono Antonio e Mario, nati a Milano un giorno di febbraio del 1981, più di due lustri dopo la stagione d’oro della coppia granata.
Ma chi sono Antonio e Mario? Rispondo subito al quesito:
innanzitutto sono due grandi appassionati di calcio E TIFOSI DEL TORO. Due bambini che al tempo, quando li conobbi, giocavano a calcio dalla mattina alla sera. Tiravano calci a tutto ciò che si muoveva e rotolava e quello che non si muoveva e non rotolava lo muovevano loro e lo facevano rotolare con dei calci. Giocavano a calcio per strada e ritornavano a casa sempre con le ginocchia sbucciate.
Sono cresciuti calcisticamente nell’oratorio di Cernusco sul Naviglio e, giunti ad un bivio, dove da una parte c’era lo studio e dall’altra il calcio(erano stati selezionati per la squadra che allenavo io nel 1991: l’A.C.Milan) hanno sorprendentemente scelto lo studio!
Insomma, per la sorpresa di tutti, hanno rinunciato ad una carriera da calciatori! I due invece di giocare in attacco, come la coppia famosa sopracitata, giocavano in difesa. Erano due difensori arcigni che giocavano nell’under 11 dell’A.C.Milan (almeno ci hanno giocato per due mesi). Io, allora, li avevo soprannominati: “I GEMELLI DEL CIAPA’ GOL”
Passati dieci anni, un bel giorno, sono in pizzeria in compagnia di mio figlio, e nel bel mezzo di una discussione che aveva come tema principale: “ma le punizioni di prima le calciava meglio Maradona o Roberto Baggio?” sento una mano che si appoggia sulla mia spalla destra e un voce che mi chiama: “Mister, Mister” mi giro e vedo di fronte a me due ragazzoni con una fisionomia quasi identica: i due gemelli! Li riconosco subito sono: Antonio e Mario. “Mister ci riconosce?” continuano loro. Ma certo che li riconosco, mi alzo e li abbraccio chiamandoli per nome. Siamo tutti e tre commossi sotto gli occhi di Davide che in realtà non ci ha, ancora, capito nulla. Glieli presento e li invito ad accomodarsi ed iniziamo a parlare. Chiedo loro come va? E se soprattutto giocano ancora a calcio e mi rispondono: risponde Antonio
“Viviamo il mondo del calcio come un divertimento, qualcosa che ci piace fare; gli allenamenti non li viviamo come un obbligo ma come una gioia, naturalmente quando non si corre e basta.
Quando non siamo impegnati con gli allenamenti o con le partite di campionato, proprio per via del nostro legame con questo sport, troviamo sempre il tempo per partecipare a vari tornei o per giocare al campetto con gli amici”. Era proprio quello che cercavo per Davide: una testimonianza di pura passione per questo sport. Davide ha quindici anni e gioca al calcio ma lo vive emotivamente in modo troppo intenso. Lo vedo quando è in campo è teso e nervoso e questo gli fa fare degli errori che non dovrebbe fare. È bravino se la cava ma questa maledetta emotività incontrollata LO RENDE INSICURO ed incerto nelle giocate anche in quelle più semplici. Ma la discussione continua e mi appassiona allora e faccio un’altra domanda:
Cosa vi ha insegnato il calcio?
Risponde Antonio
”Il calcio ci ha trasmesso anche molti valori come il rispetto delle persone, educazione nei confronti di chi ci stava attorno e correttezza verso i compagni. Il calcio se interpretato senza esasperazioni ma con il giusto spirito è una scuola di vita. Così dovrebbe essere per tutti i ragazzi. Lo sport in generale deve trasmettere valori positivi, deve essere una palestra importante per allenarsi alla
vita. Purtroppo però le esasperazioni sono dietro l’angolo come pure le eccessive aspettative di taluni genitori sono spesso troppo elevate e fonte di pressione eccessiva per i ragazzi che arrivano a non sopportare più determinate pressioni. Noi siamo stati fortunati: i nostri genitori sono appassionati, ci hanno sempre seguito e ci seguono, ma ci hanno anche assecondato in modo splendido nelle nostre scelte di optare ad un certo punto per lo studio riservando al calcio un ruolo prezioso, ma come passione e basta”. Manna che scende dal cielo! Continuo con le domande:
Chi vi ha trasmesso la passione per il calcio?
”Questa grande passione ci è stata trasmessa sicuramente da entrambi i nostri nonni, e anche da nostro papà che ha giocato per parecchi anni, ci ha anche allenati da
piccoli nella squadra dell’oratorio, dove abbiamo iniziato la nostra modesta carriera calcistica e ci ha seguito anche nelle trasferte più lontane, ci ha insegnato a giocare a calcio e tutto ciò che di bello può essere il calcio: è stato un vero maestro. Ora che ha qualche difficoltà a spostarsi ovunque, è ammalato e non può muoversi da casa è comunque sempre informatissimo e non ci fa mancare mai i
suoi consigli per le nostre prestazioni domenicali. Spesso sottolinea che ci alleniamo
poco per via dei nostri studi e sicuramente ha ragione, ma sa bene e ci comprende che abbiamo fatto un’importante scelta di vita e che alimentiamo la nostra passione nel migliore dei modi secondo alcuni principi significativi che ci siamo dati trovando un equo compromesso con noi stessi e con chi ci accetta come siamo”.
Che bravi ragazzi Antonio e Mario parlano e sorridono e trasmettono a me e a Davide quella serenità che forse ultimamente ci è venuta a mancare. Il rapporto che ci lega è fortissimo ma la conflittualità generazionale a volte mi porta a non comprendere quel senso di indipendenza che cova mio figlio in quei semplici atti di ribellione alle direttive che cerco di impartigli. Antonio e Mario stanno parlando con Davide come se lo conoscessero da anni e non da pochi minuti, queste generazioni hanno facilità nel comunicare e nel condividere esperienze e a proposito sento Davide che fa una domanda ai due gemelli:
Ma cosa vi ha insegnato veramente il calcio?
Risponde Mario:
“ sai Davide Il calcio, in campo e fuori ti fa incontrare molte persone che poi possono rivelarsi grandi amici. Il calcio a noi ha dato tante emozioni belle e brutte, quando si vince la felicità non ti fa pensare a nient’altro, quando si
perde invece si ha la possibilità di capire i propri errori, correggerli per poi arrivare a una vittoria ancora più bella di una casuale”. Mangiamo, parliamo, ricordiamo tempi passati e ridiamo molto ci divertiamo e io ogni tanto guardo negli occhi mio figlio e lo vedo sereno, rilassato e tranquillo. Sono contento di aver incontrato questi due ragazzi semplici, educati e solari, che coltivano serenamente la loro grande passione: giocare al calcio, collocata appunto a grande passione e basta. Razionalmente, ma
lucidamente e serenamente hanno optato per proseguire gli studi, hanno vissuto il
calcio, semplicemente e lo hanno inserito nella loro vita come volevano e dovevano.
L’importante nella vita e nello sport è, prima di tutto, coltivare una passione che è tale quando è soprattutto divertimento, con sacrificio, ma divertimento.
Si finisce la serata con lo scambio dei numeri di telefono quanto vorrei che Davide frequentasse e diventasse amico di Antonio e Mario i miei gemelli: DEL CIAPA’ GOL!

23 novembre 2009

LUCA ANTONINI

Sin da bambino è detto “il piccolo”, dal nome del protagonista di cartone animato in voga quel tempo. Il suo ruolo iniziale era quello di attaccante, ma col tempo ha cominciato a giocare nel ruolo di esterno di centrocampo. È dotato di buona tecnica, di fantasia e di un discreto tiro di destro; è anche abile nel fornire assist. Ma andiamo per gradi e partiamo dall’inizio quando ho conosciuto e selezionato Luca. Comincia a giocare a calcio a il San Giuliano Milanese, suo paese natio. Un giorno viene visto giocare sul campo in terra battuta della società San Giulianese e viene segnalato al capo degli osservatori (signor Zagatti) e il martedì successivo il “piccolo” mi viene portato sul campo di allenamento dal signor Trapanelli, l’allora factotum dell’attivvità di base dell’A.C.Milan, per essere visionato con una certa urgenza perché ci sono altre squadre intenzionate al piccolo! Il bambino ha dieci anni ed è veramente minuto è magro ma molto magro ed è alto un metro e una buca per non dire che è basso ma molto basso. Allora Luca aveva la stessa pettinatura, la stessa maglia, le stesse movenze che ha ora: se si tralasciava la struttura fisica diversa sembra che le sue sembianze siano le stesse di allora solo che ora il giocatore pesa quaranta chili in più ed è ottanta centimetri più grande. Dopo poche esercitazioni e una breve partitella il bambino dimostra unaTecnica individuale impressionante, visione di gioco rara a vedersi in un “pulcino”, Luca è un bambino sveglio e ansioso di dimostrarmi di essere bravo. Il calcio, si vede subito, è tutta la sua vita e già a dieci anni dimostra di saperci fare, in quella prova fa sfracelli, dribbla gli avversari come birilli fa gol di testa, di piede e ricordo benissimo ne fa uno anche di piede: è bravissimo! Allora mi stacco dall’allenamento per andare a chiamare Trapanelli al quale comunico che il ragazzino va “preso subito”. Il signor Trapanelli mi sorride e mi dice: “Mister ne ha parlato con Lui?” Rispondo che vorrei parlare con suo padre più che con lui. Il sorriso del signor Trapanelli persiste e mi fa preoccupare, comunque decido di seguire il suo consiglio e vado a parlare con il bimbo. Eccomi di fronte a lui e inizio con le domande e vado subito al nocciolo della questione: “senti Luca saresti contento di venire al Milan?” Lui mi guarda e mi risponde: “ma io sono tifoso della Sampdoria, come faccio?” “tifoso della Sampdoria?” ribatto io con una certa sorpresa. Non parla ma ad un certo punto cerca di togliere la tuta rossonera del Milan, che il magazziniere gli ha dato per effettuare l’allenamento vestito come tutti gli altri, e sorpresa delle sorprese sotto porta la maglia della Sampdoria! “Ha capito Mister? Io sono veramente Sampdoriano!” ringraziandomi per la mia gentilezza e senza il minimo problema mi lascia lì in mezzo al campo e se neva a duellare con gli altri bambini che stanno continuando la partita. Sorrido e vado dal signor Trapanelli con la convinzione: “questo bimbo lo dobbiamo prendere altro che Sampdoria!”
Luca Antonini (Milano, 4 agosto 1982) è un calciatore italiano, difensore del Milan. È un giocatore polivalente che sa ricoprire sia il ruolo di terzino che di esterno di centrocampo sulla fascia sinistra e all'occorrenza anche destra.[1] Cresciuto nel
Milan, nel 2001, a stagione da poco avviata, è stato ceduto in prestito al Prato, in Serie C1, dove ha totalizzato 26 presenze e 3 reti. Nella stagione 2002-2003 ha collezionato 17 presenze e 1 gol in Serie B all'Ancona, ottenendo la promozione in Serie A e ritagliandosi un ruolo da titolare nella seconda parte del campionato, dopo un girone d'andata trascorso come riserva. Nell'estate del 2003 si è trasferito alla Sampdoria in comproprietà con i rossoneri, dove è sceso in campo solamente in 5 partite nel ruolo di vice Gasbarroni sulla fascia e non realizzando gol. L'anno seguente torna a giocare in Serie B, al Modena, dove ha segnato una rete in 15 partite disputate. Nell'agosto del 2005 il Milan lo ha prestato all'Arezzo, dove nell'arco della stagione ha segnato 3 gol in 39 partite. Alla fine della stagione 2005-2006 è stato preso in prestito dal Siena. Nell'estate del 2007 il Milan ha rilevatato la metà posseduta dalla Sampdoria e lo ha ceduto in comproprietà all'Empoli, assieme all'altro giovane Abate, anche lui prodotto del vivaio rossonero. Con l'Empoli Antonini ha esordito nelle coppe europee il 20 settembre 2007, in occasione della partita di Coppa UEFA Empoli-Zurigo (2-1), nella quale ha anche realizzato la rete del momentaneo 2-0 su rigore al 49° minuto. Dopo una positiva stagione con l'Empoli, in cui è stato spesso arretrato alla linea a quattro di difesa e utilizzato nel ruolo di terzino sinistro per sopperire alle assenze di Tosto e Raggi, terminata però con la retrocessione dei toscani in B, il 9 giugno 2008 è stato riscattato dal Milan.[2]

SAPERSI SMARCARE



Esercizio per imparare a smarcarsi
Sempre pronti a smarcarsi.Due giocatori -l'1 e il 2- col pallone, e uno -il 3- senza. Come nello schema raffigurato a fianco.Durante l'esercizio vanno efettuati degli scambi continui con l'uomo senza palla che deve muoversi negli spazi liberi, in relazione a quelli dei movimenti dei suoi compagni.Si può estendere l'esercizio a due gruppi di giocatori includendo un portiere che dovrà sempre toccare la palla con le mani senza bloccarlo.Lo scopo di questo tipo di allenamento è quello di abituare il calciatore a giocare a testa alta, a sfruttare gli spazi per smarcarsi e a cambiare rapidamente direzione.