02 gennaio 2010

IL BOMBER LUCA

IL BOMBER
“Ad ogni costo cerca tal volta di isolarti,
saluta te stesso; cerca che cosa cela l’anima tua;
abbi il coraggio di guardare nel tuo petto poiché t’appartiene
Ed agita quello che ci trovi dentro.” G.Herbert
Mi piace questa poesia perché all’attenzione che devi porre a te stesso all’osservazione dei tuoi sentimenti e delle tue sensazioni devi contrapporre la necessità di agitare i tuoi pensieri, quindi non una contemplazione passiva ma la preparazione per la ribellione a tutto quello che ti sta intorno e non puoi accettare.
Era sempre così prima di una partita importante cercavo nelle pagine dei libri più disparati, frasi o aforismi o addirittura Poesie per rilassarmi, per riflettere e nello stesso tempo per fare discorsi di preparazione psicologica alla squadra prima della partita. Quel giorno avevo trovato la poesia di Herbert, l’avrei ripetuta prima della partita e avrei insistito sul fatto che bisognava essere attivi mentalmente e sempre alla ricerca del proprio destino. Potevamo vincere e dovevamo mettercela tutta per farlo. Si questa poesia andava proprio bene l’avrei letta nello spogliatoio e avrei cercato di orientare il pensiero dei miei allievi verso il sé e li avrei stimolati a dare il meglio.
Erano le sette del mattino, era l’ora dell’appuntamento in piazzale Lotto a Milano, quando si andava in trasferta ci si trovava li. Una voce mi destò da tanta profondità e mi riportò alla realtà: “Mister la squadra è al completo, manca solo Luca” era Angelo il mio accompagnatore. Luca abitava proprio nei pressi del luogo della partenza e, teoricamente, avrebbe dovuto aggregarsi alla comitiva in anticipo, ma, praticamente come era sua solita abitudine, arrivava sempre per ultimo. Attendemmo un buon quarto d’ora, poi constatando che l’attesa si faceva troppo lunga, andammo direttamente a casa sua; e meraviglia delle meraviglie lo trovammo ancora a letto. La madre rispose al citofono( Luca abitava in un palazzone di venti piani), e mi disse che il figlio non era in condizioni di giocare perché, durante la notte, probabilmente mentre sognava di partecipare ad una partita di calcio, aveva sferrato un calcio allo spigolo del comodino per cui ora, aveva il piede gonfio e non riusciva a camminare. Conoscevo bene Luca aveva una passione per il calcio infinita ed in campo era uno che non mollava mai e mi sembrava strano che una botta al piede lo avesse fermato. Non potevo crederci e insistetti con la madre e le dissi se era possibile parlare con Luca. La risposta fu scortese e piena di rabbia: mi disse di andare al diavolo e che dovevo finirla di rompere con questo CALCIO e che lei ne aveva piene le scatole di lavare e stirare tute magliette e calzoncini. Basta non ne voleva più sapere e Luca avrebbe smesso di giocare e che lei non l’avrebbe più mandato. Mentre la mamma parlava sentimmo aprirsi il portone del palazzo era lui Luca che guardandoci negli occhi sia a me sia al mio accompagnatore ci disse: “andiamo io sono pronto, mia madre può dire quello che vuole questo torneo lo dobbiamo vincere e io devo giocare e, e poi si vedrà…”. Il mio accompagnatore di allora, Angelo T., sentite le parole di Luca e conoscendomi bene, si mise immediatamente in movimento, con un pennarello nero segnò una P, che voleva dire presente, di fianco al nome di Luca, sulla lista dei partenti, e finalmente con tutti sul pulman partimmo alla volta di Cremona. La partita era di quelle definite importanti: si trattava di una finale di un torneo, alla quale la nostra compagine di Esordienti si era qualificata dopo sofferte eliminatorie. Volevamo preparare bene la partita e per questo motivo eravamo partiti molto presto, avremmo giocato nel pomeriggio e precisamente alle 14.30. Avremmo pranzato al sacco con panini e acqua minerale, il tutto preparato la sera prima dal massaggiatore Walter. Walter era un omone di centoventi chili di bontà. Voleva bene ai ragazzi della squadra come se fossero stati tutti suoi figli. Li trattava bene e parlava molto con loro ma non con parole direttive, lui dialogava con loro con parole affettuose perché lui diceva sempre: “i bambini non crescono come le piante che basta dare a loro acqua e sole. I bambini hanno bisogno di domande che scaldino il cuore!” Lui parlava delle loro ideazioni, delle loro congetture sul mondo e delle loro scoperte che facevano di sè e del mondo stesso. Era un vero confidente e i ragazzi lo adoravano. Il pulman che ci avrebbe portato a Cremona era dell’impresa di trasporti “Firobeton”, era un vecchio autobus. Tutte le volte che lo vedevo i miei pensieri diventavano ricordi… il suono del suo claxson che accompagnava i miei primi giorni di scuola, quando con mamma andavo a raggiungere lo scuola bus lungo la statale del Sempione…a bordo c’era solo l’autista, e il vecchio autobus camminava lento e stanco, costringendo le automobili alle sue spalle a mettersi in coda…. ad andare piano, senza fretta. Sembrava che un po’ si divertisse ad indispettire le sue giovani colleghe…in quel momento immaginavo quante strade avesse percorso questo vecchio mezzo da museo, quanto catrame avesse calpestato, a quanti appuntamenti avesse accompagnato… quante ansie, speranze, segreti, paure, pensieri, ricordi, passioni, sogni, dubbi, sguardi, parole, saluti veloci, insulti gratuiti, gesti prepotenti… avesse trasportato!In quel vecchio autobus… quanti frammenti di vita! Questo residuo di guerra, messoci cortesemente a disposizione dalla giunta comunale, ci avrebbe comunque, sicuramente, lentamente ed inesorabilmente portati alla meta.
Alla guida del mezzo c’era il mitico autista Luigi detto il: “PRINCIPE”! Il soprannome evidenziava in modo netto ed inequivocabile il modo di fare del nostro autista. Luigi si presentava sempre con la divisa. Una livrea blu di altri tempi, con tanto di cappello e con il logo dell’azienda ricamato sul taschino della giacca. Come se non bastasse Luigi aveva una parlata ricercata e forbita a tal punto da renderlo una macchietta alla “mercè” di quei banditi che componevano la squadra. Allora non c’erano Navigatori Satellitari o Tom-Tom e le destinazioni dovevi trovartele da solo sulle cartine stradali, oppure dovevi avere una esperienza ventennale come quella del “principe”. Anche quella mattina tra un: “accidempoli” e un: “caspiterina” le uniche imprecazioni che si concedeva il Principe, dopo due ore e mezza di viaggio Luigi ci portò a destinazione. Erano le nove ed eravamo già li al centro sportivo della Cremonese. Era una bella giornata di Maggio con un bel sole caldo e con una brezza che rinfrescava le membra, una giornata ideale per giocare a calcio. Il morale era alto e la “truppa” era unita come non mai. Quello era un gruppo vincente un gruppo così ben coeso che non c’era componente della squadra che non parlasse bene del proprio compagno dentro e fuori dal campo. Ogni tanto ti capita nella carriera di allenatore di campionati giovanili, di avere –tra le mani- una squadra che vinca tutte le partite, sommergendo di gol ogni avversario. Questo era quello che stava facendo la formazione degli Esordienti Provinciali che seguivo quell’anno sportivo, i risultati avevano dell'incredibile: i miei ragazzi, tutti classe 1975, avevano vinto 17 partite su 17 in campionato, realizzando la bellezza di 110 gol ma soprattutto non subendone neanche uno, contro squadre di pari età del milanese.Si parlava si scherzava e si prendeva in giro, con delle imitazioni, il Principe. Facemmo una bella camminata e trovammo non tanto lontano da lì un posto per consumare il nostro lauto pranzo. Mangiammo e poi via con un’altra passeggiata. Così ridendo e scherzando si fecero le 13.00 ed era ora di preparare la partita. Riunii i ragazzi sotto un bel platano e iniziai a parlare dell’incontro che da li a poco ci avrebbe visti protagonisti. Il mio modo di preparare la partita di solito era questo: prima di essa dicevo sempre che volevo la vittoria, se la squadra avversaria invece era proprio più forte dicevo che potevamo vincere, mentre nell'intervallo vedevo un pò come era andata, e a seconda del risultato partivo o con una bella ramanzina oppure esortavo a continuare verso la strada intrapresa, infatti spesso era capitato di chiudere il 1° tempo sotto di un gol con delle prestazioni individuali scandalose e dopo il mio predicozzo vincere la partita. Ma quel giorno volevo far parlare loro e precisamente volevo far parlare Luca. E Luca non si fece pregare, parlò e disse questo: “ragazzi probabilmente questa sarà la mia ultima partita, mia madre me lo ha promesso non mi manderà più, ed io voglio chiudere in bellezza!(tutti ascoltavano con attenzione) Da solo però so di non potercela fare quindi o voi tutti mi date una mano per portare a casa questo trofeo oppure vi farò passare mezza giornata chiusi sull’autobus con mia madre che urla e il principe che impreca in quel modo che conoscete! Non so se mi spiego!” Tutti risero ma subito dopo iniziarono ad urlare che avrebbero vinto per lui che avrebbero portato a casa il trofeo e glielo avrebbero regalato. Ad un certo punto Luca si lanciò su di loro con un tuffo e i suoi compagni lo afferrarono al volo abbracciandolo tutti insieme. Il gruppo c’era e come se c’era!
Tornammo al centro sportivo ed entrammo negli spogliatoi. Alle 14.30 precise iniziò la partita!
La partita fu equilibrata fin dalle prime battute. Ci tenemmo testa soprattutto sul fronte difensivo: molte respinte e tackle, poche corse sulle fasce e poche occasioni guadagnate; il 1° tempo infatti si concluse sullo 0 a 0. Il risultato si sbloccò, a nostro favore, dopo 1 minuto e 30 secondi dall’inizio del 2° tempo, quando Luca, dopo un uno due sulla linea del limite dell’area avversaria, fece finta di fare un passaggio corto e approfittò di un varco della difesa s’ infilò tra due avversari e calciando in porta fece gol e portò in vantaggio la nostra squadra. A questo punto gli avversari decisero di provare a giocare su azioni manovrate ma i loro passaggi erano lenti ed imprecisi e su un passaggio errato Franco fece partire un contropiede che permise a Luca di raddoppiare eravamo sul 2 a 0. Così a pochi minuti dalla fine vincevamo ed eravamo padroni del campo. Fu proprio in quel momento, a un minuto dalla fine che l’arbitro decretò per gli avversari un rigore inesistente. Tiro del nove avversario gol: 2 a 1. Mancavano una manciata di secondi e tutto era stato messo in discussione. Ma della serie: “i più forti siamo noi” la squadra reagì e si impose con un’azione da manuale e realizzò sullo scadere del tempo, con il solito Luca, il 3 a 1. Partita finita e vinta!Successivamente fu un tripudio, tutti a saltare a urlare a rincorrersi per il campo ed il sottoscritto fu sottoposto ad un mega gavettone che mi rovinò l’abito nuovo comprato per l’occasione.Vincemmo e presi dall’euforia della vittoria, prima di partire festeggiammo in un bar il nostro “alloro” con vino bianco e fette di salame grosse quanto una mattonella.Partimmo, i canti e le urla accompagnavano il nostro cammino. Io ero seduto davanti e mi gustavo tutto lo spettacolo dallo specchietto retrovisore. Ad un certo punto, dopo Pandino, notammo che le strisce laterali, che segnalavano la carreggiata della strada, scorrevano quasi al centro del nostro automezzo, addirittura sulla sinistra; urlammo i nostri timori tanto che il Principe fece un cenno con la mano per rassicurare tutti: “la situazione è sotto il mio personale controllo” disse urlando. Io comunque per precauzione feci fermare il pulman! Scese anche il Principe il quale alle nostre vibrate rimostranze, disse testualmente: “Quando la curva è lunga bisogna prenderla larga e abbordata, saluti fascisti ed a noi”. Era ubriaco ciuco tradito e se non fosse stato per la sua età lo avremmo preso a calci nel sedere per quel saluto a braccio disteso e soprattutto per la paura che ci aveva fatto prendere. Invece l’Angelo tirò fuori il termos del caffè e gli fece bere due bicchieri di un quarto l’uno del suo caffè nerissimo.A malincuore, dopo una mezz’ora, riprendemmo la corsa. Ad un certo punto il pulman sbandò tutto sulla sinistra andando a finire su una cunetta e a malapena il mezzo non si ribaltò. Fortuna volle che non uscisse nessuno sulla destra ove c’era una stradina di campagna altrimenti sarebbe successo un disastro. Ci furono attimi di panico seguiti da un silenzio assoluto, poi si udì un grido: “Mi Che puzza Alberto, cagato ti sei?!”. Era Michele Asara che chiedeva “notizie” del fratello. A stento trattenemmo le risa e riprendemmo i festeggiamenti scendendo velocemente dall’autobus.Nel frattempo Antonio, il segretario della società, preoccupato per il ritardo, ci mandò incontro due autovetture.Tutto finì per il meglio. Per un attimo, solo per un attimo vennero sospesi i festeggiamenti previsti per la vittoria, ma poi ripresero più chiassosi di prima e il grido che andava per la maggiore era: “GLI INVINCIBILI SIAMO NOI MA CHI…SIETE VOI!” noblesse oblige!
Arrivati a Milano presi Luca in disparte e gli parlai. Gli dissi che avrei cercato di convincere sua madre a continuare a mandarlo a calcio ma nello stesso tempo lui avrebbe dovuto ascoltarla e accettare le sue decisioni. Lui abbassando la testa mi disse che lui senza calcio non riusciva a rimanerci e iniziò a piangere e con le lacrime che scendevano copiosamente dal suo viso e con la voce rotta dal pianto mi disse che anche suo padre, se fosse stato ancora vivo, avrebbe voluto che lui continuasse a giocare a calcio. Il papà di Luca era deceduto tre anni prima dopo una lunga e penosa malattia ed era stato lui ad iniziare al gioco del calcio Luca. Lo guardavo commosso e mi venne spontaneo: lo strinsi a me cercando di rincuorare quel piccolo cuore spezzato. Riportai Luca a casa e la mamma nel vederlo con il trofeo tra le mani si sciolse in un pianto liberatorio, Luca corse ad abbracciarla ed insieme salutandomi con la mano si diressero verso il portone di casa. Li guardavo e qualcosa si era agitato dentro di me forse era ciò che celava la mia anima?
Luca sta giocando da professionista in una squadra da più di dieci anni e per me è stato e sarà sempre il “BOMBER” .

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grande Mister! Questa volta è riuscito a farmi commuovere. Che bella storia, sembra un favola. Lei ha scritto libri "tecnici", dovrebbe scrivere un libro narrativo, che racconti un pò tutte queste belle esperienze. Un grande uomo trasmette forti emozioni, e Lei è un maestro in questo! Continui così, per favore.

Massimiliano ha detto...

Buon giorno Mister, la storia è di quelle toccanti, di quelle che si vivono sui campi! Ho cercato un indirizzo mail all'interno del blog per poterla contattare ma non ho trovato nulla. Sono il responsabile del sito www.allenarebene.it . Ci farebbe molto piacere avere qualche contributi suo o di tecnici del suo staff. La prego di contattarci, le lascio l'indirizzo mail a quale può trovarmi: info@allenarebene.it . Grazie, cordiali saluti.