20 maggio 2009

ANDREA

Lo conobbi circa venticinque anni fa al centro sportivo di Orsenigo dove le giovanili del calcio Como si allenavano, ricordo ancora era un giorno di fine novembre. Era accompagnato dal padre e dalla madre. Fin da quell'istante capii che quel ragazzo di tredici anni avrebbe fatto una carriera importante nel mondo del cacio. Andrea aveva qualcosa di speciale, era vispo con uno sguardo da furbetto che lo caratterizzava . Nel parlare o meglio nello stare ad ascoltare il padre che discuteva con il responsabile del settore giovanile mi ero reso conto di non essere al cospetto del solito genitore smanioso di una carriera sfavillante del proprio figlio nel mondo del calcio, tutt'altro, il papà che lo aveva portato sin lassù da Salerno non aveva dubbi: il figlio sarebbe rimasto a Como solo se il suo profitto scolastico fosse stato ottimo. Il responsabile, che sapeva delle difficoltà scolastiche che un ragazzo che veniva da fuori incontrava era cauto e diceva che sarebbe bastato un profitto sufficiente. Il padre era irremovibile o ottimo o Andrea se ne tornava a Salerno! Andrea era un predestinato, era nato per giocare a calcio. Ad Andrea non sembrava vero di passare tutto il suo tempo a giocare a calcio e sfogarsi correndo dietro un pallone. Non era facile placare l'energia di quel ragazzino tutto pepe, ma il papà era stato chiaro, lapidario . Il papà sapeva cosa volesse dire studiare, lui si era laureato in medicina a pieni voti e per suo figlio aveva progetti ben più ambiziosi che vederlo sgambettare su un campo di calcio. Ma Andrea era determinato e rassicurava il padre: “NON TI PREOCCUPARE PAPA' qui ci rimarrò per tanto tempo e tu sarai contento di me!” Il papà lo guardava con una tenerezza infinita e la mamma piangeva continuando a baciare il suo Andrea.
Così il ragazzo inizia la sua avventura a Como. Gioca e studia, studia e gioca, a scuola funziona bene e sul campo Andrea è uno che fa la differenza. Sulla fascia sinistra va come un treno le sue giocate sono argute come le sue soluzioni nei compiti di matematica. Il terrore che una bocciatura possa dissolvere quell'atmosfera magica gli fa dare il massimo, infatti Andrea a scuola va benissimo e alla fine dell'anno sarà promosso con la media dell'otto. Vive per giocare a calcio si vede che è la sua passione che lo fa vibrare dentro. Quando lo vedo giocare vedo me alla sua età, giocavo in quella posizione senza avere il suo talento so cosa vuol dire scendere sulla fascia e passare da un ruolo difensivo ad una sorpresa offensiva nel campo avversario.
Il pallone, che lo indusse ad abbandonare Salerno, lo affascina e lo trasporta in una grande avventura del calcio vero, comincia a tirare calci con un'ottica professionale a Como, nel profondo Nord, come diceva lui, senza che peraltro quel suo viaggio sia riconducibile agli stereotipi dell'emigrante con la valigia di cartone vista la famiglia benestante dalla quale proveniva. Allenamenti e scuola, senza perdere un colpo, fino al diploma di ragioniere "perche' nel calcio non si sa mai".A Como Andrea fa tutte le categorie del settore giovanile e debutta in serie B il 29 ottobre 1989 (Como Cosenza 1-0). Colleziona 16 presenze in quella stagione turbolenta, caratterizzata da continui cambi in panchina e culminata con la retrocessione in serie C. E' Eugenio Bersellini, chiamato a gestire la resurrezione comasca, ad esporre in vetrina quel diciannovenne pieno di grinta (27 presenze in C1) che difatti trova subito un compratore. Per quattro miliardi Aldo Spinelli se lo porta a Genova, riflettori di serie A ma la prospettiva di una lunga coda dietro il brasiliano Branco, titolare della cattedra di terzino sinistro. Quello tra Andrea e il Genoa non è però amore a prima vista. Un litigio, si dice, con Maddè, il braccio destro di Bagnoli, costa al ragazzo di Salerno l'esilio novembrino a Pisa.Testardo, ambizioso ma pure generoso , Andrea sa risalire la corrente al suo rientro dal "confino". Bagnoli e Madde' del resto sono stati risucchiati dall'Inter, Giorgi diviene subito suo sponsor, a mettersi in coda per la cattedra di terzino sinistro stavolta tocca a Branco. Campionato eccellente, questo del debutto in serie A, con 33 presenze e 3 gol, l'ultimo segnato al grande Milan. Lui e il collega di reparto Panucci stuzzicano gli appetiti della Juve che avrebbe voluto acquistarli in blocco. Si dice che Spinelli avesse deciso di privarsi del solo Panucci (che nel frattempo, fatti i suoi calcoli, aveva scelto di puntare sul Milan) ma, così almeno narrano le leggende metropolitane, Andrea riuscì comunque ad ottenere disco verde per la fuga approfittando dello "stato di bisogno" del suo presidente. Così arriva la Juve sulle tracce del nuovo Cabrini. E dopo la Juve (27 presenze e un gol) giunge pure la nazionale, con il debutto a Tallinn, il 22 settembre '93, in occasione del 3-0 all'Estonia, unica sua apparizione azzurra.
È una corsa verso la gloria apparentemente inarrestabile ma poi, improvviso, il crollo. L'inizio della fine ha una data precisa: venerdi' 20 maggio 1994. Andrea e' stanco, irriconoscibile in campo, lui che e' sempre stato un concentrato esplosivo di energia; fatica a recuperare, e' tormentato da una febbriciattola allarmante. Il dott. Riccardo Agricola, responsabile del servizio sanitario bianconero, prescrive una serie di analisi. La diagnosi mette subito paura: leucemia acuta linfoide, fattore Filadelfia positivo. Quanto di peggio ci si poteva immaginare. Andrea ricoverato nella Divisione Universitaria di ematologia dell'ospedale Molinette. "Puo' farcela - dicono i medici -, Andrea e' giovane, la sua tempra robusta lo aiutera'". Ma l'ottimismo di facciata e' una pietosa bugia. Gli specialisti sanno bene che solo un trapianto con un donatore compatibile potra' restituire la vita a quel ragazzo coraggioso, assistito dalla fidanzata, Lara, e dai genitori, mamma Lucia e papa' Giuseppe, che e' cardiologo all'ospedale di Salerno e che ha l'immediata percezione del dramma. Tre settimane di terapia intensiva. Un netto miglioramento, valori verso la normalita'. L'organismo combatte, i globuli bianchi in eccesso spariscono, tecnicamente si parla di remissione completa della malattia...
Andrea Fortunato a soli 23 anni si ammalò di leucemia linfoplastica acuta. Dopo due trapianti di midollo osseo, il decorso post operatorio lasciò pensare ad un totale recupero; ma Andrea morì, dopo una polmonite, il 25 aprile 1995.
C'era una volta una bacchetta magica che maghi e fate si passavano di mano in mano. Un tocco e la vita di Andrea avrebbe continuato a volare...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

C'è tanta amarezza nei tuoi ricordi...

Anonimo ha detto...

E'un racconto molto struggente...

MarcoO ha detto...

A differenza del Suo Cognome...Andrea ha avuto una Vita Sfortunata...la leucemia è una brutta bestia (come parecchi altre forme tumorali)..Era un grande esterno!
Quando i ricordi affiorano nella mente di un Grande Maestro di Calcio/Vita e partono da età così belle...13 anni, proprio lo sbocciare dell'adoloscenza, ci si chiede ancora di più...se esiste davvero la" Dea Eupalla!" (per dirla alla Gianni Brera)....Ciao.