13 agosto 2009

PIX 13

Olga era disorientata, ma aveva visto con i suoi occhi quella specie di palafitta appoggiata sul terreno su quegli enormi tentacoli di metallo lucente, aveva visto con i suoi occhi gli occhi di Pix illuminarsi e irradiare un raggio fluorescente dal colore azzurro, ed infine aveva visto con i suoi occhi salire Pix sulla scala mobile che lo portava all'interno di quella specie di casa. Mentre la ragazzina riordinava le idee, non riusciva a staccare la sua attenzione visiva da quell'abitacolo così ben sagomato da sembrare proprio un disco volante. Si l'aveva detto quello non sembrava, era un disco volante! Era proprio come lo disegnavano nei fumetti: era ovale e di colore grigio, l’oggetto era stretto da un lato e più ampio da un altro. Aveva delle piccole protuberanze, come piccole ali. Si era avvicinata all’oggetto in modo da poterne valutare la consistenza e il materiale. Esso era stato costruito con un qualche tipo di metallo, di circa 10 metri di lunghezza. Non avrebbe mai neppure immaginato una cosa simile, man mano che avanzava verso uno dei tentacoli d'appoggio, gli sembrava di sentire un rumore sordo, come una debole vibrazione proveniente dall'interno dell'abitacolo. Era l'imbrunire ma quel posto sembrava essere tutto illuminato e infatti si accorse che la scala che aveva portato Pix all'interno stava scendendo verso il terreno rischiarando tutto. Senza rendersene conto urtò con il braccio contro il piedistallo di metallo provocando un rumore che echeggiò e si diffuse nello spazio circostante. Subito dopo sentì la voce di Pix: “dove sei? Olga dove sei? Vieni fatti vedere, non avere paura sono Pix!” era la voce di Pix che la cercava e la invitava a farsi vedere. Fece un passo in avanti e si fece vedere e vide a sua volta Pix. Si rese conto subito che l'amico la invitava a salire con lui nella sua abitazione, lei esitò un attimo ma poi salì sulla scala mobile e assieme vennero trasportati all'interno. Mentre si chiudeva il portellone d'entrata aumentava la sua ansia e mentre varcava la soglia della stanza davanti a se sentì la mano di Pix che afferrava la sua e la sua voce che diceva: “Non avere timore Olga qui non ti può succedere nulla!” . La stanza che stava osservando era molto grande e c'erano tre sedili posti davanti ad una vetrata che si affacciava sulla boscaglia. C'erano dei monitor e uno schermo largo quanto un grande tavolo, questo era acceso ed era pieno di stelle luminose nel buio della notte sembrava una mappa interstellare. Pix la fece accomodare su uno dei sedili, si sedette a sua volta e si voltò verso di lei e le disse: “Ti chiederai dove ti trovi e chi sono io?”continuò: “vedi Olga, tu per me significhi qualcosa ed io voglio dirti tutta la verità” inizò il suo racconto e disse tutto senza tralasciare nulla. Olga man mano che il racconto di Pix si addentrava nei particolari sgranava gli occhi sorpresa e meravigliata da quella realtà sconosciuta. Al termine Pix chiese ad Olga che ne pensava e Olga aprì la bocca per parlare, ma non riuscì a proferire parola. Avrebbe voluto dire tante cose ma non riusciva a parlare era così sorpresa che l'unica frase che emise dalla sua bocca, dopo aver deglutito, fu: “è tardi Pix e devo andare a casa” e se ne andò. Pix dopo averla accompagnata per un tratto tornò nella sua astronave.
Pix era sollevato e felice, era riuscito a dire tutto ad Olga, gli aveva parlato del viaggio, del suo pianeta dei suoi genitori e del suo progetto su...di loro. Le aveva detto tutto e adesso cosa sarebbe successo? Ecco la domanda che lo tormentava dopo aver accompagnato giù dall'astronave Olga. Mentre stava riflettendo notò che il led del ricetrasmettitore di comunicazione con Terrax lampeggiava, era una richiesta di apertura del canale! Era sicuramente suo padre che voleva comunicare con lui. Prima di premere il tasto cominciò a tremare dall'emozione. Chiuse gli occhi, cercando di frenare i mille pensieri che gli esplodevano in testa, respirò profondamente, sollevò un braccio e poi pigiò il pulsante! “Pix, Pix” era suo padre! Gli avrebbe detto tutto? Lo decise in quell'istante: SI gli avrebbe detto tutto!
E Così fece! Gli disse del suo dialogo con Olga, avvenuto proprio lì sull'astronave e della reazione di Olga, che non sapeva come definire, e fu al quel punto che il padre gli disse:
“Pix posso parlarti sinceramente?”
“Devi farlo padre, ho bisogno che tu mi faccia capire, che tu mi spieghi quello che è meglio fare” ribadì Pix.
Il padre si sistemò sulla poltrona, sospirò e fissando la video camera che lo stava riprendendo come se fossero gli occhi di Pix si mise a parlare: “E così hai svelato la tua presenza ad un umano, sinceramente avrei preferito che tu prima mi avessi consultato. Comunque la cosa è stata fatta e adesso dobbiamo pensare come organizzare il tuo viaggio di ritorno al più presto! È troppo pericoloso per te rimanere li sulla Terra!” dopo queste poche parole, per alcuni istanti calò il silenzio nella loro discussione. Pix riprese: “e perchè dovrei tornare?” “Pix!” il padre intervenne con una espressione e con un tono di voce che sembrava non lasciare margini alla discussione e fu al quel punto che Pix ebbe una reazione inconsulta: “Dimmi perchè? Perchè padre dovrei tornare? Forse perchè tu devi avere il controllo su tutto e di tutto e non puoi permettere a nessuno di fare nulla a patto che non sia tu a stabilirlo? È per questo?” il padre di Pix rimase esterefatto dalla reazione di suo figlio e capì che il momento era particolare e che avrebbe dovuto controllarsi e chiarire il malinteso con una spiegazione ancor più razionale e convincente: “Caro Pix sappiamo fin troppo bene che non occorre andare lontano, nel tempo e nello spazio, per incontrare i segni della distruttività umana. L'uomo ha dimostrato nella sua storia la necessità di distruggere tutto ciò che ricorda una diversità. Ha compiuto più genocidi l'uomo di qualsiasi genere vivente presente nell'intero universo conosciuto. L'uomo ha costruito nella sua esistenza la cultura del danno, dell'utilizzo senza scrupoli, della sopraffazione. In una sola parola, del male. Tu come fai pretendere che gli uomini possano accettare una civiltà così diversa come la nostra, come la tua? Come puoi pensare che l'umanità così presa dai suoi eccessi possa accogliere un tuo messaggio di convivenza felice tra due civiltà?” Il discorso del padre era stato di una incisività quasi dolorosa. Ma Pix sapeva e aveva toccato con mano la realtà umana e la giudicava con più indulgenza. Dalla sua breve esperienza poteva ricavare una testimonianza positiva e così rispose al padre: “Caro padre in questi giorni ho potuto sperimentare come il vivere tra gli umani sia un'esperienza formativa e creativa. Tra di loro ho avuto la sensazione che alberghino tre concetti: intelligenza, memoria e volontà. L'intelligenza e la memoria l'umano le utilizza per risolvere le situazioni che quotidianamente gli si presentano, mentre la volontà è la loro capacità di fare e di mettere in atto le azioni che, a seconda del loro concetto di bene, li fa fuggire dal male. Padre io sono fiducioso in questa umanità, in questi giorni ho ripetuto a me stesso che l'anima dell'umano è proiettata verso il bene con atti d'amore. Io credo nell'umanità e voglio rimanere”. Il padre scorse nelle parole di Pix intelligenza e trasporto per quello che aveva appena detto. Così rispose a suo figlio: “Pix io credo in te e voglio la tua felicità decidi tu! Tutto ciò che riterrai giusto fare sarà condiviso da me e da tua madre! A risentirci a presto nostro più prezioso pensiero”. “Saluti a voi miei cari Pensieri!” Si salutarono così come si salutano i Terraxani dopo di che la comunicazione venne interrotta.

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