02 novembre 2009

NICOLA

È una domenica mattina fredda e soleggiata di un autunno inoltrato. Il sole ha sciolto la brina che aveva ricoperto il campo di calcio di via Orsini a Milano. Oggi giochiamo contro l’Aldini, una società prestigiosa nel panorama del calcio giovanile, non solo milanese ma anche nazionale, per i suoi successi ottenuti nei campionati allievi e giovanissimi. I bambini che oggi scenderanno in campo sono del 96, i miei, e del 95 quelli dell’Aldini, entrambe l’età fanno parte della categoria esordienti. L’appuntamento è per le 11.00 al campo. Mentre mi accingo a varcare la soglia del centro sportivo, scorgo molti visi conosciuti, e guardando un po’ più in la mi accorgo che nel calmpo dove giocheremo noi si sta disputando già una partita. Mi dirigo verso il campo da gioco e d’istinto osservo quel che succede sulle panchine e noto, in una di esse, un allenatore giovane dai capelli ricci e biondi. È un viso noto, mi sembra proprio di conoscerlo, ma Si è proprio lui! È Nicola un mio ex allievo, di quando allenavo al Milan gli esordienti regionali, circa dieci anni fa. Nicola era un giocatore tecnico. Un centrocampista di qualità, subiva un po’ la fisicità degli avversari, ma usciva dalle situazione di gioco con intelligenza e sagacia. Sempre attento riusciva ad essere efficace soprattutto negli spazi stretti e aveva giocate originali che non sempre venivano sfruttate dai compagni di squadra. Adesso era li su di una panchina a fare il Mister! Sembrava ieri quando…lasciamo stare e torniamo al presente!
Nicola seguiva la partita in piedi dando indicazioni, rimproveri, incitamenti, complimenti e addirittura distribuendo applausi. Non faceva mancare nulla alla sua squadra di tredicenni, si era l’allenatore della squadra giovanissimi B dell’Aldini. Caratterialmente mi ricordavo un Nicola tranquillo silenzioso, timido e quasi riservato. Qui invece vedevo un giovanotto pieno di energia e quasi aggressivo. Ma non avevo visto ancora nulla. Il vero Nicola infatti lo vidi dopo che il numero 7 della sua squadra, immarcabile in quella partita, scese sulla fascia fece cross e il numero 9 realizzò un gol stupendo, lui ebbe uno scatto di gioia incontrollabile saltava e gridava gol-gol-gol! Palla al centro e Nicola si ricompose e continuò a dare consigli alzando il tono della VOCE: “dai Cris più decisione”, “dai Manu dacci dentro”, “forza Cocu”. Nicola parlava per acronimi. Nomi, cognomi e soprannomi tutti ridotti all’essenziale: due sillabe e via! Non si mangiava le parole riduceva le sillabe inutili per ottenere una comunicazione più veloce. Effettivamente la differenza tra l’avvertimento: “attento Alessandro” e l’altro: “attento Ale” era quello che bastava per impedire l’anticipo di un avversario. Mi incuriosiva Nicola, mi piaceva il suo modo di essere e di fare l’allenatore. Così mi intrufolai tra il pubblico e iniziai a fare domande sul biondino che era in panchina. I difetti e i pregi che mi riferirono erano quelli tipici di noi istruttori di settore giovanile: “è esigente, è irascibile, è comprensivo, carica bene la squadra ma ogni tanto alza troppo la voce…”. Mano a mano che ascoltavo le caratteristiche che lo contraddistinguevano mi accorgevo che Nicola mi assomigliava e questo un po’ mi inorgogliva, ma quando mi dissero che lui nei suoi discorsi ai ragazzi citava sempre quello che diceva “un suo vecchio allenatore” dal nome Giuliano, sentii montare l’emozione. Non vedevo l’ora che finisse la partita per salutarlo e per fagli gli auguri per la sua nuova carriera. Proprio in quel momento l’arbitro fischiò la fine della partita. Mi avviai verso gli spogliatoi con tutti i componenti della mia squadra. Le squadre che avevano giocato la partita precedende erano già negli spogliatoi. Chiesi dove potevo trovare Nicola, mi dissero spogliatoio numero 3, mi avvicinai e lo sentii che diceva: “bravi ragazzi abbiamo vinto una partita difficile perché questo avversario normalmente riesce a mettere in difficoltà chiunque. Noi gli abbiamo tolto la possibilità di giocare tranquillamente, era questa la nostra chiave per la vittoria.” Però si esprimeva come un vero allenatore, allora invece di bussare stetti ad ascoltare o meglio ad origliare: “Ci siamo riusciti molto bene. Siamo riusciti a comandare la partita seppure non ci siano state grandi occasioni da gol. Abbiamo solo rischiato su un contropiede a causa di un rimpallo. La squadra avverasaria non ci lasciava spazi, chiuso nella sua metà campo, cercava di colpirci in contropiede. Ma questo contropiede non è mai partito perché voi ragazzi siete stati bravissimi per intensità e forza fisica. Ho visto grande voglia di aiutarsi, senso tattico. Poi è venuta la qualità, il gol di Andrea poi ci ha dato la possibilità di arrivare al successo. BRAVI E COMPLIMENTI A TUTTI!” Stavo per bussare quando sentii: “ Un mio vecchio allenatore direbbe: -L’importante non è quello che provi alla fine di una partita, ma quello che provi mentre stai giocando la partita” Era una mia frase, la dicevo spesso ai miei giocatori e Nicola la stava ripetendo ai suoi giocatori citandomi. Decisi in quel momento che avrei bussato e lo avrei salutato. Bussai e dall’altra parte rispose la sua voce: “Chi è?” la risposta fu immediata: “UN VECCHIO ALLENATORE!”

1 commento:

Anonimo ha detto...

che emozione e che soddisfazione!!!! complimenti!!!