Il Calcio a 7 per i pulcini
Da qualche stagione alcune Federazioni Regionali hanno deciso di far disputare i campionati dei 'Pulcini' a 7 giocatori anziché a 11. Finalmente, secondo noi, è stata compiuta una scelta nell'interesse del bambino. Quali sono i vantaggi che un giovane atleta trae da una gara di calcio a 7? Innanzitutto, essendoci meno persone sul terreno di gioco, il ragazzo toccherà più volte il pallone nel corso della partita. Nel calcio a 11, invece, capita spesso che alcuni bambini meno dotati, che giocano ad esempio sulle fasce terminino, la loro prova senza aver mai toccato la sfera. Quando ad un giovane calciatore arriva il pallone tra i piedi, deve per forza assumersi la responsabilità di stabilire che cosa fare e questo è uno dei momenti di maggiore positività nel suo percorso formativo. Alcuni bambini magari preferiscono non essere coinvolti nelle varie azioni di gioco per paura di sbagliare, e questo è senza dubbio negativo. Per questo il calcio a 7 li costringe e li stimola ad essere protagonisti. Acquisendo confidenza con la palla i bambini si divertono maggiormente rispetto alle gare a 11. Il calcio a 7 inoltre consente di non dare ai ragazzi ruoli ben definiti, come spesso avviene nel calcio a 11. Tra i pulcini o anche tra gli esordienti non è possibile affermare "tu sei un terzino, tu giochi stopper o attaccante", a nostro avviso è indispensabile che il ragazzo provi varie esperienze di gioco: una volta in attacco, un'altra in difesa, e se capita anche il ruolo del portiere può essere affidato a turno a tutti i componenti della squadra. Questo è molto utile nell'ambito di una crescita psicomotoria e di conoscenza del gioco del calcio. Con il passare degli anni poi sarà naturale capire la predisposizione a ricoprire un determinato ruolo. Infine nelle gare di calcio a 7, solitamente, è più facile realizzare un gol. E' importante che i bambini affrontino, anche emotivamente, l'evento di segnare o di subire una rete. Non come momento che determina la vittoria o la sconfitta, ma come inizio del vivere l'esperienza che caratterizza il gioco del calcio
Riflessioni sugli aspetti più importanti del settore giovanile calcistico.
02 febbraio 2008
18 gennaio 2008
CD: IL CALCIO DEI PICCOLI di G.Rusca
Questo CD propone agli istruttori delle categorie PICCOLI AMICI e PULCINI circa 90 giochi per far apprendere ai bambini le più elementari tecniche e le più semplici soluzioni del saper giocare applicate al GIOCO-SPORT-CALCIO. I giochi proposti in modo separato per due fasce d’età sono suddivisi, a loro volta, in tre tematiche essenziali:
A. La Tecnica Individuale
B. Il Saper Giocare Individuale
C. Il Saper Collaborare con i Compagni
Con questo Cd ho cercato di proporre non solo dei contenuti ma anche un metodo e un modo di concepire l’attività per queste età, dove il gioco del calcio deve essere sinonimo di divertimento e creatività.
I 90 giochi sono corredati da un testo descrittivo e da un’animazione che faciliterà la comprensione dei contenuti e dei significati intrinseci.
Nella stesura dei 90 giochi ho anche tenuto conto dell’effettiva applicabilità delle proposte in situazioni diverse e a livelli di apprendimento differenti.
Questo strumento didattico può essere considerato un supporto multimediale al quale ogni istruttore può attingere (anche istruttori di altre fasce d’età) per estrapolare attività pratiche da inserire nella propria programmazione di lavoro.
A. La Tecnica Individuale
B. Il Saper Giocare Individuale
C. Il Saper Collaborare con i Compagni
Con questo Cd ho cercato di proporre non solo dei contenuti ma anche un metodo e un modo di concepire l’attività per queste età, dove il gioco del calcio deve essere sinonimo di divertimento e creatività.
I 90 giochi sono corredati da un testo descrittivo e da un’animazione che faciliterà la comprensione dei contenuti e dei significati intrinseci.
Nella stesura dei 90 giochi ho anche tenuto conto dell’effettiva applicabilità delle proposte in situazioni diverse e a livelli di apprendimento differenti.
Questo strumento didattico può essere considerato un supporto multimediale al quale ogni istruttore può attingere (anche istruttori di altre fasce d’età) per estrapolare attività pratiche da inserire nella propria programmazione di lavoro.
09 gennaio 2008
I VALORI DEI MIEI GIOCATORI "CAVALIERI"
I DIECI COMANDAMENTI DEL BRAVO CAVALIERE
1. Evitare ogni villania
2. Non fare maldicenze
3. Essere amabili con tutti
4. Rifuggire dalla volgarità nel linguaggio
5. Rispettare e difendere le donne
6. Non essere superbi
7. Coltivare la gaiezza
8. Curare il proprio abbigliamento
9. Esercitare il proprio talento
10. Non cedere avarizia
2. Non fare maldicenze
3. Essere amabili con tutti
4. Rifuggire dalla volgarità nel linguaggio
5. Rispettare e difendere le donne
6. Non essere superbi
7. Coltivare la gaiezza
8. Curare il proprio abbigliamento
9. Esercitare il proprio talento
10. Non cedere avarizia
02 gennaio 2008
RUBRICA: ALLENATORI NEL PALLONE 13
TODO EL MUNDO...
- "Giogar, giogar, giogarrr..." (allenatore alla propria squadra di Esordienti 12 anni)
- "Ma che te pasa CAVRON..." (frase di un allenatore di esordienti rivolta all'arbitro dopo che questo gli aveva dato un rigore, contro naturalmente)
- "Ignacio -Arriba, Arriba, Arriba...-" (suggerimento dell'allenatore a un suo giocatore 12enne)
- "Trankilo, trankilo, trankilo..." (allenatore ad un suo giocatore di dodici anni)
- "Joel vamos, vamos Joel, Joel vamos.." (allenatore ad un proprio giocatore di 12 anni)
- "NO NO NO Non se puede jogar a si, no no no non se puede..." (allenatore alla propria squadra di esordienti)
- "Loco tu est un jogador loco..." (allenatore ad un proprio giocatore dodicenne)
- "Vamos, Vamos, Vamos..." (allenatore alla propria squadra di dodicenni) DOVE? MA!
- "A si, a si, a si, a si...(si ripetuto così tante volte)
19 dicembre 2007
RUBRICA: ALLENATORI NEL PALLONE 12
I SE degli allenatori di calcio:
-SE non la smetti di dribblare ti schiaffo fuori (allenatore/cat.pulcini)
-SE non la pianti di far casino ti tiro fuori (allenatore/cat.pulcini)
-SE non la giochi di più ti sbatto fuori (allenatore/cat.esordienti)
-SE non la finisci ti mando via (allenatore/cat.esordienti)
-SE quando dico le cose Voi non le fate velocemente e bene io m'incazzo
(allenatore/cat.giovanissimi)
-SE non ti va bene vieni fuori (allenatore/cat.giovanissimi) (piccolo particolare il giocatore se ne
è andato negli spogliatoi)
-SE butti via un altro pallone così ti fulmino (allenatore/cat.giovanissimi)
-SE mi capiti tra le mani sti spacco in due (allenatore/cat.allievi)
-SE stai li ti si congelano i maroni e noi non prendiamo più palloni (allenatore/cat.allievi)
-SE non mi tenete l'ammazzo (allenatore/cat.allievi).(Ad un proprio giocatore che aveva
sbagliato, a suo dire, un gol "facile")
-SE non la smetti di dribblare ti schiaffo fuori (allenatore/cat.pulcini)
-SE non la pianti di far casino ti tiro fuori (allenatore/cat.pulcini)
-SE non la giochi di più ti sbatto fuori (allenatore/cat.esordienti)
-SE non la finisci ti mando via (allenatore/cat.esordienti)
-SE quando dico le cose Voi non le fate velocemente e bene io m'incazzo
(allenatore/cat.giovanissimi)
-SE non ti va bene vieni fuori (allenatore/cat.giovanissimi) (piccolo particolare il giocatore se ne
è andato negli spogliatoi)
-SE butti via un altro pallone così ti fulmino (allenatore/cat.giovanissimi)
-SE mi capiti tra le mani sti spacco in due (allenatore/cat.allievi)
-SE stai li ti si congelano i maroni e noi non prendiamo più palloni (allenatore/cat.allievi)
-SE non mi tenete l'ammazzo (allenatore/cat.allievi).(Ad un proprio giocatore che aveva
sbagliato, a suo dire, un gol "facile")
18 dicembre 2007
CONOSCIAMO I BAMBINI CON CUI...GIOCHIAMO?
I PICCOLI AMICI (6/7 ANNI) e i PULCINI (8/10 ANNI)
Conosciamo i bambini con i quali operiamo o meglio GIOCHIAMO?
Il bambino che si presenta al campo da calcio è tutto da scoprire. Le diverse condizioni familiari, i diversi valori a cui si è ispirata la famiglia per educarlo fanno si che il bambino che si presenta al campo abbia qualità e potenzialità estremamente eterogenee. Determinante è la motivazione che spinge al campo da calcio il bambino. C’è chi si presenta e vive la scuola calcio come un’imposizione, c’è chi si aspetta cose eccezionali e il più delle volte chi arriva impreparato nel senso che non conosce a cosa va incontro. L’istruttore si trova di fronte ad una realtà che deve conoscere per poter impostare il suo lavoro per soddisfare le molteplici motivazioni. Il primo problema che l’istruttore deve affrontare è quello della dipendenza che il bambino a sei anni ha dall’adulto. Questo aspetto si manifesta anche con il desiderio di gratificazione da parte dell’adulto. Tutti gli istruttori conoscono la continua ripetizione delle domande tipo: Mister ho fatto bene? Mister sono stato bravo? Questa situazione l’istruttore deve farla evolvere altrimenti corre il rischio di vedere i bambini fare non tanto per capire e imparare, ma solo per sentirsi gratificati dall’istruttore stesso. Inizialmente l’istruttore dovrà dare la sicurezza che il bambino richiede, ma successivamente dovrà indirizzare la sua azione in modo che il bambino stesso raggiunga un buon grado di autonomia. La seconda difficoltà è quella dell’egocentrismo che i bambini presentano a questa età. L’azione dell’istruttore dovrà favorire un processo di socializzazione graduale e progressivo in modo da rendere il bambino un essere partecipe alla vita del gruppo squadra. L’istruttore nella relazione con il bambino dovrà rendersi conto che a questa età vi è una certa fragilità psicologica e quindi dovrà costruire un ambiente distensivo e rassicurante. Il bambino a sei anni è in possesso di una buona capacità attentava soprattutto se l’attività che sta svolgendo lo interessa e lo gratifica. L’infante non è molto interessato a ragionamenti e spiegazioni astratte, questo concetto avvalora la proposta didattica del mettere in situazione concrete il bambino. partire da situazioni concrete significa favorire il passaggio da una visone globale delle cose alla capacità di differenziare e analizzare.
Per quanto riguarda l’aspetto morfologico il bambino è in periodo di proceritas, ossia di aumento staturale. L’aumento di statura, a vantaggio soprattutto degli arti, fa si che il bambino si presenti dimagrito con scarsa muscolatura, con tono muscolare e posturale molto basso, con lassità legamentosa e articolare, con il torace cilindrico e quasi privo di muscolatura. Le ossa sono molto plastiche e quindi il bimbo è in grado di assorbire senza troppi danni e urti e pressioni. La scarsa conoscenza del proprio corpo, la difficoltà di orientamento e di organizzazione spazio-temporale fanno risultare il movimento del bambino poco armonico e coordinato. Il movimento è poco economico poiché non può ancora utilizzare a pieno la capacità senso-motoria cioe la capacità di controllare e guidare il movimento con le percezioni sensoriali e cinestesiche. Un’altra difficoltà è quella di trovare il giusto ritmo nello svolgimento dell’attività motoria in relazione al lavoro da svolgere.
Verso gli otto/dieci anni il bambino vive quella che viene definita l’età doro della motricità. In questo periodo si manifesta una pausa nel processo evolutivo e il bambino diventa padrone del suo corpo e delle sue facoltà intellettive. Sembra quasi che il bambino si prenda un momento di pausa per essere in grado successivamente di affrontare nel miglior modo possibile l’agitato periodo della pubertà. La presa di coscienza di sé, e la conoscenza degli altri danno al bambino un buon grado di socializzazione che si manifesta con l’accettazione delle regole del gruppo e con un elevato senso di giustizia. La consapevolezza delle proprie possibilità, la capacità di finalizzare le attività, la buona capacità attentava, unite al desiderio di fare e di giocare e ad una sempre presente disponibilità per le forme competitive fanno si che il bambino sia disponibile ad apprendere, ad utilizzare senza risparmio tutte le qualità e le energie di cui dispone. Compito dell’istruttore sarà quello di non sciupare un periodo così favorevole per l’apprendimento di abilità motorie. Il bambino infatti a questa età sarà più resistente e quindi si potrà applicare più a lungo ad attività che lo interessano. Sarà più coordinato e avrà una buona precisione nel movimento, e le sue capacità sensomotorie gli permetteranno di affinare le sue risposte alle situazioni motorie proposte.È comunque importante ai fini della migliore comprensione dell’argomento sottolineare quali siano le età sensibili per le capacità psicomotorie e cognitive nelle fasce d’età che va dai 6 agli 11 anni
Conosciamo i bambini con i quali operiamo o meglio GIOCHIAMO?
Il bambino che si presenta al campo da calcio è tutto da scoprire. Le diverse condizioni familiari, i diversi valori a cui si è ispirata la famiglia per educarlo fanno si che il bambino che si presenta al campo abbia qualità e potenzialità estremamente eterogenee. Determinante è la motivazione che spinge al campo da calcio il bambino. C’è chi si presenta e vive la scuola calcio come un’imposizione, c’è chi si aspetta cose eccezionali e il più delle volte chi arriva impreparato nel senso che non conosce a cosa va incontro. L’istruttore si trova di fronte ad una realtà che deve conoscere per poter impostare il suo lavoro per soddisfare le molteplici motivazioni. Il primo problema che l’istruttore deve affrontare è quello della dipendenza che il bambino a sei anni ha dall’adulto. Questo aspetto si manifesta anche con il desiderio di gratificazione da parte dell’adulto. Tutti gli istruttori conoscono la continua ripetizione delle domande tipo: Mister ho fatto bene? Mister sono stato bravo? Questa situazione l’istruttore deve farla evolvere altrimenti corre il rischio di vedere i bambini fare non tanto per capire e imparare, ma solo per sentirsi gratificati dall’istruttore stesso. Inizialmente l’istruttore dovrà dare la sicurezza che il bambino richiede, ma successivamente dovrà indirizzare la sua azione in modo che il bambino stesso raggiunga un buon grado di autonomia. La seconda difficoltà è quella dell’egocentrismo che i bambini presentano a questa età. L’azione dell’istruttore dovrà favorire un processo di socializzazione graduale e progressivo in modo da rendere il bambino un essere partecipe alla vita del gruppo squadra. L’istruttore nella relazione con il bambino dovrà rendersi conto che a questa età vi è una certa fragilità psicologica e quindi dovrà costruire un ambiente distensivo e rassicurante. Il bambino a sei anni è in possesso di una buona capacità attentava soprattutto se l’attività che sta svolgendo lo interessa e lo gratifica. L’infante non è molto interessato a ragionamenti e spiegazioni astratte, questo concetto avvalora la proposta didattica del mettere in situazione concrete il bambino. partire da situazioni concrete significa favorire il passaggio da una visone globale delle cose alla capacità di differenziare e analizzare.
Per quanto riguarda l’aspetto morfologico il bambino è in periodo di proceritas, ossia di aumento staturale. L’aumento di statura, a vantaggio soprattutto degli arti, fa si che il bambino si presenti dimagrito con scarsa muscolatura, con tono muscolare e posturale molto basso, con lassità legamentosa e articolare, con il torace cilindrico e quasi privo di muscolatura. Le ossa sono molto plastiche e quindi il bimbo è in grado di assorbire senza troppi danni e urti e pressioni. La scarsa conoscenza del proprio corpo, la difficoltà di orientamento e di organizzazione spazio-temporale fanno risultare il movimento del bambino poco armonico e coordinato. Il movimento è poco economico poiché non può ancora utilizzare a pieno la capacità senso-motoria cioe la capacità di controllare e guidare il movimento con le percezioni sensoriali e cinestesiche. Un’altra difficoltà è quella di trovare il giusto ritmo nello svolgimento dell’attività motoria in relazione al lavoro da svolgere.
Verso gli otto/dieci anni il bambino vive quella che viene definita l’età doro della motricità. In questo periodo si manifesta una pausa nel processo evolutivo e il bambino diventa padrone del suo corpo e delle sue facoltà intellettive. Sembra quasi che il bambino si prenda un momento di pausa per essere in grado successivamente di affrontare nel miglior modo possibile l’agitato periodo della pubertà. La presa di coscienza di sé, e la conoscenza degli altri danno al bambino un buon grado di socializzazione che si manifesta con l’accettazione delle regole del gruppo e con un elevato senso di giustizia. La consapevolezza delle proprie possibilità, la capacità di finalizzare le attività, la buona capacità attentava, unite al desiderio di fare e di giocare e ad una sempre presente disponibilità per le forme competitive fanno si che il bambino sia disponibile ad apprendere, ad utilizzare senza risparmio tutte le qualità e le energie di cui dispone. Compito dell’istruttore sarà quello di non sciupare un periodo così favorevole per l’apprendimento di abilità motorie. Il bambino infatti a questa età sarà più resistente e quindi si potrà applicare più a lungo ad attività che lo interessano. Sarà più coordinato e avrà una buona precisione nel movimento, e le sue capacità sensomotorie gli permetteranno di affinare le sue risposte alle situazioni motorie proposte.È comunque importante ai fini della migliore comprensione dell’argomento sottolineare quali siano le età sensibili per le capacità psicomotorie e cognitive nelle fasce d’età che va dai 6 agli 11 anni
14 dicembre 2007
FELICI DI GIOCARE
Felici di giocare
Ogni scuola calcio si deve preoccupare di far felici i bambini: felici di giocare, di apprendere, di stare assieme. Per ottenere questo è indispensabile un programma didattico, che attraverso sequenze di giochi ben definiti e pianificati cercherà di raggiungere gli obiettivi sopra menzionati. Ma prima di questo, siamo convinti che l’istruttore deve sempre ricordarsi di non essere soltanto una persona che dirige, che controlla o che fa fare. Per dare ai bambini gioia, meraviglia e desiderio di scoprire il “mister dei piccoli” deve giocare con loro, muoversi e confrontarsi ogni volta possibile.
il mio mister
gioca con me
L’atteggiamento non può essere solo direttivo: nel processo insegnamento-apprendimento, occorre creare un rapporto spontaneo di fiducia e di affetto. Senza dimenticarsi che in alcuni frangenti bisogna intervenire con fermezza. Così si favorisce la spontaneità e la scoperta creando un clima di sicurezza e autonomia che risponde ai bisogni dei bambini.
Siamo altrettanto certi che i bambini assorbano le abitudini e gli atteggiamenti di chi è loro vicino. I piccoli imparano così, provando e sbagliando, più attraverso il piacere che la fatica; più grazie all’esperienza che ai suggerimenti e alle spiegazioni. Quindi, meno ordini, molto gioco e qualche consiglio ad hoc.
I bambini infatti apprendono tramite l’affetto, la pazienza, la comprensione, il senso di appartenenza. Giorno dopo giorno conoscono un po’ di quello che noi sappiamo e un po’ di quello che noi pensiamo e comprendiamo. E allora, tutti al lav…, scusate, a giocare!
Che bello il pallone
I tecnici qualificati aiuteranno i bambini a raggiungere determinati obiettivi educativi, psicomotori e tecnici, prefissati per le rispettive fasce d’età (5-6-7anni). Nello sport come nella vita, dal punto di vista educativo, è importante imparare a rispettare le regole, ad aiutare gli altri, ad avere cura di sé stessi in totale autonomia, utilizzando correttamente materiali e strutture non solo sportive. Un requisito fondamentale per affrontare qualsiasi disciplina sportiva, è possedere una corretta motricità. Per questo motivo, in maniera ludica e divertente, è necessario proporre ai Piccoli Amici esercitazioni che mireranno all’incremento delle capacità coordinative generali e specifiche; tutto ciò sarà utile per il miglioramento della coordinazione dinamica generale, base del movimento umano. In particolare, inoltre, ogni sport è caratterizzato da una tecnica specifica. Il primo confronto che il bambino si trova a dover fronteggiare è quello con il pallone. Dunque verranno sviluppate tematiche che metteranno i mini-calciatori bambini in condizione di prendere confidenza con la palla e permetteranno loro di affinare qualità tecniche come il controllo, il passaggio e la ricezione della in vari modi, ma soprattutto il calciare per… fare gol!
I nuovi amici
Il secondo confronto che si trova di fronte un bambino che si avvicina al gioco sport calcio è quello con i compagni di squadra e con gli avversari. Per mezzo di vere partite anche contro altre squadre di pari età, i bambini avranno la possibilità di misurarsi e relazionarsi tra loro, imparando che nel calcio non si vince e non si perde da soli. L’insieme di questi stimoli non farà altro che accrescere nei bambini la passione per questo sport meraviglioso. Sempre avendo ben presente la finalità di favorire lo sviluppo armonico di tutti gli aspetti della personalità del bambino, di seguirlo e guidarlo nel suo percorso formativo di futuro sportivo e/o di futuro cittadino, supportato da un fisico sano e forte, con giusti valori sportivi e civili.
Ogni scuola calcio si deve preoccupare di far felici i bambini: felici di giocare, di apprendere, di stare assieme. Per ottenere questo è indispensabile un programma didattico, che attraverso sequenze di giochi ben definiti e pianificati cercherà di raggiungere gli obiettivi sopra menzionati. Ma prima di questo, siamo convinti che l’istruttore deve sempre ricordarsi di non essere soltanto una persona che dirige, che controlla o che fa fare. Per dare ai bambini gioia, meraviglia e desiderio di scoprire il “mister dei piccoli” deve giocare con loro, muoversi e confrontarsi ogni volta possibile.
il mio mister
gioca con me
L’atteggiamento non può essere solo direttivo: nel processo insegnamento-apprendimento, occorre creare un rapporto spontaneo di fiducia e di affetto. Senza dimenticarsi che in alcuni frangenti bisogna intervenire con fermezza. Così si favorisce la spontaneità e la scoperta creando un clima di sicurezza e autonomia che risponde ai bisogni dei bambini.
Siamo altrettanto certi che i bambini assorbano le abitudini e gli atteggiamenti di chi è loro vicino. I piccoli imparano così, provando e sbagliando, più attraverso il piacere che la fatica; più grazie all’esperienza che ai suggerimenti e alle spiegazioni. Quindi, meno ordini, molto gioco e qualche consiglio ad hoc.
I bambini infatti apprendono tramite l’affetto, la pazienza, la comprensione, il senso di appartenenza. Giorno dopo giorno conoscono un po’ di quello che noi sappiamo e un po’ di quello che noi pensiamo e comprendiamo. E allora, tutti al lav…, scusate, a giocare!
Che bello il pallone
I tecnici qualificati aiuteranno i bambini a raggiungere determinati obiettivi educativi, psicomotori e tecnici, prefissati per le rispettive fasce d’età (5-6-7anni). Nello sport come nella vita, dal punto di vista educativo, è importante imparare a rispettare le regole, ad aiutare gli altri, ad avere cura di sé stessi in totale autonomia, utilizzando correttamente materiali e strutture non solo sportive. Un requisito fondamentale per affrontare qualsiasi disciplina sportiva, è possedere una corretta motricità. Per questo motivo, in maniera ludica e divertente, è necessario proporre ai Piccoli Amici esercitazioni che mireranno all’incremento delle capacità coordinative generali e specifiche; tutto ciò sarà utile per il miglioramento della coordinazione dinamica generale, base del movimento umano. In particolare, inoltre, ogni sport è caratterizzato da una tecnica specifica. Il primo confronto che il bambino si trova a dover fronteggiare è quello con il pallone. Dunque verranno sviluppate tematiche che metteranno i mini-calciatori bambini in condizione di prendere confidenza con la palla e permetteranno loro di affinare qualità tecniche come il controllo, il passaggio e la ricezione della in vari modi, ma soprattutto il calciare per… fare gol!
I nuovi amici
Il secondo confronto che si trova di fronte un bambino che si avvicina al gioco sport calcio è quello con i compagni di squadra e con gli avversari. Per mezzo di vere partite anche contro altre squadre di pari età, i bambini avranno la possibilità di misurarsi e relazionarsi tra loro, imparando che nel calcio non si vince e non si perde da soli. L’insieme di questi stimoli non farà altro che accrescere nei bambini la passione per questo sport meraviglioso. Sempre avendo ben presente la finalità di favorire lo sviluppo armonico di tutti gli aspetti della personalità del bambino, di seguirlo e guidarlo nel suo percorso formativo di futuro sportivo e/o di futuro cittadino, supportato da un fisico sano e forte, con giusti valori sportivi e civili.
08 dicembre 2007
ALCUNI CONSIGLI SULL'ALIMENTAZIONE DEL GIOVANE CALCIATORE
“DIMMI COME MANGI E TI DIRO’ CHI SEI”
È ormai risaputo che la miglior assimilazione dei principi nutritivi ed il miglior risultato da un punto di vista metabolico si ottiene frazionando l’assunzione del cibo, ossia intervallando i tre pasti principali con spuntini a metà mattina ed a metà pomeriggio.
Inoltre la colazione mattutina deve essere abbondante, il pranzo di mezzogiorno moderato (con un apporto calorico non superiore comunque a quello serale) e la cena serale deve consentire il completamento energetico sulla base dei fabbisogni.
In generale lo schema di un programma alimentare equilibrato dovrebbe essere così:
colazione abbondante:
· Latte (con eventuale caffè o cacao, se graditi) e/o yogurt
· Fette biscottate o corn-flakes
· Miele o marmellata
· Spremuta di frutta
Pranzo:
in generale la scelta dei cibi deve tener conto non solo delle necessità energetiche globali ( poco meno di un terzo del fabbisogno totale), ma anche e soprattutto della digeribilità: se inoltre dopo pranzo il bambino si dedica a studio o al gioco libero non deve essere appesantito da difficoltà digestive.
Pertanto la prima scelta nei cibi deve badare a :
· Carboidrati complessi come pasta, riso, pane e cereali in genere
· Ortaggi
· Frutta
Solo se il fabbisogno calorico è alto e un primo piatto più insalata e frutta non sono sufficienti si può pensare di aggiungere qualcosa d’altro, tenendo conto dell’apporto proteico e lipidico che si viene a sommare:
· Pesce o carne
· Formaggio
Cene serale:
alla sera occorre far quadrare il bilancio energetico giornaliero, inserendo il quantitativo proteico ancora mancante.
Per chi non ha bisogno quindi di un grosso apporto calorico e può limitarsi ad un piatto unico, è preferibile ricorrere ad un secondo piatto, aggiungendo i carboidrati mediante il pane (o crakers, grissini ecc.):
· Pesce o carne o formaggio (un paio di volte a settimana per ognuno dei tre)
· Ortaggi
· Frutta
Un primo piatto che non dovrebbe mai mancare nella cena di tutti i bambini è il minestrone alternando le sue molteplici varianti al fine di non stancare, ma di continuare a garantire un importante apporto di vitamine e sali minerali: minestrone di verdure, pasta e fagioli, zuppe varie di legumi e cereali. La frequenza consigliata è di almeno tre volte alla settimana. Ricordiamoci che il connubio pasta o riso più legumi garantisce un apporto proteico di valore elevato, molto simile a quello della stessa carne.
La pizza è un piatto abbastanza equilibrato a contenuto prevalentemente glucidico ma con un 10% di lipidi: nulla vieta di variare la scelta integrando con verdure o con altri alimenti proteici.
Giusto quindi inserire anche questo piatto nelle possibilità di scelta, anche se limitandone la frequenza (non oltre una volta alla settimana), consentendo così di ampliare la varietà dei piatti e la soddisfazione di chi si nutre.
Merende:
la necessità di uno spuntino a metà mattina o a metà pomeriggio nasce dall’esigenza di evitare sbalzi glicemici importanti, che risultano controproducenti nel rendimento in generale, visto che il bambino è impegnato anche in altre attività come lo studio o il gioco libero.
La scelta dell’alimento da preferire per la merenda deve essere guidata essenzialmente da due caratteristiche:
· Limitato apporto calorico
· Gradevolezza da parte dell’interessato
Questo significa che il bambino ama bere latte o the, questo è il momento più adatto; se l’organismo viceversa avverte il bisogno di qualcosa di saporito, ben vengano dei crakers o qualche fetta di pane. Ovviamente se il bambino lo gradisce l’alimento più indicato è un frutto, con il quale non solo ci garantiamo un apporto di acqua e vitamine ma anche di fruttosio, carboidrato a basso indice glicemico, adatto così a tamponare fame o appetito fino al successivo appuntamento alimentare.
È ormai risaputo che la miglior assimilazione dei principi nutritivi ed il miglior risultato da un punto di vista metabolico si ottiene frazionando l’assunzione del cibo, ossia intervallando i tre pasti principali con spuntini a metà mattina ed a metà pomeriggio.
Inoltre la colazione mattutina deve essere abbondante, il pranzo di mezzogiorno moderato (con un apporto calorico non superiore comunque a quello serale) e la cena serale deve consentire il completamento energetico sulla base dei fabbisogni.
In generale lo schema di un programma alimentare equilibrato dovrebbe essere così:
colazione abbondante:
· Latte (con eventuale caffè o cacao, se graditi) e/o yogurt
· Fette biscottate o corn-flakes
· Miele o marmellata
· Spremuta di frutta
Pranzo:
in generale la scelta dei cibi deve tener conto non solo delle necessità energetiche globali ( poco meno di un terzo del fabbisogno totale), ma anche e soprattutto della digeribilità: se inoltre dopo pranzo il bambino si dedica a studio o al gioco libero non deve essere appesantito da difficoltà digestive.
Pertanto la prima scelta nei cibi deve badare a :
· Carboidrati complessi come pasta, riso, pane e cereali in genere
· Ortaggi
· Frutta
Solo se il fabbisogno calorico è alto e un primo piatto più insalata e frutta non sono sufficienti si può pensare di aggiungere qualcosa d’altro, tenendo conto dell’apporto proteico e lipidico che si viene a sommare:
· Pesce o carne
· Formaggio
Cene serale:
alla sera occorre far quadrare il bilancio energetico giornaliero, inserendo il quantitativo proteico ancora mancante.
Per chi non ha bisogno quindi di un grosso apporto calorico e può limitarsi ad un piatto unico, è preferibile ricorrere ad un secondo piatto, aggiungendo i carboidrati mediante il pane (o crakers, grissini ecc.):
· Pesce o carne o formaggio (un paio di volte a settimana per ognuno dei tre)
· Ortaggi
· Frutta
Un primo piatto che non dovrebbe mai mancare nella cena di tutti i bambini è il minestrone alternando le sue molteplici varianti al fine di non stancare, ma di continuare a garantire un importante apporto di vitamine e sali minerali: minestrone di verdure, pasta e fagioli, zuppe varie di legumi e cereali. La frequenza consigliata è di almeno tre volte alla settimana. Ricordiamoci che il connubio pasta o riso più legumi garantisce un apporto proteico di valore elevato, molto simile a quello della stessa carne.
La pizza è un piatto abbastanza equilibrato a contenuto prevalentemente glucidico ma con un 10% di lipidi: nulla vieta di variare la scelta integrando con verdure o con altri alimenti proteici.
Giusto quindi inserire anche questo piatto nelle possibilità di scelta, anche se limitandone la frequenza (non oltre una volta alla settimana), consentendo così di ampliare la varietà dei piatti e la soddisfazione di chi si nutre.
Merende:
la necessità di uno spuntino a metà mattina o a metà pomeriggio nasce dall’esigenza di evitare sbalzi glicemici importanti, che risultano controproducenti nel rendimento in generale, visto che il bambino è impegnato anche in altre attività come lo studio o il gioco libero.
La scelta dell’alimento da preferire per la merenda deve essere guidata essenzialmente da due caratteristiche:
· Limitato apporto calorico
· Gradevolezza da parte dell’interessato
Questo significa che il bambino ama bere latte o the, questo è il momento più adatto; se l’organismo viceversa avverte il bisogno di qualcosa di saporito, ben vengano dei crakers o qualche fetta di pane. Ovviamente se il bambino lo gradisce l’alimento più indicato è un frutto, con il quale non solo ci garantiamo un apporto di acqua e vitamine ma anche di fruttosio, carboidrato a basso indice glicemico, adatto così a tamponare fame o appetito fino al successivo appuntamento alimentare.
14 novembre 2007
STORIE DA BAR SPORT 16: L'UOMO SENZA SPERANZA
L'UOMO SENZA SPERANZA
E' strano come, a volte, si venga scambiati per quello che non si è. A me succede al Pierino's Bar. Sarà perchè faccio l'insegnante, sarà perchè ho avuto il titolo di PROFESSUR da parte del Pierino(il padre padrone del Pierino's Bar), sta di fatto che io per tutti al Pierino's Bar sono il "consulente letterario" cioè scrivo e/o correggo lettere dai più fantasiosi contenuti e scritte dai diversi personaggi che frequentano il locale. E' diventata ormai una consuetudine, appena un cliente ha un problema di scrittura il Pierino me lo fa ritrovare di fronte con carta e penna. Per alcuni si tratta solo di semplici correzioni per altri , invece, devo proprio fare lo scrivano...è un massacro! Le situazioni poi che si vengono a creare solo le più diverse:"c'è ne per tutti i gusti e per tutte le misure" (parole dello stesso Pierino). L'ultima in ordine di tempo è quella dell'Ambrogio. L' Ambros (così lo chiamiamo tutti) ha scritto una lettera d'amore, una lettera commovente per la sua semplicità e per la sua toccante originalità. Lo scritto è stato fatto su carta tipo pergamena imbevuta in essenza di rose, è qualcosa che prima di vedersi si sente. Scritta tassativamente a mano con penna stilografica con inchiostro nero. La scrittura tremolante assomiglia al carattere vivaldi di windows. Si presenta benissimo! Ma quando la leggo...
"Cara Clara,
ti scrivo questa lettera per dirti molte cose che io di persona non riesco a dirti...
E' dal primo giorno che ti ho visto che non trovo il coraggio a venire da te per poterti dire che mi piaci molto, sei una donna simpatica e spero molto che noi due un giorno riusciremo ad avere un dialogo migliore, perchè ho voglia di conoscerti meglio. Se queste cose si avvereranno io sarò la persona più felice del mondo e spero che anche tu hai voglia di conoscermi meglio, anche se per i tuoi gusti io non ti vado bene. Sono un uomo semplice che è stravolto per te. Tu sei bellissima, quando ti vedo tutta, il mio cuore batte così forte che mi sembra di averlo in bocca. Io non faccio che pensare a te e alla notte questo pensiero non mi fa dormire e allora devo alzarmi a guardare la televisione così al mattino sono uno che ha le borsate sotto gli occhi. Oramai nella mia testa c'è un grande Barlamm tu mi hai stregato e io sono fatto per te. Cara Clara dammi almeno una speranza. Io ti aspetto qui al Pierino's Bar tutti i giorni dalle 14.30 alle 15.30 (chiedi di AMBROS). Se verrai vorrà dire che per noi inizia una nuova vita piena d'amore. Tuo per sempre
Ambrogio"
Che dire? Ma soprattutto che fare? Guardo il Pierino che scuote la testa e allarga le braccia...
Per farvi CAPIRE la situazione io vi presente sommariamente i due personaggi cioè l'AMBROS e la CLARA.
L'AMBROS:
tipo sui sessanta, alto nella norma, un pò appesantito dalla vita sedentaria da pensionato, calvizie incipiente, naso acquilino, occhi piccoli e denti ingialliti dal fumo (il Pierino non lo definirebbe un "bell om"). Sempre in preda alle emozioni e sempre a rincorrere belle donne dedicandosi a missioni impossibili (è uno senza speranza con le donne, dice il Pierino). E' un individuo che appartiene alla categoria degli uomini che io definisco :"do coio coio", cioè gli stanno bene tutte basta che respirino. Questa volta però l'Ambros ha mirato in alto, ha mirato la Clara!
LA CLARA:
tipa sui quarant'anni, vedova...em em no! Con la descrizione della Clara voglio essere originale! Ve la racconto così:
scarpe Hermès-Borsa Gucci con dentro trucchi di Max Factor, pettinino in osso di tartaruga, telefono Motorola, all'ultima moda, da 500 euro (spento ma sempre pronto, non si sa mai)-Tubino nero di Armani-Collana di Bulgari (si dice falsa)- Rolex Oyster(si dice che sia un Tarolex)al polso destro- Capelli lunghi e neri curati ogni settimana con sali fattiarrivare apposta dal mar nero, che fa un bel contrasto con la pelle "da rossa"-Chanel numero 5, nove gocce ben posizionate-Niente biancheria intima-Pronta e via! (nella classifica delle Figone Paciarotte del Pierino's Bar la Clara è sul podio al terzo posto. Per la cronaca al secondo posto c'è l'Ursula e al primo c'è la figona paciarotta per "antomasia"-come direbbe il Pasquale- la Samantha)
Che dire? Ma soprattutto che fare con l'Ambros?
come al solito risolve il Pierino:
"cara el me Professur mi a go un quaicoss da dì: va ben che a sto mund VAR PUSE' LA FACIA DE TOLA CHE L'ARGENT! ma l'Ambros, con la Clara, par mi, l'è un Om sensa speransa!
E' strano come, a volte, si venga scambiati per quello che non si è. A me succede al Pierino's Bar. Sarà perchè faccio l'insegnante, sarà perchè ho avuto il titolo di PROFESSUR da parte del Pierino(il padre padrone del Pierino's Bar), sta di fatto che io per tutti al Pierino's Bar sono il "consulente letterario" cioè scrivo e/o correggo lettere dai più fantasiosi contenuti e scritte dai diversi personaggi che frequentano il locale. E' diventata ormai una consuetudine, appena un cliente ha un problema di scrittura il Pierino me lo fa ritrovare di fronte con carta e penna. Per alcuni si tratta solo di semplici correzioni per altri , invece, devo proprio fare lo scrivano...è un massacro! Le situazioni poi che si vengono a creare solo le più diverse:"c'è ne per tutti i gusti e per tutte le misure" (parole dello stesso Pierino). L'ultima in ordine di tempo è quella dell'Ambrogio. L' Ambros (così lo chiamiamo tutti) ha scritto una lettera d'amore, una lettera commovente per la sua semplicità e per la sua toccante originalità. Lo scritto è stato fatto su carta tipo pergamena imbevuta in essenza di rose, è qualcosa che prima di vedersi si sente. Scritta tassativamente a mano con penna stilografica con inchiostro nero. La scrittura tremolante assomiglia al carattere vivaldi di windows. Si presenta benissimo! Ma quando la leggo...
"Cara Clara,
ti scrivo questa lettera per dirti molte cose che io di persona non riesco a dirti...
E' dal primo giorno che ti ho visto che non trovo il coraggio a venire da te per poterti dire che mi piaci molto, sei una donna simpatica e spero molto che noi due un giorno riusciremo ad avere un dialogo migliore, perchè ho voglia di conoscerti meglio. Se queste cose si avvereranno io sarò la persona più felice del mondo e spero che anche tu hai voglia di conoscermi meglio, anche se per i tuoi gusti io non ti vado bene. Sono un uomo semplice che è stravolto per te. Tu sei bellissima, quando ti vedo tutta, il mio cuore batte così forte che mi sembra di averlo in bocca. Io non faccio che pensare a te e alla notte questo pensiero non mi fa dormire e allora devo alzarmi a guardare la televisione così al mattino sono uno che ha le borsate sotto gli occhi. Oramai nella mia testa c'è un grande Barlamm tu mi hai stregato e io sono fatto per te. Cara Clara dammi almeno una speranza. Io ti aspetto qui al Pierino's Bar tutti i giorni dalle 14.30 alle 15.30 (chiedi di AMBROS). Se verrai vorrà dire che per noi inizia una nuova vita piena d'amore. Tuo per sempre
Ambrogio"
Che dire? Ma soprattutto che fare? Guardo il Pierino che scuote la testa e allarga le braccia...
Per farvi CAPIRE la situazione io vi presente sommariamente i due personaggi cioè l'AMBROS e la CLARA.
L'AMBROS:
tipo sui sessanta, alto nella norma, un pò appesantito dalla vita sedentaria da pensionato, calvizie incipiente, naso acquilino, occhi piccoli e denti ingialliti dal fumo (il Pierino non lo definirebbe un "bell om"). Sempre in preda alle emozioni e sempre a rincorrere belle donne dedicandosi a missioni impossibili (è uno senza speranza con le donne, dice il Pierino). E' un individuo che appartiene alla categoria degli uomini che io definisco :"do coio coio", cioè gli stanno bene tutte basta che respirino. Questa volta però l'Ambros ha mirato in alto, ha mirato la Clara!
LA CLARA:
tipa sui quarant'anni, vedova...em em no! Con la descrizione della Clara voglio essere originale! Ve la racconto così:
scarpe Hermès-Borsa Gucci con dentro trucchi di Max Factor, pettinino in osso di tartaruga, telefono Motorola, all'ultima moda, da 500 euro (spento ma sempre pronto, non si sa mai)-Tubino nero di Armani-Collana di Bulgari (si dice falsa)- Rolex Oyster(si dice che sia un Tarolex)al polso destro- Capelli lunghi e neri curati ogni settimana con sali fattiarrivare apposta dal mar nero, che fa un bel contrasto con la pelle "da rossa"-Chanel numero 5, nove gocce ben posizionate-Niente biancheria intima-Pronta e via! (nella classifica delle Figone Paciarotte del Pierino's Bar la Clara è sul podio al terzo posto. Per la cronaca al secondo posto c'è l'Ursula e al primo c'è la figona paciarotta per "antomasia"-come direbbe il Pasquale- la Samantha)
Che dire? Ma soprattutto che fare con l'Ambros?
come al solito risolve il Pierino:
"cara el me Professur mi a go un quaicoss da dì: va ben che a sto mund VAR PUSE' LA FACIA DE TOLA CHE L'ARGENT! ma l'Ambros, con la Clara, par mi, l'è un Om sensa speransa!
12 novembre 2007
LA TECNICA CALCISTICA
•azioni motorie specifiche nel rapporto corpo-palla ed in particolare piede-palla (azione sulla palla reazione della palla)
• mezzi per risolvere situazioni di gioco ed attuare le intenzioni tattiche
• non esiste una tecnica ideale ma solo tecnica personale individuale (peculiarità morfo-funzionali; la palla e i giocatori, spostandosi continuamente modificano l’ambiente di gioco)
• giocatore efficace (non necessariamente chi dispone di un elevato repertorio tecnico, ma chi usa una parte del repertorio in modo più produttivo)
•atto intelligente efficace
• non è un modo di fare
• è un modo per riuscire
• il sapere fare deve venire dall’interno del soggetto che agisce
• il sapere fare è un processo di autocostruzione
• il sapere fare avviene in rapporto ad obiettivi estremi chiari e visivi (perché)
• il sapere fare avviene attraverso ripetizioni (tentativi ed errori)
• il sapere fare avviene per osservazione di altri che agiscono
• il sapere fare ascolta più le suggestioni (emozioni) che le parole
• mezzi per risolvere situazioni di gioco ed attuare le intenzioni tattiche
• non esiste una tecnica ideale ma solo tecnica personale individuale (peculiarità morfo-funzionali; la palla e i giocatori, spostandosi continuamente modificano l’ambiente di gioco)
• giocatore efficace (non necessariamente chi dispone di un elevato repertorio tecnico, ma chi usa una parte del repertorio in modo più produttivo)
•atto intelligente efficace
• non è un modo di fare
• è un modo per riuscire
• il sapere fare deve venire dall’interno del soggetto che agisce
• il sapere fare è un processo di autocostruzione
• il sapere fare avviene in rapporto ad obiettivi estremi chiari e visivi (perché)
• il sapere fare avviene attraverso ripetizioni (tentativi ed errori)
• il sapere fare avviene per osservazione di altri che agiscono
• il sapere fare ascolta più le suggestioni (emozioni) che le parole
09 novembre 2007
LA PROGRAMMAZIONE ANNUALE PICCOLI AMICI PULCINI
LA PROGRAMMAZIONE ANNUALE PER LE FASCE:
PICCOLI AMICI
PULCINI
GLI OBIETTIVI
LA PROGRAMMAZIONE DELLE ATTIVITA’ SI PREFIGGE DI PERSEGUIRE UNA SERIE DI OBIETTIVI CHE SARANNO DI :
· Carattere generale
· Carattere specifico
OBIETTIVI GENERALI
Potenziamento degli schemi motori di base e delle capacità motorie di base inerenti
Miglioramento del rapporto del bambino con la palla e delle capacità motorie inerenti
Formazione del rapporto del bambino con la palla i propri compagni e gli avversari e delle capacità sociometriche
Formazione degli aspetti educativi e comportamentali
OBIETTIVI SPECIFICI
· Correre
· Saltare
· Rotolarsi
· Tuffarsi
· Arrampicarsi
· Lanciare
· Calciare
In relazione alle capacità coordinative :
· Cap. di adattamento trasformazione e combinazione
· Cap. di Orientamento spaziale
· Cap. di apprendimento
· Cap. di ritmizzazione – differenziazione
· Cap. di equilibrio
· Dominio della palla
· Condurre la palla
· Ricevere la palla
· Passare la palla
· Tirare in porta
· Gioco di testa
· Combinazione delle gestualità tecniche di base
Queste abilità dovranno essere sviluppate in relazione alle capacità coordinative:
· Cap. di adattamento-trasformazione-combinazione
· Cap. di orientamento spaziale
· Cap. di ritmizzazione-differenziazione
· Cap. di equilibrio unipodale
· Organizzare lo spazio assumendo se stesso come punto di riferimento
· Organizzare lo spazio in modo decentrato da se stesso
· Prendere coscienza della propria lateralità, delle proprie dimensioni e dei propri orientamenti con e senza la presenzadella palla
· Occupare e utilizzare lo spazio in modo razionale con e senza la palla
· Organizzare il proprio movimento nello spazio in base a dei punti di riferimento (palla-spazio campo- compagno-avversario)
· Riconoscere la relazione spazio tempo nelle azioni offensive e difensive
· Riconoscere la velocità come rapporto spazio-tempo
· Adattare il movimento a velocità regolari, all’accelerazione e alla decelerazione a seconda delle situazioni di gioco
· Possedere il concetto di traiettoria e utilizzare le traiettorie in situazioni di gioco
· Conoscere i propri compagni
· Dialogare con i propri compagni
· Ascoltare gli altri
· Parlare a turno
· Accettare le idee degli altri
· Saper giocare con gli altri compagni rispettando le regole
· Acquisire comportamenti responsabili
· Rispettare gli orari
· Rispettare i propri oggetti e quelli degli altri (materiale da gioco)
· Rispettare gli avversari e le regole del gioco
· Rispettare gli istruttori e i dirigenti
· Acquisire autonomia di comportamento nei vari ambiti come lo spogliatoio e sul campo
PICCOLI AMICI
PULCINI
GLI OBIETTIVI
LA PROGRAMMAZIONE DELLE ATTIVITA’ SI PREFIGGE DI PERSEGUIRE UNA SERIE DI OBIETTIVI CHE SARANNO DI :
· Carattere generale
· Carattere specifico
OBIETTIVI GENERALI
Potenziamento degli schemi motori di base e delle capacità motorie di base inerenti
Miglioramento del rapporto del bambino con la palla e delle capacità motorie inerenti
Formazione del rapporto del bambino con la palla i propri compagni e gli avversari e delle capacità sociometriche
Formazione degli aspetti educativi e comportamentali
OBIETTIVI SPECIFICI
· Correre
· Saltare
· Rotolarsi
· Tuffarsi
· Arrampicarsi
· Lanciare
· Calciare
In relazione alle capacità coordinative :
· Cap. di adattamento trasformazione e combinazione
· Cap. di Orientamento spaziale
· Cap. di apprendimento
· Cap. di ritmizzazione – differenziazione
· Cap. di equilibrio
· Dominio della palla
· Condurre la palla
· Ricevere la palla
· Passare la palla
· Tirare in porta
· Gioco di testa
· Combinazione delle gestualità tecniche di base
Queste abilità dovranno essere sviluppate in relazione alle capacità coordinative:
· Cap. di adattamento-trasformazione-combinazione
· Cap. di orientamento spaziale
· Cap. di ritmizzazione-differenziazione
· Cap. di equilibrio unipodale
· Organizzare lo spazio assumendo se stesso come punto di riferimento
· Organizzare lo spazio in modo decentrato da se stesso
· Prendere coscienza della propria lateralità, delle proprie dimensioni e dei propri orientamenti con e senza la presenzadella palla
· Occupare e utilizzare lo spazio in modo razionale con e senza la palla
· Organizzare il proprio movimento nello spazio in base a dei punti di riferimento (palla-spazio campo- compagno-avversario)
· Riconoscere la relazione spazio tempo nelle azioni offensive e difensive
· Riconoscere la velocità come rapporto spazio-tempo
· Adattare il movimento a velocità regolari, all’accelerazione e alla decelerazione a seconda delle situazioni di gioco
· Possedere il concetto di traiettoria e utilizzare le traiettorie in situazioni di gioco
· Conoscere i propri compagni
· Dialogare con i propri compagni
· Ascoltare gli altri
· Parlare a turno
· Accettare le idee degli altri
· Saper giocare con gli altri compagni rispettando le regole
· Acquisire comportamenti responsabili
· Rispettare gli orari
· Rispettare i propri oggetti e quelli degli altri (materiale da gioco)
· Rispettare gli avversari e le regole del gioco
· Rispettare gli istruttori e i dirigenti
· Acquisire autonomia di comportamento nei vari ambiti come lo spogliatoio e sul campo
30 ottobre 2007
STORIE DA BAR SPORT 15-TUTTI ZITTI E A CASA...
E' un giorno buio, quasi cupo, di Novembre, e come se non bastasse piove e il cielo sembra un soffitto così basso da essere brutto ed opprimente. "Il cielo è di colore grigio fumo di LONTRA" direbbe il Pasquale. Il cielo è grigio come il mio umore, dico io!
Sono al Pierino's Bar la radio è accesa e sta diffondendo notizie non "grigie" ma nere. La peggiore è quella dell'uccisione, fatta in modo violento, di una donna; il cronista entra nei particolari più macabri e tutti siamo inorriditi da questo evento. E' appunto su questa notizia che qui al bar si scatena una tempesta di opinioni (tanto per rimanere in tema "metereo", come direbbe il nostro amato Pasquale). Il primo a parlare è il Jordanescu un rumeno che è in Italia da più di ventanni, ma non ha ancora imparato a parlare in un italiano "correggiuto"(Pasquale). Tutte le volte che parla si ha la sensazione di aver a che fare con un extracomunitario che ha appena varcato il confine.
Il Jordanescu, oltre ad essere rumeno, come ho già puntualizzato, è un ex camionista, un ex(dice lui) alcoolista, un ex comunista, un ex fascista insomma un qualunquista per antonomasia. Lui ha nel proprio cervello poche idee e ben confuse! Esordisce con questa frase:"Io sapere come soluzionare criminalità in Italia. Tu rubi? io taglio mani! Tu violenti? io taglio pisello! Tu uccidi e io ZACC!! accompagna a questo suono il gesto del collarino che per i "non addetti AI LAVORI" significa tagliare la testa al mal capitato. "Hai ragione Jordanescu tutti li duvria ammazzare la pUlizia qell'infami quelli figli androcchia!!" Chi urla in questo modo è il Benni (Benni per gli amici, Benedetto per L'anagrafe). Il Benni è il Vito Catozzo del terzo millennio. Lui fa la guardia giurata come lavoro in una organizzazione denominata:"I cittadini dell'ordine organizzato" (la battuta che gira al Pierino's Bar è che questa associazione dovrebbe ciamarsi "i cittadini del disordine disorganizzato". Il Benni dagli intimi è anche chiamato "sceriffo" ma su questo non voglio commentare con le battute che girano al bar perchè potrei diventare volgare. Tirem innanz direbbe il Pierino. Il Jordanescu dopo aver "mietuto" (Pasquale) il primo successo si scalda e se ne esce con frasi del genere:"Noi in Romania ai BEI tempi (ma quali?) tu potevi lasciare su strada un sacco pieno di Dollari e nessuto toccava, altrimenti ZACC!! e ripete il gesto del collarino. Interviene ancora il Benni:"si si accussi si duvria fare qui, staccari la testa a chi nun rispetta i leggi, accussi ZACCHETE!!" e anche lui ripete il gesto. Oramai tutti all'interno del Bar fanno a gara a chi la spara più grossa. Oramai è una "SCALINATA" (escalation, questa è dell'Alfonso) verso la reazione più bieca e violenta. Chi dice che c'è troppa libertà, chi dice che dovremmo chiudere le frontiere(questa è bella, come se la delinquenza noi la importassimo) ma il gradino più basso di questa"scalinata" lo raggiunge l'Alessandro con la fatidica frase:"velo dico io cosa ci vuole in questo Paese, ci vuole la PENA DI MORTE è inutile girarci attorno finchè non metteranno la pena di morte qui andremo di male in peggio!!" E' un coro di "SI SI hai ragione Ale bisogna far così". Ero già depresso e sentendo queste parole... non resisto me ne devo andare! Sto per alzarmi e sento il Pierino che prende la parola! "Mi ha go quaicoss da di". A questo punto tutti sono in silenzio e aspettano il "VERBO". "Mi vori di un pruverbi Milanes: Tutti i can menen la cua e tutti i CUIUN voren DI la sua, e chi me par che de CUIUN ghe ne un casin". Il silenzio è ASSORDANTE!! Tutti escono dal Bar senza fiatare...(e si spera vadano a casa a riflettere sulle coglionate dette!!) Il Pierino mi guarda, mi sorride, mi strizza l'occhio e mi chiede: "Professur la va mei in scì la giurnada??"
PIERINO MITTTICO!!!
Sono al Pierino's Bar la radio è accesa e sta diffondendo notizie non "grigie" ma nere. La peggiore è quella dell'uccisione, fatta in modo violento, di una donna; il cronista entra nei particolari più macabri e tutti siamo inorriditi da questo evento. E' appunto su questa notizia che qui al bar si scatena una tempesta di opinioni (tanto per rimanere in tema "metereo", come direbbe il nostro amato Pasquale). Il primo a parlare è il Jordanescu un rumeno che è in Italia da più di ventanni, ma non ha ancora imparato a parlare in un italiano "correggiuto"(Pasquale). Tutte le volte che parla si ha la sensazione di aver a che fare con un extracomunitario che ha appena varcato il confine.
Il Jordanescu, oltre ad essere rumeno, come ho già puntualizzato, è un ex camionista, un ex(dice lui) alcoolista, un ex comunista, un ex fascista insomma un qualunquista per antonomasia. Lui ha nel proprio cervello poche idee e ben confuse! Esordisce con questa frase:"Io sapere come soluzionare criminalità in Italia. Tu rubi? io taglio mani! Tu violenti? io taglio pisello! Tu uccidi e io ZACC!! accompagna a questo suono il gesto del collarino che per i "non addetti AI LAVORI" significa tagliare la testa al mal capitato. "Hai ragione Jordanescu tutti li duvria ammazzare la pUlizia qell'infami quelli figli androcchia!!" Chi urla in questo modo è il Benni (Benni per gli amici, Benedetto per L'anagrafe). Il Benni è il Vito Catozzo del terzo millennio. Lui fa la guardia giurata come lavoro in una organizzazione denominata:"I cittadini dell'ordine organizzato" (la battuta che gira al Pierino's Bar è che questa associazione dovrebbe ciamarsi "i cittadini del disordine disorganizzato". Il Benni dagli intimi è anche chiamato "sceriffo" ma su questo non voglio commentare con le battute che girano al bar perchè potrei diventare volgare. Tirem innanz direbbe il Pierino. Il Jordanescu dopo aver "mietuto" (Pasquale) il primo successo si scalda e se ne esce con frasi del genere:"Noi in Romania ai BEI tempi (ma quali?) tu potevi lasciare su strada un sacco pieno di Dollari e nessuto toccava, altrimenti ZACC!! e ripete il gesto del collarino. Interviene ancora il Benni:"si si accussi si duvria fare qui, staccari la testa a chi nun rispetta i leggi, accussi ZACCHETE!!" e anche lui ripete il gesto. Oramai tutti all'interno del Bar fanno a gara a chi la spara più grossa. Oramai è una "SCALINATA" (escalation, questa è dell'Alfonso) verso la reazione più bieca e violenta. Chi dice che c'è troppa libertà, chi dice che dovremmo chiudere le frontiere(questa è bella, come se la delinquenza noi la importassimo) ma il gradino più basso di questa"scalinata" lo raggiunge l'Alessandro con la fatidica frase:"velo dico io cosa ci vuole in questo Paese, ci vuole la PENA DI MORTE è inutile girarci attorno finchè non metteranno la pena di morte qui andremo di male in peggio!!" E' un coro di "SI SI hai ragione Ale bisogna far così". Ero già depresso e sentendo queste parole... non resisto me ne devo andare! Sto per alzarmi e sento il Pierino che prende la parola! "Mi ha go quaicoss da di". A questo punto tutti sono in silenzio e aspettano il "VERBO". "Mi vori di un pruverbi Milanes: Tutti i can menen la cua e tutti i CUIUN voren DI la sua, e chi me par che de CUIUN ghe ne un casin". Il silenzio è ASSORDANTE!! Tutti escono dal Bar senza fiatare...(e si spera vadano a casa a riflettere sulle coglionate dette!!) Il Pierino mi guarda, mi sorride, mi strizza l'occhio e mi chiede: "Professur la va mei in scì la giurnada??"
PIERINO MITTTICO!!!
23 ottobre 2007
LA PSICOLOGIA DEL GIOCO
Lo sport è gioco caratterizzato da finalità agonistiche, per cui non esiste sport che non sia competitivo, ma non esiste neanche sport che non sia strutturato sulla base inevitabile del gioco.
Perciò uno studio sulla psicologia dello sport non può prescindere da considerazioni sulla psicologia del gioco.
Il gioco è essenzialmente un fenomeno di natura psicologica, ma i suoi aspetti sono così multiformi e complessi che da sempre esso ha attirato l’interesse degli studiosi di diverse discipline. In realtà non è facile definire che cosa esattamente si intenda per gioco. Secondo una prima definizione, il gioco è un’attività fine a se stessa, cioè una “finalità senza fine”, che è piacevole di per sé e si sottrae alle categorie temporali e che, proprio per queste caratteristiche, si contrappone all’attività lavorativa (Neri, 1959).
E’ piuttosto il modo in cui l’attività ludica si svolge, ciò che la caratterizza: plasticità, adattabilità, libertà, sono le caratteristiche che il gioco ha in comune con l’attività fantastica, cui è strettamente legato. Come la fantasia, anche il gioco è espressione di un preciso fine individuale che non è puramente biologico, come voleva Spencer, secondo il quale il gioco è essenzialmente una manifestazione di energia in “più”, sovrabbondante rispetto agli scopi vitali (Alexander, 1958), o come voleva Gross, secondo il quale esso costituirebbe una forma di esercizio che prepara, negli animali e nell’uomo, le funzioni adulte. Attività fantastica ed attività ludica sono piuttosto delle forme di espressione e di espansione della personalità, dei modi di superamento e di anticipazione del reale. Il gioco è quindi un fenomeno fondamentale della evoluzione psichica della persona, un potente strumento di maturazione e di adattamento, un’espressione del passaggio dall’isolamento dell’inconscio alla relazione sociale dell’io (Quadrio, 1962).
La difficoltà di dare una definizione ed una interpretazione univoca del gioco è in rapporto con la molteplicità delle espressioni: lungo le varie tappe dell’età evolutiva il bambino gioca in modi sempre nuovi e, forse, con intenti sempre nuovi.
Lo studio di quelle che Chateau ha chiamato “strutture ludiche” mostra che allo sviluppo progressivo delle varie funzioni, sempre più complesse ed integrate, corrisponde nel bambino la possibilità di altrettanti comportamenti ludici, che sono espressione della integrazione di attività elementari in comportamenti più complessi. Esistono vere e proprie strutture elementari (camminare, correre, ecc.) che, variamente integrandosi in schemi percettivi, motori ed intellettivi sempre più complicati, danno origine ad una serie di comportamenti di gioco che affiorano gradualmente alle varie età. Non bisogna però cadere nell’errore di intendere il gioco (come del resto qualunque altro fenomeno psicologico) come l’effetto di una graduale maturazione di funzioni epigeneticamente presenti nell’organismo; è vero, invece, che, l’ambiente familiare e sociale, con tutte le variabili affettive che comporta, condiziona fortemente le possibilità e le modalità evolutive.
Una prima fase dell’attività ludica corrisponde al gioco puramente funzionale inteso come soddisfazione, fine a se stessa, di esercitare un’efficienza sensoriale e motoria.
Ad un livello più differenziato compare, nel bambino, il gioco destinato ad un fine più esplicito, che è quello di provare le proprie forze, di avere consapevolezza oltre che padronanza dei propri movimenti, di imitare alcune attività che appaiono espressione specifica dell’essere adulto: nel gioco il bambino realizza la duplice possibilità di imitare l’adulto anticipando la propria evoluzione e di sfuggire la responsabilità dell’adulto restando ancorato al suo illusorio rapporto con la realtà. Il gioco non esprime solo il desiderio di rimanere bambini, ma, come dice Freud, si manifesta sotto l’influenza del potente desiderio individuale di crescere. Il bambino trova nel gioco uno sfogo che gli consente un confronto paradossale con la realtà: si crede libero e non è più frustrato dal rapporto con il reale, crea situazioni immaginarie che attivamente affronta e domina, aiutandosi così a sopportare e superare l’ansia delle concrete situazioni vitali.
Possiamo dire che il bambino si crea con il gioco il proprio mondo e ricostruisce una situazione spontanea in cui proietta tutte le tendenze che corrispondono alla sua realtà interiore. Nel gioco, il divieto viene fatto proprio dal bambino e trasferito su qualche oggetto esterno che lo rappresenta simbolicamente. Ad esempio: il bambino che è stato frustrato da un divieto paterno, ripete lo stesso divieto al suo orsacchiotto, con cui si è identificato e, nel ripeterlo attivamente, finisce sostanzialmente per accettarlo. Bisogna aggiungere anche un’altra caratteristica “terapeutica” del gioco escogitato dal bambino: il ripetersi della situazione consente di viverla con una sempre minore partecipazione ansiosa, proprio perché la situazione frustrante viene ogni volta superata. E’ importante, a questo proposito, soffermarsi un momento su un elemento essenziale per comprendere bene il fenomeno del gioco: il concetto di attività ripetitiva. In realtà, questo concetto sembrerebbe in qualche modo in contrasto con il carattere di libertà, di giocosità e di spontaneità del gioco; la ripetizione implica, infatti, un certo grado di organizzazione e, quindi, di limitazione. Bisogna, d’altra parte, considerare che il concetto di ripetizione applicato al gioco non si riferisce tanto alla ripetizione derivante da stimoli applicati dall’esterno, quanto a quella che deriva dall’interazione spontanea delle tendenze e degli impulsi interni. E’ noto, del resto, come il comportamento ripetitivo non possa essere inquadrato in una interpretazione univoca: esso può essere meglio definito secondo alcune categorie. Abbiamo, in primo luogo, la ripetizione che deriva dalla normale periodicità di certi bisogni periodici (basti pensare alle attività biologiche primarie come il sonno ed il nutrimento). Un’altra categoria di comportamenti ricorrenti è espressione della continua lotta che si svolge tra gli impulsi biologici rimossi nell’inconscio e le controforze psicologiche che agiscono in senso repressivo. Esiste poi un terzo tipo di ripetizione: è quello che riguarda le esperienze traumatiche, che vengono rinnovate nella rappresentazione mentale e nell’azione allo scopo di renderle sempre più dominabili e, quindi, accettabili. Questo tipo di ripetizioni è quello che più direttamente interessa il fenomeno gioco, in cui molte volte si realizza. Qui la ripetizione è messa in atto perché è un mezzo per scaricare gradualmente la tensione che si è venuta a creare nell’organismo in seguito ad una situazione traumatica, di frustrazione; poiché la ripetizione si svolge in condizioni favorevoli al soggetto, poiché il gioco è sotto il suo controllo, un’ulteriore rassicurazione è ottenuta con l’inversione dei ruoli, cioè con il fatto che il bambino, giocando, ogni volta che lo può, assume il ruolo del più forte, del più potente, mentre assegna la parte passiva, debole e sofferente ad un giocattolo o ad un altro bambino. Mediante questo meccanismo, il bambino può rivivere in forma attiva ciò che prima ha sperimentato passivamente.
Il gioco ha anche una funzione psicoterapeutica. In esso, infatti, il bambino ha la possibilità di esprimere la sua esuberanza vitale, di avvicinare la realtà in forma meno frustrante e più libera, di manifestare in forma simbolica i suoi problemi. Tutto ciò contribuisce a rendere il gioco una sorta di valvola di sicurezza, attraverso la quale le esperienze vitali possono essere vissute in forma più sopportabile, in modo che il bambino non avverta più il bisogno di fuggire da esse, ma possa fronteggiarle e sentirsi capace di dominarle e assorbirle nella sua consapevolezza (Bristol). E’ quindi evidente la funzione preventiva e terapeutica del gioco, funzione che si svolge spontaneamente, quale espressione, naturale in tutti i bambini, della capacità individuale di autoregolazione e di adattamento e che può anche divenire strumento tecnico, guidato ed organizzato scientificamente a fini psicoterapeutici.
Il problema della tecnica psicoterapeutica basata sul gioco si fonde essenzialmente sulla interpretazione del gioco stesso: esistono diversi modi di interpretazione, ma alla base di ogni diversa impostazione tecnica sta la considerazione che il gioco costituisce la forma espressiva più significativa dell’età infantile e che, pertanto, tiene luogo delle altre forme di comunicazione proprie dell’adulto.
Perciò uno studio sulla psicologia dello sport non può prescindere da considerazioni sulla psicologia del gioco.
Il gioco è essenzialmente un fenomeno di natura psicologica, ma i suoi aspetti sono così multiformi e complessi che da sempre esso ha attirato l’interesse degli studiosi di diverse discipline. In realtà non è facile definire che cosa esattamente si intenda per gioco. Secondo una prima definizione, il gioco è un’attività fine a se stessa, cioè una “finalità senza fine”, che è piacevole di per sé e si sottrae alle categorie temporali e che, proprio per queste caratteristiche, si contrappone all’attività lavorativa (Neri, 1959).
E’ piuttosto il modo in cui l’attività ludica si svolge, ciò che la caratterizza: plasticità, adattabilità, libertà, sono le caratteristiche che il gioco ha in comune con l’attività fantastica, cui è strettamente legato. Come la fantasia, anche il gioco è espressione di un preciso fine individuale che non è puramente biologico, come voleva Spencer, secondo il quale il gioco è essenzialmente una manifestazione di energia in “più”, sovrabbondante rispetto agli scopi vitali (Alexander, 1958), o come voleva Gross, secondo il quale esso costituirebbe una forma di esercizio che prepara, negli animali e nell’uomo, le funzioni adulte. Attività fantastica ed attività ludica sono piuttosto delle forme di espressione e di espansione della personalità, dei modi di superamento e di anticipazione del reale. Il gioco è quindi un fenomeno fondamentale della evoluzione psichica della persona, un potente strumento di maturazione e di adattamento, un’espressione del passaggio dall’isolamento dell’inconscio alla relazione sociale dell’io (Quadrio, 1962).
La difficoltà di dare una definizione ed una interpretazione univoca del gioco è in rapporto con la molteplicità delle espressioni: lungo le varie tappe dell’età evolutiva il bambino gioca in modi sempre nuovi e, forse, con intenti sempre nuovi.
Lo studio di quelle che Chateau ha chiamato “strutture ludiche” mostra che allo sviluppo progressivo delle varie funzioni, sempre più complesse ed integrate, corrisponde nel bambino la possibilità di altrettanti comportamenti ludici, che sono espressione della integrazione di attività elementari in comportamenti più complessi. Esistono vere e proprie strutture elementari (camminare, correre, ecc.) che, variamente integrandosi in schemi percettivi, motori ed intellettivi sempre più complicati, danno origine ad una serie di comportamenti di gioco che affiorano gradualmente alle varie età. Non bisogna però cadere nell’errore di intendere il gioco (come del resto qualunque altro fenomeno psicologico) come l’effetto di una graduale maturazione di funzioni epigeneticamente presenti nell’organismo; è vero, invece, che, l’ambiente familiare e sociale, con tutte le variabili affettive che comporta, condiziona fortemente le possibilità e le modalità evolutive.
Una prima fase dell’attività ludica corrisponde al gioco puramente funzionale inteso come soddisfazione, fine a se stessa, di esercitare un’efficienza sensoriale e motoria.
Ad un livello più differenziato compare, nel bambino, il gioco destinato ad un fine più esplicito, che è quello di provare le proprie forze, di avere consapevolezza oltre che padronanza dei propri movimenti, di imitare alcune attività che appaiono espressione specifica dell’essere adulto: nel gioco il bambino realizza la duplice possibilità di imitare l’adulto anticipando la propria evoluzione e di sfuggire la responsabilità dell’adulto restando ancorato al suo illusorio rapporto con la realtà. Il gioco non esprime solo il desiderio di rimanere bambini, ma, come dice Freud, si manifesta sotto l’influenza del potente desiderio individuale di crescere. Il bambino trova nel gioco uno sfogo che gli consente un confronto paradossale con la realtà: si crede libero e non è più frustrato dal rapporto con il reale, crea situazioni immaginarie che attivamente affronta e domina, aiutandosi così a sopportare e superare l’ansia delle concrete situazioni vitali.
Possiamo dire che il bambino si crea con il gioco il proprio mondo e ricostruisce una situazione spontanea in cui proietta tutte le tendenze che corrispondono alla sua realtà interiore. Nel gioco, il divieto viene fatto proprio dal bambino e trasferito su qualche oggetto esterno che lo rappresenta simbolicamente. Ad esempio: il bambino che è stato frustrato da un divieto paterno, ripete lo stesso divieto al suo orsacchiotto, con cui si è identificato e, nel ripeterlo attivamente, finisce sostanzialmente per accettarlo. Bisogna aggiungere anche un’altra caratteristica “terapeutica” del gioco escogitato dal bambino: il ripetersi della situazione consente di viverla con una sempre minore partecipazione ansiosa, proprio perché la situazione frustrante viene ogni volta superata. E’ importante, a questo proposito, soffermarsi un momento su un elemento essenziale per comprendere bene il fenomeno del gioco: il concetto di attività ripetitiva. In realtà, questo concetto sembrerebbe in qualche modo in contrasto con il carattere di libertà, di giocosità e di spontaneità del gioco; la ripetizione implica, infatti, un certo grado di organizzazione e, quindi, di limitazione. Bisogna, d’altra parte, considerare che il concetto di ripetizione applicato al gioco non si riferisce tanto alla ripetizione derivante da stimoli applicati dall’esterno, quanto a quella che deriva dall’interazione spontanea delle tendenze e degli impulsi interni. E’ noto, del resto, come il comportamento ripetitivo non possa essere inquadrato in una interpretazione univoca: esso può essere meglio definito secondo alcune categorie. Abbiamo, in primo luogo, la ripetizione che deriva dalla normale periodicità di certi bisogni periodici (basti pensare alle attività biologiche primarie come il sonno ed il nutrimento). Un’altra categoria di comportamenti ricorrenti è espressione della continua lotta che si svolge tra gli impulsi biologici rimossi nell’inconscio e le controforze psicologiche che agiscono in senso repressivo. Esiste poi un terzo tipo di ripetizione: è quello che riguarda le esperienze traumatiche, che vengono rinnovate nella rappresentazione mentale e nell’azione allo scopo di renderle sempre più dominabili e, quindi, accettabili. Questo tipo di ripetizioni è quello che più direttamente interessa il fenomeno gioco, in cui molte volte si realizza. Qui la ripetizione è messa in atto perché è un mezzo per scaricare gradualmente la tensione che si è venuta a creare nell’organismo in seguito ad una situazione traumatica, di frustrazione; poiché la ripetizione si svolge in condizioni favorevoli al soggetto, poiché il gioco è sotto il suo controllo, un’ulteriore rassicurazione è ottenuta con l’inversione dei ruoli, cioè con il fatto che il bambino, giocando, ogni volta che lo può, assume il ruolo del più forte, del più potente, mentre assegna la parte passiva, debole e sofferente ad un giocattolo o ad un altro bambino. Mediante questo meccanismo, il bambino può rivivere in forma attiva ciò che prima ha sperimentato passivamente.
Il gioco ha anche una funzione psicoterapeutica. In esso, infatti, il bambino ha la possibilità di esprimere la sua esuberanza vitale, di avvicinare la realtà in forma meno frustrante e più libera, di manifestare in forma simbolica i suoi problemi. Tutto ciò contribuisce a rendere il gioco una sorta di valvola di sicurezza, attraverso la quale le esperienze vitali possono essere vissute in forma più sopportabile, in modo che il bambino non avverta più il bisogno di fuggire da esse, ma possa fronteggiarle e sentirsi capace di dominarle e assorbirle nella sua consapevolezza (Bristol). E’ quindi evidente la funzione preventiva e terapeutica del gioco, funzione che si svolge spontaneamente, quale espressione, naturale in tutti i bambini, della capacità individuale di autoregolazione e di adattamento e che può anche divenire strumento tecnico, guidato ed organizzato scientificamente a fini psicoterapeutici.
Il problema della tecnica psicoterapeutica basata sul gioco si fonde essenzialmente sulla interpretazione del gioco stesso: esistono diversi modi di interpretazione, ma alla base di ogni diversa impostazione tecnica sta la considerazione che il gioco costituisce la forma espressiva più significativa dell’età infantile e che, pertanto, tiene luogo delle altre forme di comunicazione proprie dell’adulto.
11 ottobre 2007
LETTERA AI MIEI PULCINI CHE HANNO VINTO 40 A ZERO
LETTERA AI MIEI PULCINI CHE HANNO VINTO 40 A ZERO
Cari ragazzi, so che le polemiche non erano per fortuna rivolte a voi, ma so benissimo che non riuscite a capire perché qualcuno vi accusi di aver vinto facendo troppi goal. E avete bisogno di spiegazioni, di certezze. Qualcuno vi deve pur spiegare perché siete stati accusati di aver fatto troppi goal. Avete vinto una partita per 40 a zero e invece dei complimenti sono arrivate le critiche, aspre critiche. Questo è un fatto Difficile da capire per un bambino che entra in campo desideroso solo di vincere e di fare più goal possibili, di giocare a calcio nel modo migliore come gli hanno sempre insegnato.
Gli adulti (giornalisti, opinionisti, genitori, allenatori) hanno perso ancora una volta una splendida occasione per tacere, per lasciare il gioco tutto nelle vostre mani: avete giocato bene, avete rispettato le regole, siete stati corretti in campo e con i vostri avversari. Il mondo sporco delle polemiche del calcio doveva rimanere fuori dal vostro gioco, doveva rispettare di più sia voi che avete vinto, sia i vostri piccoli avversari che hanno perso. Avevano una bellissima carta da giocare: il silenzio. Voi siete dei bambini, entrate in campo per giocare fino all’ultimo minuto, restare in campo a palleggiare umiliando i vostri avversari perché ritenuti non all’altezza del vostro gioco è qualcosa di estraneo al vostro mondo di bambini che vogliono giocare, giocare, sempre e solo giocare. Nessuno ha pensato che andavate protetti… tutti. Che tutto questo clamore non doveva sfiorarvi . Si sono dimenticati di voi, si sono dimenticati che anche voi siete dei bambini, esattamente come i vostri piccoli avversari che hanno perso. Non dei campioni o dei super-bambini, semplicemente dei bambini che hanno giocato una splendida partita.
Per questo motivo io vi dico bravi, ancora una volta bravi. Avete giocato bene, vi siete impegnati ed avete vinto. Non ho niente da rimproverare né a me né a voi. Finché entrerete in campo rispettando le regole del gioco, rispettando i vostri avversari, tenendo un comportamento corretto sul campo, non dovete temere di essere rimproverati, non dovete temere che il vostro allenatore vi dica di non segnare più goal. Per questo, coraggio! Andate avanti così, non lasciatevi intimidire dalla critiche, anche questo potrà aiutarvi a diventare se non dei futuri campioni almeno futuri uomini sicuri di sé e dei propri valori.
Avete vinto in modo corretto: nessuno deve infangare o sminuire la vostra netta vittoria.
E i vostri piccoli avversari? Anche loro sono stati vittime di tutto questo inutile chiasso. Hanno perso giocando contro di voi ma non si sono arresi, anche loro hanno giocato fino alla fine. Certo non sono stati contenti di aver perso, quale bambino lo sarebbe? Ma sono sicuro che finita la partita pensavano solamente alla prossima: pronti per una rivincita con un’altra squadra. Invece qualcuno ha voluto trasformarli in piccole vittime. Per questo chiedo scusa a voi e a loro a nome di tutti quelli che hanno parlato a sproposito, infangando il vostro gioco pulito e pieno di entusiasmo.
Voi bambini siete la cosa più bella e più pulita del calcio, il vero motivo per il quale non mi arrendo e continuo ad amare questo sport meraviglioso.
Cari ragazzi, so che le polemiche non erano per fortuna rivolte a voi, ma so benissimo che non riuscite a capire perché qualcuno vi accusi di aver vinto facendo troppi goal. E avete bisogno di spiegazioni, di certezze. Qualcuno vi deve pur spiegare perché siete stati accusati di aver fatto troppi goal. Avete vinto una partita per 40 a zero e invece dei complimenti sono arrivate le critiche, aspre critiche. Questo è un fatto Difficile da capire per un bambino che entra in campo desideroso solo di vincere e di fare più goal possibili, di giocare a calcio nel modo migliore come gli hanno sempre insegnato.
Gli adulti (giornalisti, opinionisti, genitori, allenatori) hanno perso ancora una volta una splendida occasione per tacere, per lasciare il gioco tutto nelle vostre mani: avete giocato bene, avete rispettato le regole, siete stati corretti in campo e con i vostri avversari. Il mondo sporco delle polemiche del calcio doveva rimanere fuori dal vostro gioco, doveva rispettare di più sia voi che avete vinto, sia i vostri piccoli avversari che hanno perso. Avevano una bellissima carta da giocare: il silenzio. Voi siete dei bambini, entrate in campo per giocare fino all’ultimo minuto, restare in campo a palleggiare umiliando i vostri avversari perché ritenuti non all’altezza del vostro gioco è qualcosa di estraneo al vostro mondo di bambini che vogliono giocare, giocare, sempre e solo giocare. Nessuno ha pensato che andavate protetti… tutti. Che tutto questo clamore non doveva sfiorarvi . Si sono dimenticati di voi, si sono dimenticati che anche voi siete dei bambini, esattamente come i vostri piccoli avversari che hanno perso. Non dei campioni o dei super-bambini, semplicemente dei bambini che hanno giocato una splendida partita.
Per questo motivo io vi dico bravi, ancora una volta bravi. Avete giocato bene, vi siete impegnati ed avete vinto. Non ho niente da rimproverare né a me né a voi. Finché entrerete in campo rispettando le regole del gioco, rispettando i vostri avversari, tenendo un comportamento corretto sul campo, non dovete temere di essere rimproverati, non dovete temere che il vostro allenatore vi dica di non segnare più goal. Per questo, coraggio! Andate avanti così, non lasciatevi intimidire dalla critiche, anche questo potrà aiutarvi a diventare se non dei futuri campioni almeno futuri uomini sicuri di sé e dei propri valori.
Avete vinto in modo corretto: nessuno deve infangare o sminuire la vostra netta vittoria.
E i vostri piccoli avversari? Anche loro sono stati vittime di tutto questo inutile chiasso. Hanno perso giocando contro di voi ma non si sono arresi, anche loro hanno giocato fino alla fine. Certo non sono stati contenti di aver perso, quale bambino lo sarebbe? Ma sono sicuro che finita la partita pensavano solamente alla prossima: pronti per una rivincita con un’altra squadra. Invece qualcuno ha voluto trasformarli in piccole vittime. Per questo chiedo scusa a voi e a loro a nome di tutti quelli che hanno parlato a sproposito, infangando il vostro gioco pulito e pieno di entusiasmo.
Voi bambini siete la cosa più bella e più pulita del calcio, il vero motivo per il quale non mi arrendo e continuo ad amare questo sport meraviglioso.
09 ottobre 2007
DOPO IL 40-0 dei miei PULCINI
Vi elenco le migliori "Battute" sul 40 a zero che ho ricevuto per telefono o per email (ho messo solo quelle divertenti, quelle cattive ve le ho risparmiate, erano molte di più...):
1. "Pronto parlo con il mister Rusca Giuliano e i 40 ladroni?" (sms)
2. "Cancella il mio numero di telefono dalla tua rubrica io non voglio avere nulla a che fare con uno che fa piangere i bambini!" (sms)
3. "F E R M A T I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I"(le I sono 40)sms
4. Che delusione da te non me l'aspettavo (40 email)
5. Sei da telefono azzurro... (email)
6. 40 punti in meno... (sms)
7. No!! anche tu Bruto, disse il Pergo dopo la quarantesima stilettata!! (sms)
8. 40 punti in meno sul patentino da "alleducatore" (email)
9. 40 piccoli gol ed un grande autogol (sms)
10. Ti aspettiamo al prossimo convegno sul "calcio educativo"(sms)
1. "Pronto parlo con il mister Rusca Giuliano e i 40 ladroni?" (sms)
2. "Cancella il mio numero di telefono dalla tua rubrica io non voglio avere nulla a che fare con uno che fa piangere i bambini!" (sms)
3. "F E R M A T I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I"(le I sono 40)sms
4. Che delusione da te non me l'aspettavo (40 email)
5. Sei da telefono azzurro... (email)
6. 40 punti in meno... (sms)
7. No!! anche tu Bruto, disse il Pergo dopo la quarantesima stilettata!! (sms)
8. 40 punti in meno sul patentino da "alleducatore" (email)
9. 40 piccoli gol ed un grande autogol (sms)
10. Ti aspettiamo al prossimo convegno sul "calcio educativo"(sms)
ALLENATORI VERI COMUNICATORI
Z. ZEMAN
Non c’è nulla di disonorevole nell’essere ultimi. Meglio ultimi che senza dignità»
"Tutte le partite partono dallo 0-0, sta alla squadra cambiare il risultato."
"Moralmente mi sento primo in classifica." (commento sul complotto del '98-'99)
"Be'...se non abbiamo vinto lo scudetto vuol dire che abbiamo sbagliato qualcosa..."
"Non importa quanto corri, ma dove corri e perchè corri."
Giornalista: “La Salernitana segna molto ma prende anche molte reti. Come mai?”
Zeman: “Perché nel calcio ci sono le porte; se le leviamo, non succede.”
Non c’è nulla di disonorevole nell’essere ultimi. Meglio ultimi che senza dignità»
"Tutte le partite partono dallo 0-0, sta alla squadra cambiare il risultato."
"Moralmente mi sento primo in classifica." (commento sul complotto del '98-'99)
"Be'...se non abbiamo vinto lo scudetto vuol dire che abbiamo sbagliato qualcosa..."
"Non importa quanto corri, ma dove corri e perchè corri."
Giornalista: “La Salernitana segna molto ma prende anche molte reti. Come mai?”
Zeman: “Perché nel calcio ci sono le porte; se le leviamo, non succede.”
05 ottobre 2007
ALLENATORI VERI COMUNICATORI
ALLENATORI VERI COMUNICATORI
Trasferta francese per il Milan di Nereo Rocco."Bonjour Monsieur Rocco, mon ami".E lui: "Mona a mi? Mona a ti e anca testa de gran casso!""Colpite tutto quel che si muove a pelo d'erba. Se è il pallone, meglio..."
Una volta Nereo Rocco all'Appiani ( Stadio di Padova), in allenamento, ordinò a due giocatori del Padova di saltare in groppa a Blason e poi disse: "Rebus, citta' abruzzese, sette lettere". Nessuna risposta. E il paron, lapidario: "Sulmona" (Gianni Mura).
NEREO ROCCO
Frasi famose di Oronzo Pugliese:
"Date, pigghiate... fescite, fescite.
Acciaffat' a cudde... Vedite, Vedite.
Uagliò,la palle: ca se no ji t'accide"
"Acciaff'a cudde... vite,vite.
Uagliò la palla, ca se no t'accide"
"Uagnune, nda denz'a le uà,
nu amà scì in serie A.
Forz' alle gamme, forz'a le becchine
non zite facenne le signorine.Forza, uagnune...
Acciaffate ddò, acciaffate ddà,
non zite facenne le baccalà
perchè ama scì in serie A"
Trasferta francese per il Milan di Nereo Rocco."Bonjour Monsieur Rocco, mon ami".E lui: "Mona a mi? Mona a ti e anca testa de gran casso!""Colpite tutto quel che si muove a pelo d'erba. Se è il pallone, meglio..."
Una volta Nereo Rocco all'Appiani ( Stadio di Padova), in allenamento, ordinò a due giocatori del Padova di saltare in groppa a Blason e poi disse: "Rebus, citta' abruzzese, sette lettere". Nessuna risposta. E il paron, lapidario: "Sulmona" (Gianni Mura).
NEREO ROCCO
Frasi famose di Oronzo Pugliese:
"Date, pigghiate... fescite, fescite.
Acciaffat' a cudde... Vedite, Vedite.
Uagliò,la palle: ca se no ji t'accide"
"Acciaff'a cudde... vite,vite.
Uagliò la palla, ca se no t'accide"
"Uagnune, nda denz'a le uà,
nu amà scì in serie A.
Forz' alle gamme, forz'a le becchine
non zite facenne le signorine.Forza, uagnune...
Acciaffate ddò, acciaffate ddà,
non zite facenne le baccalà
perchè ama scì in serie A"
L'IMPORTANZA DELL'ALLENATORE NEL SETTORE GIOVANILE
Allenare ed educare i giovani al gioco del calcio non è un compito semplice, occorre che il tecnico sia in grado di miscelare qualità tecniche, tattiche, educative, psicologiche e comunicative, tenendo sempre in considerazione le fasce d’età a cui si rivolge. Le sue competenze riguardano gli ambiti di insegnamento in età scolare ed una sufficiente conoscenza delle problematiche legate alle dinamiche dell’apprendimento motorio. Deve, inoltre, conoscere e tenere presente i processi che regolano la maturazione fisica e le fasi sensibili che sono alla base dello sviluppo biologico dell’apprendimento, in special modo delle capacità coordinative (capacità di controllo motorio, capacità di adattamento e trasformazione, capacità di apprendimento motorio), supporto essenziale nell’esecuzione dei gesti tecnici. Per l’allenatore dei giovani calciatori, possedere queste qualità caratteristiche, risulta determinante evidentemente per ottenere risultati gratificanti, ma soprattutto per ridurre eventuali errori e non compromettere la potenziale crescita del giovane.
L’allenatore giovanile deve essere consapevole che la sua opera ha una valenza formativa e deve essere in grado di modulare la sua proposta tenendo conto delle caratteristiche proprie di ogni età. Trattare i bambini ed i ragazzi da piccoli adulti (proporre un programma didattico adatto ai grandi e ridotto solo sul piano quantitativo) nuoce alla crescita non solo tecnica, ma anche psicologica degli allievi. Esistono ancora troppi tecnici malati di agonismo e inconsapevoli assertori delle specializzazioni precoci. La realtà didattica nell’insegnamento giovanile invece non può fare a meno della sua matrice educativa che la differenzia drasticamente rispetto alle metodologie usate con gli adulti.
Appare così evidente, quindi, che nella continua evoluzione del calcio e delle conoscenze pedagogiche relative ai programmi di insegnamento, anche la figura dell’allenatore si dovrà aggiornare coerentemente a tali e relativi processi evolutivi.
L’allenatore deve formare i giovani dal punto di vista educativo e sviluppare e allenare le abilità tecnico-tattiche e motorie che il gioco richiede. Un bravo allenatore del settore giovanile deve fare apprendere con semplicità e metodo gli obiettivi didattici sia individuali che di squadra. La sola abilità nel mostrare il gesto non basta, deve soprattutto conoscere il metodo migliore per trasmettere il proprio sapere e farlo apprendere stabilmente. Deve inoltre mostrarsi sensibile nel saper cambiare e riadattare la propria programmazione in risposta alle nuove abilità acquisite ed ai progressi evidentemente conseguiti. Nella sua formazione l’allenatore deve tener conto dei seguenti fattori:
· mantenere un’elevata motivazione nel perseguire i necessari miglioramenti, cioè nell’arricchire le proprie competenze metodologiche, didattiche e psicosociale (relazionali);
· essere consapevole dei propri limiti e cercare di rimuovere le relative difficoltà;
· esaltare al massimo le proprie qualità;
· sviluppare una personale filosofia di lavoro, cercando, quando possibile, soluzioni originali e creative;
· essere sensibile ed adattarsi al contesto presso il quale si opera.
L’allenatore giovanile deve essere consapevole che la sua opera ha una valenza formativa e deve essere in grado di modulare la sua proposta tenendo conto delle caratteristiche proprie di ogni età. Trattare i bambini ed i ragazzi da piccoli adulti (proporre un programma didattico adatto ai grandi e ridotto solo sul piano quantitativo) nuoce alla crescita non solo tecnica, ma anche psicologica degli allievi. Esistono ancora troppi tecnici malati di agonismo e inconsapevoli assertori delle specializzazioni precoci. La realtà didattica nell’insegnamento giovanile invece non può fare a meno della sua matrice educativa che la differenzia drasticamente rispetto alle metodologie usate con gli adulti.
Appare così evidente, quindi, che nella continua evoluzione del calcio e delle conoscenze pedagogiche relative ai programmi di insegnamento, anche la figura dell’allenatore si dovrà aggiornare coerentemente a tali e relativi processi evolutivi.
L’allenatore deve formare i giovani dal punto di vista educativo e sviluppare e allenare le abilità tecnico-tattiche e motorie che il gioco richiede. Un bravo allenatore del settore giovanile deve fare apprendere con semplicità e metodo gli obiettivi didattici sia individuali che di squadra. La sola abilità nel mostrare il gesto non basta, deve soprattutto conoscere il metodo migliore per trasmettere il proprio sapere e farlo apprendere stabilmente. Deve inoltre mostrarsi sensibile nel saper cambiare e riadattare la propria programmazione in risposta alle nuove abilità acquisite ed ai progressi evidentemente conseguiti. Nella sua formazione l’allenatore deve tener conto dei seguenti fattori:
· mantenere un’elevata motivazione nel perseguire i necessari miglioramenti, cioè nell’arricchire le proprie competenze metodologiche, didattiche e psicosociale (relazionali);
· essere consapevole dei propri limiti e cercare di rimuovere le relative difficoltà;
· esaltare al massimo le proprie qualità;
· sviluppare una personale filosofia di lavoro, cercando, quando possibile, soluzioni originali e creative;
· essere sensibile ed adattarsi al contesto presso il quale si opera.
29 settembre 2007
RUBRICA: ALLENATORI NEL PALLONE 11
151. "si si Martino vai pur piano, anzi prendi lo SCUOLA BUS per tornare in difesa..." allenatore ad un proprio pulcino di 8 anni che aveva appena concluso un'azione in attacco. Commento: allenatore prudente e spiritoso;
152. "minchione, minchione sei solo un minchione...Alberto" allenatore ad un proprio giovanissimo di 14 anni dopo un errore fatto sotto porta (aveva sbagliato un gol facile). Commento: uno dei tanti allenatori MINCHIONI;
153. "ma cosa hai mangiato oggi Massi, pastina fritta?" allenatore ad un proprio pulcino di 10 anni che aveva calciato una palla con poca forza. Commento: allenatore esperto dietologo;
154. "ancora due secondi e poi ci metto un attimo a cambiarti, non ne fai una giusta Primo!" allenatore ad un proprio esordiente di 11 anni dopo una serie di errori tecnici. Commento: allenatore pitagorico;
155. "se mi capiti tra le mani ti spacco in due...Antonio" allenatore ad un proprio allievo di 15 anni dopo che il giocatore si era fatto espellere. Commento: allenatore che vede troppi films di Stallone...
156. "dai Ste metti questa palla con una parabola molle" un allenatore ad un proprio pulcino di 10 anni mentre stava facendo un cross. Commento: allenatore mollissimo ed incomprensibile
157. "neta l'area, buta via la bala " traduzione-pulisci l'area calciando via la palla- allenatore ad un proprio pulcino di 9 anni che aveva conquistato la palla in difesa e stentava a liberarsene. Commento: allenatore BAUSCIA;
158. "non fargli fare il RICCIOLO a sto pallone" allenatore ad un proprio pulcino mentre stava passando la palla ad un proprio compagno. Commento: allenatore BELLI-CAPELLI
159. "Simo cambia il passo, cambia il passo..." allenatore ad un proprio pulcino di 10 anni mentre stava rincorrendo un proprio avversario (Ha ripetuto questa frase per tutta la partita in varie occasioni). Commento: allenatore cambia il disco cambia il disco;
160. "io parlo una volta sola: FAI L'ESTERNO CENTRO!!" allenatore ad un proprio esordiente di 12 anni durante un intervallo. Commento: un altro allenatore PAGANINI;
152. "minchione, minchione sei solo un minchione...Alberto" allenatore ad un proprio giovanissimo di 14 anni dopo un errore fatto sotto porta (aveva sbagliato un gol facile). Commento: uno dei tanti allenatori MINCHIONI;
153. "ma cosa hai mangiato oggi Massi, pastina fritta?" allenatore ad un proprio pulcino di 10 anni che aveva calciato una palla con poca forza. Commento: allenatore esperto dietologo;
154. "ancora due secondi e poi ci metto un attimo a cambiarti, non ne fai una giusta Primo!" allenatore ad un proprio esordiente di 11 anni dopo una serie di errori tecnici. Commento: allenatore pitagorico;
155. "se mi capiti tra le mani ti spacco in due...Antonio" allenatore ad un proprio allievo di 15 anni dopo che il giocatore si era fatto espellere. Commento: allenatore che vede troppi films di Stallone...
156. "dai Ste metti questa palla con una parabola molle" un allenatore ad un proprio pulcino di 10 anni mentre stava facendo un cross. Commento: allenatore mollissimo ed incomprensibile
157. "neta l'area, buta via la bala " traduzione-pulisci l'area calciando via la palla- allenatore ad un proprio pulcino di 9 anni che aveva conquistato la palla in difesa e stentava a liberarsene. Commento: allenatore BAUSCIA;
158. "non fargli fare il RICCIOLO a sto pallone" allenatore ad un proprio pulcino mentre stava passando la palla ad un proprio compagno. Commento: allenatore BELLI-CAPELLI
159. "Simo cambia il passo, cambia il passo..." allenatore ad un proprio pulcino di 10 anni mentre stava rincorrendo un proprio avversario (Ha ripetuto questa frase per tutta la partita in varie occasioni). Commento: allenatore cambia il disco cambia il disco;
160. "io parlo una volta sola: FAI L'ESTERNO CENTRO!!" allenatore ad un proprio esordiente di 12 anni durante un intervallo. Commento: un altro allenatore PAGANINI;
19 settembre 2007
COME RAGIONANO I PICCOLI GIOCATORI
Il calcio richiede ai bambini un particolare impegno cognitivo e necessita della capacità di comprendere il punto di vista dell’altro. Il processo di anticipazione motoria si basa sull’abilità di saper prevedere ciò che il nostro avversario sta per fare ma, i bambini di questa età, hanno difficoltà ad assumere questo punto di vista. D’altra parte però, l’uso di questa abilità è necessario in uno sport di squadra che coinvolge molti giocatori che devono agire insieme, servendosi di una strategia comune di risposta alle azioni degli avversari.
Le difficoltà dei bambini sino agli 8 anni sono evidenti a qualsiasi osservatore a bordo campo, quando li si vede inseguire tutti la palla, scordandosi invece i ruoli che gli erano stati attribuiti in precedenza. Le ricerche hanno confermato che l’abilità di comprendere la prospettiva altrui si afferma in maniera completa tra gli 8 e i 10 anni. In relazione a questa competenza, una possibile ragione di abbandono dall’attività calcistica si presenta nei casi in cui gli allenatori e i genitori si aspettano dai bambini più di quanto gli è consentito dal loro sviluppo cognitivo. In questo tipo di situazioni i bambini possono sperimentare una notevole frustrazione e sentirsi non apprezzati e capiti dagli adulti, che richiedono loro di svolgere dei compiti superiori alle loro capacità attuali. In alternativa, genitori e allenatori non dovrebbero preoccuparsi se i bambini si comportano come le api che corrono tutte dietro il miele ma dovrebbero stimolare l’entusiasmo dei bambini e il piacere che traggono dal movimento.
Un altro aspetto cognitivo importante riguarda la comprensione, da parte dei bambini, delle cause dei risultati delle azioni. In altre parole a cosa attribuiscono, ad esempio, il prevalere di una squadra sull’altra oppure a cosa attribuiscono la maggiore competenza di un compagno rispetto agli altri? Da adulti siamo consapevoli che successi/insuccessi possono derivare da più aspetti diversi (ad esempio, l’impegno, la fortuna, l’abilità personale, la difficoltà dei compiti da svolgere o la competenza degli altri) ma per i bambini questo pensiero rappresenta un punto di arrivo che in prima e seconda elementare non possiedono. La ricerca ha evidenziato che sino a 10-12 anni i giovani non sanno distinguere con esattezza fra questi diversi fattori quelli che in una singola prestazione hanno determinato il successo della loro squadra o la qualità della loro prestazione.
Infatti, inizialmente i bambini sono attratti essenzialmente dall’eccitazione che trasmette la pratica sportiva e solo in seguito sviluppano una concezione più complessa del gioco. A questo riguardo basta pensare che già a partire dall’età di 5 anni i bambini iniziano a confrontare le loro abilità con quelle dei compagni ma che sin quasi all’adolescenza è molto scarsa la correlazione fra la percezione dei bambini delle loro competenze e la valutazione delle loro reali capacità eseguita dagli allenatori.
Le difficoltà dei bambini sino agli 8 anni sono evidenti a qualsiasi osservatore a bordo campo, quando li si vede inseguire tutti la palla, scordandosi invece i ruoli che gli erano stati attribuiti in precedenza. Le ricerche hanno confermato che l’abilità di comprendere la prospettiva altrui si afferma in maniera completa tra gli 8 e i 10 anni. In relazione a questa competenza, una possibile ragione di abbandono dall’attività calcistica si presenta nei casi in cui gli allenatori e i genitori si aspettano dai bambini più di quanto gli è consentito dal loro sviluppo cognitivo. In questo tipo di situazioni i bambini possono sperimentare una notevole frustrazione e sentirsi non apprezzati e capiti dagli adulti, che richiedono loro di svolgere dei compiti superiori alle loro capacità attuali. In alternativa, genitori e allenatori non dovrebbero preoccuparsi se i bambini si comportano come le api che corrono tutte dietro il miele ma dovrebbero stimolare l’entusiasmo dei bambini e il piacere che traggono dal movimento.
Un altro aspetto cognitivo importante riguarda la comprensione, da parte dei bambini, delle cause dei risultati delle azioni. In altre parole a cosa attribuiscono, ad esempio, il prevalere di una squadra sull’altra oppure a cosa attribuiscono la maggiore competenza di un compagno rispetto agli altri? Da adulti siamo consapevoli che successi/insuccessi possono derivare da più aspetti diversi (ad esempio, l’impegno, la fortuna, l’abilità personale, la difficoltà dei compiti da svolgere o la competenza degli altri) ma per i bambini questo pensiero rappresenta un punto di arrivo che in prima e seconda elementare non possiedono. La ricerca ha evidenziato che sino a 10-12 anni i giovani non sanno distinguere con esattezza fra questi diversi fattori quelli che in una singola prestazione hanno determinato il successo della loro squadra o la qualità della loro prestazione.
Infatti, inizialmente i bambini sono attratti essenzialmente dall’eccitazione che trasmette la pratica sportiva e solo in seguito sviluppano una concezione più complessa del gioco. A questo riguardo basta pensare che già a partire dall’età di 5 anni i bambini iniziano a confrontare le loro abilità con quelle dei compagni ma che sin quasi all’adolescenza è molto scarsa la correlazione fra la percezione dei bambini delle loro competenze e la valutazione delle loro reali capacità eseguita dagli allenatori.
Iscriviti a:
Post (Atom)