07 maggio 2009

ALESSANDRO

Alessandro penso a lui e sorrido! Un bambino pieno di vita, di entusiasmo, sempre allegro e gaio. Sempre scherzoso con i compagni e con la battuta pronta con noi allenatori . Non per nulla il bimbo è nato a Roma e nella città eterna aveva passato dieci dei suoi dodici anni che aveva quando l'ho conosciuto. Li dove viveva libero, nella sua borgata, tutti i giorni andava a giocare a calcio al campetto. Su quel pezzo di terreno sterrato e sconnesso c'erano sempre pronte due squadre per affrontarsi in quelle partite interminabili da ventitrè a ventidue. A volte saltava anche la scuola, al pomeriggio, per finire una partita. Era ricercatissimo per due motivi diceva lui: primo perchè giocava in porta; secondo perchè era bravissimo in questo ruolo. Con me si vantava dicendomi che la sua squadra giocava sempre in due in meno perchè lui era troppo forte. Era una sagoma e sdrammatizzava sempre qualsiasi situazione. Ricordo quella volta che prima di una finale nello spogliatoio stavo preparando la partita e nel farlo mi ero fatto prendere un po' dall'enfasi del momento e per la verità più che caricare la squadra l'avevo un po' spaventata, allora lui se ne uscì con una delle sue battute: “Aoh misterr che giochiamo contro el Real Madrid oggi?” allora tutti ridendo, me compreso, andavamo in campo e...vincevamo! Era uno specialista con quelle sue battute sagaci, le tirava fuori così di getto e dove passava lui lasciava tutti sorridenti e divertiti. È un “84”, anno magico per i calciatori, ed è un portiere per vocazione. Suo padre diceva in romanesco: “questo mè nato coi guanti de portiere addosso!”. A proposito di suo padre: Alessandro aveva e spero che abbia ancora, un padre tifoso. Lo seguiva da tutte le parti: in Italia, all'estero, al chiuso, all'aperto, con la pioggia, con il sole, in auto e anche in bicicletta!! quel padre seguiva tutte le partite da dietro alla porta di suo figlio, sia al primo che al secondo tempo sempre dietro alla porta! Mi dava un fastidio incredibile e lo dava anche ad Allessandro, perchè da lì non si accontentava di vedere la partita ma faceva il suggeritore e allora: “Ale vai a destra, Ale vai a sinistra, Ale mettete de qua, Ale mettete de la!” Un tormento, una vera spina nel fianco. Un giorno Alessandro mi prese in disparte e mi disse: “a mister lei me deve aiutà, mio padre me sta a stressà è sempre dietro alla mia porta e non sta mai zitto, nun me fa concentrà! Ie deve dì qualcosa!” lo guardaI negli occhi e gli risposi che ci avrei pensato io a dirgli di starsene a casa e non venire per un pezzo a vederlo giocare. Lui allora riprese la parola dicendo: “no mister non le deve dì de stare a casa, se no a quello ie piglia un infarto, ie deve solo dì de non metterse dietro la porta perchè da lì me sta a rompè tre quarti de coioni!!”. Mi venne da ridere istintivamente ma mi ripresi subito e subito ripresi Alessandro per que suo linguaggio volgare e poco rispettoso. Gli avevo detto che suo padre faceva tutto questo per un eccesso d'affetto nei suoi confronti ecc ecc... Gli avevo detto quelle cose per proteggerlo e per non distruggere il rapporto tra lui e suo padre che mi sembrava veramente speciale ma nella realtà pensavo che Alessandro aveva ragione e che il padre dovesse darsi una calmata. Allora dissi ad Alessandro che avrei parlato con il padre e che se doveva per forza venire a vederlo che almeno si accomodasse in tribuna. La risposta di Alessandro fù ancora più divertente: “mister mio padre è una brava persona ma quando se tratta de me che gioco a calcio diventa paraculoico!” ridendo dissi ad Alessandro : “volevi dire che diventa paranoico?” lui non perse l'occasione per fare la battutona: “no mister volevo dì proprio quello che ho detto perchè mi padre quando parla de me che gioco a calcio deventa paranoico tendente al paraculo!!” che dire? Alessandro quanto mi manchi!!
Alessandro Boccolini (Roma, 14 luglio 1984)
Cresciuto calcisticamente nel Milan e nella Lazio, è stato prestato dalla società capitolina alla Viterbese nel 2003-2004 ed all'Alessandria, con cui ha vinto il campionato di Eccellenza, l'anno successivo. Nel 2005-2006 è stato acquistato a titolo definitivo dall'Ascoli, con la cui maglia ha esordito in Serie A il 14 maggio 2006 in Empoli-Ascoli 1-2.

24 aprile 2009

GIANLUIGI

GIANLUIGI
È un giorno di ottobre, il tempo è ancora bello, il cielo è sereno e appena offuscato da nubi molto alte e la temperatura è sui 15 gradi. È il microclima del lago è il clima ideale per fare l'allenamento e giocare partite di calcio. Oggi al centro sportivo le foglie degli alberi, che nei mesi precedenti frusciavano alla calda brezza, ora, ingiallite si staccano dai rami e il vento le fa volteggiare ed esse cadono, posandosi sui campi adiacenti al viale. Qui nella bella provincia di Como la campagna ha preso i caldi colori dell'autunno. È proprio un bel pomeriggio ed io sto aspettando in uno dei viali del centro sportivo di Orsenigo l'osservatore Gigi, che ha il compito di portare qui un bambino, un talento a suo dire, per il ritiro del materiale sportivo(borsa, tuta di rappresentanza ecc) che gli servirà per il torneo che andremo a fare sabato a Verona. Mentre sto osservando il panorama e sentendo il vibrare delle foglie che fa da colonna sonora a questa incantevole scenografia naturale, vedo da lontano il Gigi che spinge letteralmente un ragazzino dalla “zazzera” nera come il carbone. Mentre il Gigi spinge, il ragazzino tira l'impermeabile di una donna che viene letteralmente trascinata in questa piccola mischia. Io osservo meravigliato il tutto e non distogliendo nemmeno per un attimo lo sguardo verso la scenetta che diventa sempre più divertente, incuriosito mi avvicino sempre di più. Il Gigi spinge, il ragazzo tira e la mamma urla qualcosa che assomiglia:”finiscila finiscila!”. Mentre assisto a questo “spingi e tira” il terzetto che si trova in stallo proprio nei pressi dell'entrata, sta dando spettacolo. Ormai vicino sento il Gigi che ansimando, per la fatica, dice: “ciao Giulio questo è Gianluigi e questa è sua madre”. Li guardo entrambi mentre sembrano non curarsi della mia presenza perchè troppo impegnati a lottare per la conquista dell'impermeabile della mamma. Esordisco con un semplice: “buon giorno signora mi chiamo Giuliano e sono l'allenatore della squadra nella quale Gianluigi dovrebbe giocare”. Le mie parole sembrano avere un effetto calmante sui movimenti di Gianluigi il quale si ferma e mi guarda dritto in viso, dopo di che continua il suo lavoro al fianco della mamma. La mamma, non mollando la presa dell'impermeabile, mi risponde gentilmente e in modo perentorio: “mister buon giorno, guardi non ne posso più, Gianluigi è tutto il giorno che fa i capricci. È indisciplinato, è difficile da sopportare e la cosa peggiore è che ha deciso di non venire al torneo. Cerchi di parlarci lei, il Gigi mi ha detto che lei è uno che ci sa fare con i bambini, e lo convinca a mantenere l'impegno che anche lui si era assunto. Guardi, lo vede anche lei, con noi non c'è proprio verso di prenderlo”. Io in verità non so cosa fare e soprattutto non so cosa dire e allora faccio quello che di solito faccio quando mi trovo nelle situazioni dove non so cosa fare (anche adesso per la verità ho qualche difficoltà a scrivere): divento aggressivo! “Senti piccolo (dimenticavo di dire che Gianluigi ha dieci anni) a questo torneo tu devi venirci perchè per portare te abbiamo dovuto lasciare a casa un altro bambino. Quindi finiscila di fare i capricci e cerca di collaborare, cioè non fare tante storie, tu sabato ti presenti alle 14 allo stadio perchè si parte con il pulman per Verona e se non ci sei ti veniamo a prendere ok?” mentre parlavo mi guardava fisso negli occhi e non diceva nulla ma all'improvviso, come se in lui fosse scattato qualcosa, dice a voce alta: “va bene io vengo ma voglio giocare con la maglia numero dieci!” La mamma e il Gigi in silenzio guardano me e aspettano una risposta. Io ci penso un momento e poi rispondo: “va bene anche per me, ok per la maglia numero 10, basta che la chiudiamo qui e tu ti presenti sabato alla convocazione senza fare più altre scene come questa!” Ci lasciamo con queste parole. La mamma tutta soddisfatta mi saluta e mi ringrazia più volte prima di uscire dal centro, l'osservatore invece, tutto sudato e tutto soddisfatto mi dice: “vedrai Giulio questo è un talento e ti farà vincere il torneo!”
Le parole di Gigi furono profetiche vincemmo il torneo! In finale battemmo la Cremonese due a zero e i due gol li fece Gianluigi un vero talento calcistico!
GIANLUIGI P.
Gialuigi non ha fatto carriera nel calcio. Gianluigi era un animo tormentato, fragile, troppo umano. Io molte volte mi sono chiesto dove fosse, dove si trovasse cosa facesse quel genio che sapeva giocare a calcio come pochi. Di Gianluigi rivive nella mia mente il suo talento la sua sregolatezza in tutto quello che faceva. Il calore con cui le persone lo circondavano non gli sono bastati per fuggire dalla più perfida delle illusioni: la droga. Ho saputo della sua morte l'ottobre scorso mentre ero su un campo da calcio. Il cielo era sereno, la brezza muoveva le foglie degli alberi li vicini e in lontananza mi sembrava di vedere la sua zazzera nera correre inseguito da un nugolo di avversari. Ciao Gianluigi.

20 aprile 2009

ROBERTO

PICCOLO MA BRAVO
Mia moglie al telefono! non è una novità! La novità è che stia parlando di me con la sua amica Daniela di Brescia: “si, SI Giuliano è a casa, se vuoi te lo passo? Ok ciao e a presto, eccoti Giuliano”. Mia moglie mi passa il cordless senza dirmi il perchè Daniela voglia parlare con me ed io mi ritrovo tra le mani il telefono senza sapere cosa dire ed inizio la comunicazione con un semplice: “pronto!” aldilà del telefono c'è la bella voce della carina Daniela. Una persona veramente per bene, gentile nei modi e affabile nel rapportarsi con gli altri, una bella persona in tutti i sensi: “ciao Giuliano, vado subito al dunque. Innanzi tutto mi dispiace disturbarti ma c'è una mia amica che ha un figlio che, dice lei, gioca benissimo a calcio e sapendo, da me naturalmente, che tu alleni le giovanili del Milan mi ha chiesto se si può far fare un provino a suo figlio?” Breve, concisa e precisa! Rispondo: “si può fare tutto Daniela devo sapere però: prima quanti anni ha e poi dove gioca?” Daniela non la cogli mai impreparata e anche a queste domande mi risponde in modo preciso:”allora Giuliano aspetta un secondo mi sono scritta tutto sulla mia agenda, dunque: il Bimbo ha 12 anni e gioca negli esordienti del Lumezzane” precisissima, non per niente fa l'insegnante di lettere! Dico a Daniela che il giorno dopo le avrei fatto sapere il dove, il come e il quando il piccolo giocatore avrebbe potuto fare il provino. Il giorno dopo fissammo l'appuntamento. Roberto doveva trovarsi a Linate al centro sportivo dell'aeronautica alle 14.30 accompagnato con un responsabile della società e relativo nulla osta della stessa. Daniela mi salutò con parole gentili ed appropriate e mi ringraziò a nome della sua amica.
Ed eccoci a lunedì a Linate, al centro sportivo dove tutti i giorni da più di quattro anni alleno le giovanile dell'A.C.Milan . Sono le 14.00 ed io sono già nello spogliatoio e qualcuno dal di fuori mi sta cercando è il factotum del centro sig. Trapanelli che con un deciso: “Rusca c'è gente che la cerca!” esco dallo spogliatoio e mi trovo difronte il Trapanelli e due uomini dall'aspetto gentile e sorridenti, sicuramente il Trapanelli li avrà divertiti con qualcuna delle sue battute sugli allenatori è tremendo quando ci si mette. Lui ci definisce i “mezzi-allenatori” perchè siamo allenatori del settore giovanile e quindi non siamo veri allenatori insomma ha la sua logica che è meglio non indagare e analizzare. Guardando bene dietro ai due adulti c'è lui: Roberto. È un bambino dai lineamenti aggraziati e con quei capelli lunghi sembra proprio una bambina. Ci presentiamo e scopro che mentre il signore che tiene per mano il bimbo è il padre, l'altro signore è Depaoli l'ex giocatore della Juventus degli anni 60, ed è il suo allenatore. Dopo le presentazioni di rito porto Roberto negli spogliatoi dove lo presento ai compagni e dove gli consegno il materiale che dovrà indossare per svolgere l'allenamento. Mentre gli do maglietta, calzoncini e calzettoni faccio una prima considerazione: il bimbo è un po' piccolo per la sua età! La seconda è che questo gruppo, cioè quello dei 79, non lo spaventi più di tanto, qui dentro ci sono delle testoline un pò...esco dallo spogliatoio con qualche perplessità ma la curiosità di vederlo all'opera è più forte e non vedo l'ora di iniziare l'allenamento. Torno dopo 10 minuti e noto che Roberto ha già socializzato con tutti, lo chiamano per nome e lui chiama per nome tutti gli altri! Bene il piccolo dimostra personalità! Andiamo sul campo e a tutti viene dato un pallone con il quale palleggiare ed effettuare dei giochi con la palla. Lo osservo attentamente e noto che ha un ottimo rapporto con la palla: la palleggia e l'accarezza con quel piedino sinistro in modo favoloso! Questo è veramente bravo! Lo guardo quasi affascinato con la palla sa fare tutto, è creativo fa dei giochetti che nessuno sa fare con una naturalezza che solo la vera maestria ti permette di realizzare. Ma dove veramente mi meraviglia la sua abilità è nelle situazioni di uno contro uno. Supera l'avversario con una facilità tipica di quelli bravi. “Oh questo sarà piccolo ma è bravo veramente!” mi dico! Alla fine dell'allenamento, dopo una serie di esercitazioni, facciamo la partita. Durante questo sette contro sette è un continuo sentire: “dai Robi (lo chiamano già Robi) dalla a me, dai Robi calcia tu, dai Robi mettila sulla fascia, Robi di su e Robi di giù è un continuo chiamare il suo nome che sembra che faccia parte del gruppo da tempo. “Il piccolo è un vero talento calcistico ed ha personalità da piccolo leader” questo scriverò nella mia relazione tecnica al responsabile del settore giovanile il quale l'anno successivo lo inserirà nell'organico dei giovanissimi della società. Alla sera la telefonata di Daniela è puntuale: “come è andata Giuliano? Dimmi la verità?” la mia risposta è spontanea e diretta come la domanda: “Daniela il piccolo è bravo, e penso che l'anno prossimo giocherà con la maglia...del Milan!”
ROBERTO DE ZERBI
Carriera
Cresciuto nella giovanili del Milan, nel 2002-2003 si rivela uno dei talenti emergenti del calcio italiano nel Foggia, con cui ottiene la promozione in Serie C1.
Nella stagione 2004-2005 va all'Arezzo, dove viene schierato tra i titolari dal tecnico Pasquale Marino. Nella stagione 2005-2006 Marino passa al Catania e porta con sé De Zerbi. Gioca un campionato di alto livello ed è uno dei protagonisti della promozione della squadra in Serie A. Con il Catania segna 7 reti e totalizza 6 assist per i compagni.
Il 27 giugno 2006 viene acquistato dal Napoli con cui sottoscrive un contratto quinquennale. Nella stagione 2006-2007 in serie B con la maglia azzurra segna tre gol: il primo al Rimini, il secondo contro il Lecce ed il terzo con la Triestina. Pur non demeritando, il giocatore fatica ad esprimersi con continuità sui livelli dell'anno precedente.
Nell'estate 2007 sembra ad un passo dal Cagliari, ma poi l'affare salta. Resta a Napoli dove però trova pochissimo spazio, segnando un solo gol contro il Cesena in Coppa Italia.
Nel mercato invernale passa in prestito al Brescia, squadra della sua città natale e dove sognava di giocare da piccolo, rimane fino alla fine del campionato senza centrare l'obiettivo della promozione in serie A anche se a Bergamo contro l'Albinoleffe è il migliore in campo, per poi rientrare al Napoli per fine prestito.
Il 1° settembre 2008 viene preso in prestito dall'Avellino.

14 aprile 2009

VINCENZO

VINCENZO
Un'altra Pasqua fuori casa! Un'altra Pasqua sottratta alla famiglia e dedicata al lavoro. Ma si chiamiamolo lavoro questo mio divertimento, cioè fare l'allenatore di giovani calciatori non è proprio un lavoro, ma non è neppure un divertimento! Ma allora che cos'è? Iniziamo il racconto, è meglio!
Sono a Verbania, una ridente località sul lago maggiore nel mese d'Aprile, nell'anno del Signore 1991! Mi trovo in codesta cittadina per partecipare con la mia squadra di pulcini (dell'A.C. Milan) al torneo internazionale, per l'appunto, di Verbania. La leva “pulcini” è quella dei nati nel 1980, annata buona per il Barolo e per i giocatori di calcio. La squadra che ho “tra le mani” è fortissima! Tra di loro spicca un giovane giocatore che proviene da Salerno: VINCENZO. Un “bimbo” dalle doti tecniche sopraffine e con un carattere eccezionale. Un osservatore della società lo ha portato su, cioè sin qui, per l'occasione, e con lui c'è il padre che di lavoro, ufficialmente fa il pescatore ma ufficiosamente fa il “biscazziere” in una bisca clandestina vicino al porto (me lo ha detto lui in un colloquio a quattrocchi al bar dell'albergo), il bimbo è anche accompagnato dalla fama di essere un fenomeno calcistico, vedremo! Le prime partite le vinciamo facilmente e il ragazzino si fa notare per la forte personalità, già conosce tutti e chiama il sottoscritto con l'appellativo:”Mistèr”. Le qualificazioni le giochiamo su dei campi un po' spelacchiati nel senso che sono in terra battuta e qui Vincenzo dimostra di trovarsi nel suo abitat naturale. I campi dove gioca lui a Salerno, me lo ha detto sempre il padre, sono tutti in terra e sassi! Lì nessuno osa andare a terra e fare takle scivolati, viste le abrasioni che il terreno provoca nel momento in cui qualcuno striscia qualsiasi parte del corpo per terra. Vincenzo oltre ad essere un bravo giocatore di calcio dimostra più maturità dei suoi coetanei, egli sa destreggiarsi tra i sentimenti conflittuali che emergono di solito tra i compagni di squadra, sa star bene con gli altri e mantenere buoni rapporti con tutti. Quest'arte lui l'ha appresa sulla strada dove vive per la maggior parte del suo tempo, questa competenza esperenziale gli ha permesso di conoscere atteggiamenti giusti e utili per comprendere la natura dei vari rapporti. Ma torniamo al torneo.
Le partite di qualificazione le vinciamo tutte e approdiamo alle semifinali! In semifinale troviamo un avversario di tutto rispetto: la Juventus! Prima della partita dico ai ragazzi che non sarà facile avere la meglio ma che ce la possiamo fare perchè siamo forti e dico a loro che dobbiamo rispettare tutti ma non avere paura di nessuno! Il capitano lo farà lui: VINCENZO. Mentre il massaggiatore sta per mettergli la fascia sul braccio sinistro, lui mi guarda dritto in volto e mi fa una domanda: “mistèr (accentuando l'accento sulla e) posso battere le punizioni in questa partita?” rispondo che le può battere e gli do un suggerimento tecnico: “ok battile tu, ma mira il secondo palo!Hai capito Vincenzo mira il secondo palo” e lui tutto sorridente mi risponde: “oh mistèr, ho capito, ho capito! Ma io sul piede non ho mica il mirino!” mi guarda e si mette a ridere e con lui ride tutta la squadra! Vinciamo 3 a 1 e lui fa due gol... su punizione! Siamo in finale! Ce la giocheremo con il Torino che ha eliminato l'Inter ai rigori. La partita verrà giocata allo stadio di Verbania, dove il campo è in erba! Arriviamo allo stadio in autobus, all'entrata ci aspettano tutti i genitori che sostengono la squadra con applausi e urla di incitamento, insomma tutto è pronto per una grande finale. Portiamo le borse nello spogliatoio e ci avviamo verso il campo per vedere, sentire ed annusare il terreno di gioco. C'è silenzio, è un silenzio rispettoso per il luogo dove andremo a giocarci la FINALE! Tutti zitti meno lui il Vincenzo:
“Mister questa erba è così morbida che sembra la moquette di zia Pina” così commenta Vincenzo appena mettiamo piede sul campo. Il silenzio si trasforma prima in brusio e poi in una sonora risata che contagia anche me!Tutti ridiamo e ci guardiamo convinti che oggi faremo una grande partita!
Vinciamo la finale 2 a 0 e Vincenzo non segna ma fa due assist! È un trionfo della squadra e di Vincenzo che vince il premio (una targa , spero l'abbia conservata!) come miglior giocatore del torneo! Il suo nome, il suo destino: Vincenzo deriva dal nome personale latino Vincentius, participio presente del verbo latino vincere, significa letteralmente “vincente”, “vittorioso”.



Vincenzo Maresca:
Ha iniziato a giocare nelle giovanili del Milan, quindi nel Cagliari, senza contare alcuna presenza in campionato, e nel West Bromwich Albion, con 47 presenze e 5 gol totali nella Division One inglese, l'equivalente dell'italiana serie B.
Nel gennaio 2000, a 19 anni, si è trasferito alla Juventus, con cui ha collezionato soltanto una presenza in campionato. È poi passato in prestito al Bologna, con cui ha disputato 23 partite. Nella stagione 2001/2002 è tornato alla Juventus con la quale ha giocato 16 partite e segnato un gol nel derby contro il Torino. Nel 2002/2003 è andato in comproprietà al Piacenza (31 presenze, 9 reti) e nel 2004/2005 alla Fiorentina. In viola ha disputato 25 partite realizzando 5 gol.
Dall'estate 2005 è in forza al Siviglia, con cui ha vinto due Coppe UEFA (nell'edizione 2005-2006 segnò una doppietta nella finale vinta per 4-0 contro il Middlesbrough, mentre nella finale dell'edizione 2006-2007, vinta nuovamente dal Siviglia, partì come titolare), una Supercoppa Europea, una Coppa di Spagna ed una Supercoppa di Spagna.

27 marzo 2009

FRANCESCO

Francesco.
“Mino ho trovato un fenomeno è bravissimo! Ha undici anni, è bello fisicamente, gioca attaccante, calcia di destro e di sinistro, è velocissimo ed è furbo come una volpe!” Le parole sono del famosissimo osservatore (talent scout): il Giorgio e l'uditore e l'altrettanto famosissimo responsabile del settore giovanile di una squadra professionistica: il Mino. Io che sono l'allenatore della squadra esordienti di quella società mi trovo casualmente nei paraggi mentre si sta svolgendo la discussione e ascolto: “Mino pensi questo pischello ha fatto un gol sabato, nella sua squadretta dell'oratorio, che se lo faceva a San Siro veniva giù lo stadio. Ha preso la palla a metà campo, ha scartato quattro avversari, è arrivato in area e sull'uscita del portiere gli fatto un pallonetto! Un fenomeno, un fenomeno!” Per dir la verità gli osservatori sono un po' come i venditori di stoffe, vantano sempre in modo esagerato la propria mercanzia e quando ne senti uno parlare devi sempre dividere quello che dice per due e moltiplicarlo per 0,5 per capire quella che è la verità. Ma devo dire che il Giorgio è un osservatore atipico, cioè se dice che uno è bravo stai pur sicuro che quello è veramente bravo, insomma ha occhio ed è soprattutto onesto. “Hai sentito Giulio, giovedì dovrai allenare la nuova scoperta del Giorgio. Prendi accordi con lui per fartelo portare all'allenamento e poi sappimi dire, sono proprio curioso di vederlo questo fenomeno!” il Direttore mi coinvolge subito passandomi la palla ed io ben contento mi presto a riceverla e mi metto a parlare con il Giorgio per organizzare il provino che si effettuerà giovedì pomeriggio. Eccoci a giovedì! Sono curioso di vederlo questo piccolo fenomeno, dalla descrizione mi aspetto un genio del dribbling e che sappia saltare gli avversari come birilli dando vita ad azioni spettacolari. Lo sto aspettando sul piazzale del centro sportivo quando li vedo arrivare. Sono in tre: il Giorgio, un signore e un bambino con una zazzera folta e bionda. Il Giorgio si avvicina e mi presenta: “questo è l'allenatore”, “piacere Giuliano” stringo la mano al signore che mi risponde: “piacere Angelo sono il padre di Francesco”. Dopo aver salutato i due adulti rivolgo la mia attenzione verso il bimbo e allungandogli la mano cerco di salutarlo. Lui senza titubanze me la afferra e mi dice: “ciao io sono Francesco!”. Bel tipino dico tra me! lo saluto e lo accolgo con un: “ciao, benvenuto vieni ti porto negli spogliatoi”. Lo accompagno e lui con il suo grande borsone mentre mi segue, mi domanda: “Giuliano io gioco centro attacco lo sai vero?” non rispondo! Altra domanda: “Giuliano io calcio con tutte e due i piedi lo sai?” Non rispondo! Si ferma mi lascia andare avanti e poi mi fa un'altra domanda: “Giuliano sei arrabbiato?” A questa rispondo: “No Francesco non sono arrabbiato, sto solo pensando all'allenamento” gli do una risposta così banale che lo faccio sorridere e guardandomi con sufficienza mi dice: “ok, andiamo, dai portami negli spogliatoi” Confermo: che tipino!
Adesso mi rimane da spiegare Francesco da un punto strettamente tecnico e non è difficile: un giocoliere col pallone tra i piedi, passaggio di rara precisione e un tiro con entrambi i piedi, per la sua età, potentissimo sia da fermo che in corsa. Un autentico talento con il viso da bambino ma con una malizia da grande. Un fenomeno! Stiamo uscendo dal campo, l'allenamento è finito e lui si avvicina e mi fa, tanto per cambiare, una serie di domande una via l'altra: “Giuliano come sono andato? Sono stato bravo? Mi prendete?” “Calma , calma Francesco non sta a me rispondere a queste domande, sarà il direttore sportivo che parlerà con tuo padre”. Mi guarda mi sorride con quel bel viso tutto sudato e mi chiede di nuovo: “Giuliano ma a te son piaciuto?” la mia risposta questa volta è immediata e concisa: “Sei bravo Francesco, molto bravo!” Mi sorride “mette il cuore dentro alle scarpe” e va negli spogliatoi con i propri compagni. Lo guardo e penso “il ragazzo si farà!”
FRANCESCO COCO,
Esordisce da professionista con il Milan in Padova-Milan 1-2 del 27 agosto 1995 (serie A '95/'96), in cui rimane due stagioni disputando complessivamente solo 19 partite ma vincendo uno scudetto.

Umberto Galimberti presenta "L'ospite inquietante"

18 marzo 2009

MARCO

MARCO
ho la sua CARTELLA CLINICA tra le mani la apro e la leggo:
“Marco ha cinque anni. Nella sua giovane vita ha instaurato rapporti affettivi solo con una persona, che lo accudisce, una suora. Il bambino non ha genitori, lo hanno abbandonato appena nato al befotrofio. Questa reiezione parentale ha causato in lui disturbi psichici irreparabili. Il mio consiglio è di internarlo in un ospedale psichiatrico perchè considerato pericoloso per sé e per gli altri”. Questa breve relazione venne stilata da un povero medico subito dopo che Marco lo aggredì mordendogli una mano che cercava, solo, di accarezzarlo. Marco in quell'ospedale, continuando la lettura della sua cartella clinica, era spesso colto da crisi in cui manifestava azioni autolesionistiche, in parole povere si colpiva in viso con pugni, si graffiava su tutto il corpo e si mordeva le braccia e le mani. Un quadro psichico devastante! All'età di dieci anni Marco viene mandato, finalmente commento io, in questo centro di assistenza della prima infanzia dove vive tutt'ora (adesso ha quindici anni) e dove io l'ho conosciuto. La commissione di medici specialistici che si occupa di questi casi particolari ha deciso di far fare a Marco un'esperienza con il gruppo dell'istituto che ogni settimana gioca a calcio e dove io presto la mia opera come volontario ed esperto della disciplina. È un giovedì mattina quando Il medico, responsabile dell'equipe che lo segue, mi presenta per la prima volta Marco. Siamo già tutti sul campo quando ci raggiunge tenendo per mano questo bambino che a prima vista si presenta goffo e impacciato, cammina in precario equilibrio tenendo le braccia lungo i fianchi quasi cercasse di occupare meno spazio possibile. Vengono verso di me il dottore mi saluta e dice su di lui queste parole: “Marco è un soggetto affetto da gravissima patologia relazionale, il suo livello intellettivo è basso, si esprime con un linguaggio notevolmente ridotto ed è accompagnato da un evidente impaccio motorio. Possiede un carattere molto fragile ed è soggetto a crisi che lo portano ad essere aggressivo e violento nei confronti di sé e degli altri, insomma prof. sarà dura fargli fare qualcosa, le abbiamo tentate tutte proviamo anche con il calcio, chissà che questo gioco non gli...smuova qualcosa dentro. Un Particolare importante: segue dalla finestra della sua camera le vostre partite tutti i giovedì”. Speriamo sia utile per lui e non crei molti problemi a noi penso egoisticamente e chiamo tutti attorno a me per iniziare l'allenamento. Iniziamo! Primo problema non vuole partecipare! Dopo mezzora però, passata nell'immobilità assoluta guardando gli altri a fare esercizi e giochi, vedo che si muove e va verso la sacca dei palloni. Lo raggiungo e lui quasi spaventato si ferma. Prendo un pallone e glielo porgo, lo prende e si allontana con la palla tra le mani. Nel mentre gli educatori hanno già iniziato ad organizzare la partitella finale, quella che rende tutti più partecipi e crea entusiasmo nel gruppo. Mi avvicino ancora a Marco e gli chiedo se vuol partecipare. Mi guarda e lasciando cadere la palla si dirige verso il cerchio di centro campo. Tutti lo guardiamo e tutti ci chiediamo: “che vorrà fare?”. Lui rapidamente si avvicina alla palla, se ne impossessa con i piedi e con un dominio inaspettato della stessa si dirige verso una porta. Abbiamo capito vuole fare gol, vuole farla entrare in rete! Ma tutti noi, e lui, non abbiamo fatto i conti con il Guglie il difensore più duro ed arcigno della nostra squadra che vedendo un giocatore in possesso della palla che si sta involando verso la sua porta lo ferma con un takle all'inglese, portandogli via la palla e ripartendo in contropiede. Il Guglie (Guglielmo) e un ragazzone di diciassette anni ha un grave ritardo mentale che lo rende un bambinone in tutte le sue esternazioni sia in positivo che in negativo. Ma mentre il Guglie vola verso la gloria del gol, Il Marco rimane impietrito li dove è stato realizzato il “misfatto”cioè dove gli hanno rubato la palla, ma dopo alcuni secondi inizia a gridare e a rincorrere il Guglie e a questo punto partiamo tutti alla rincorsa del Marco che rincorre il Guglie! La scena è grottesca tutti rincorrono qualcuno. La velocità di traslocazione del Marco è impressionante in un attimo è sul Guglie il quale visto e sentito tutto il frastuono si è fermato e aspetta il Marco con la palla in mano. A questo punto Marco si ferma, io mi fermo, gli educatori e tutti gli altri ragazzi si fermano. Tutto si ferma e nessuno parla. Ho l'impressione di essere sull'orlo di un baratro dove cadremo tutti. Ma è lui stesso, il Marco, che sblocca la situazione sussurrando al Guglie: “PALLA MIA!” il Guglie che è abbastanza intimorito da tutto l'accaduto gli porge la palla senza opporre resistenza, il Marco la mette a terra e guidandola corre verso la porta dove si stava dirigendo il Guglie e con un tiro di punta del piede fa gol! Ci guardiamo in faccia io e gli educatori più commossi che sorpresi e continuando ad osservare lo spettacolo restiamo li in mezzo al campo quasi inebetiti. Marco sta correndo con le braccia aperte e alzate per tutto il campo urlando: “GOL GOL GOL”. A questo punto ci facciamo tirrare dentro dall'entusiasmo ci scateniamo tutti: ridiamo, saltiamo, battiamo le mani e anche noi gridiamo gol, gol, gol! Sono lì in mezzo al campo guardo questo ragazzo che corre, mi commuovo e vorrei urlargli:
“Corri, corri Marco che hai fatto gol!Corri e fuggi dal befotrofio, corri efuggi dagli ospedali psichiatrici, corri e fuggi dalla tua violenza, corri e fuggi dalla paura della solitudine.
Con un gol Marco Corri verso la tua normalità”.

15 marzo 2009

IL CALCIO E' POESIA?

Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del «goal». Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno. In questo momento lo è Savoldi. Il calcio che esprime più goals è il calcio più poetico.
Anche il «dribbling» è di per sé poetico (anche se non «sempre» come l’azione del goal). Infatti il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai. E un sogno (che ho visto realizzato solo nei Maghi del pallone da Franco Franchi, che, sia pure a livello brado, è riuscito a essere perfettamente onirico).
Chi sono i migliori «dribblatori» del mondo e i migliori facitori di goals? I brasiliani. Dunque il loro calcio è un calcio di poesia: ed esso è infatti tutto impostato sul dribbling e sul goal.
Il catenaccio e la triangolazione (che Brera chiama geometria) è un calcio di prosa: esso è infatti basato sulla sintassi, ossia sul gioco collettivo e organizzato: cioè sull’esecuzione ragionata del codice. Il suo solo momento poetico è il contropiede, con l’annesso «goal» (che, come abbiamo visto, non può che essere poetico). Insomma, il momento poetico del calcio sembra essere (come sempre) il momento individualistico (dribbling e goal; o passaggio ispirato)..
. Il calcio in prosa è quello del cosiddetto sistema (il calcio europeo)
Il «goal», in questo schema, è affidato alla «conclusione», possibilmente di un «poeta realistico» come Riva, ma deve derivare da una organizzazione di gioco collettivo, fondato da una serie di passaggi «geometrici» eseguiti secondo le regole del codice (Rivera in questo è perfetto: a Brera non piace perché si tratta di una perfezione un po’ estetizzante, e non realistica, come nei centrocampisti inglesi o tedeschi).
Il calcio in poesia è quello del calcio latino-americano. Schema che per essere realizzato deve richiedere una capacità mostruosa di dribblare (cosa che in Europa è snobbata in nome della «prosa collettiva»): e il goal può essere inventato da chiunque e da qualunque posizione. Se dribbling e goal sono i momenti individualistici-poetici del calcio, ecco quindi che il calcio brasiliano è un calcio di poesia. Senza far distinzione di valore, ma in senso puramente tecnico, in Messico [Olimpiadi 1968] è stata la prosa estetizzante italiana a essere battuta dalla poesia brasiliana.
PIER PAOLO PASOLINI

27 febbraio 2009

IL GIOCO DEL CALCIO E' UN GIOCO SITUAZIONALE

IL CALCIO E’ UNO SPORT DI SITUAZIONE !Quindi uno sport dove l’avversario ti contrasta in qualsiasi zona di campo anche col contatto fisico condizionando( secondo dopo secondo) le varianti spazio tempo e tutto ciò prima durante e dopo l’esecuzione del gesto tecnico!PRIMA: Gli allenatori spesso affermano” nel calcio attuale non hai più tempo di ricevere–osservare –decidere ed -eseguire ma dovrai osservare-decidere ed eseguire” FALSO anche nelle generazioni di giocatori precedenti la raccolta dati, funzionali al raggiungimento dell’obiettivo prescelto condizionavano il gesto e la riuscita dell’azione , di certo, è cambiata la velocità, con la quale la situazione muta.e di conseguenza i tempi di comprensione ed esecuzionePer cui un’attenta ed ISTRUITA valutazione delle informazioni più utili (non tutte le informazioni sono utili, anzi) determinano fortemente la funzionalità del gesto e di conseguenza del risultato (il fine ultimo è sempre il risultato non il gesto, il gesto è da considerare un mezzo)DURANTE : Quando gestisco il contatto con la palla visto il carattere situativo ed invasivo di questo sport dovrò allo stesso tempo dominare palla sotto pressione ed osservare l’ambiente DOPO :La dominanza collaborativa negli sport di squadra richiede una spiccata predisposizione a riconoscere la posizione migliore da assumere per facilitare le opzioni del nuovo possessore della palla, molto semplicemente gioco palla ed aiuto i compagni(smarcamento) collocandomi nella posizione migliore per farlo sia in fase d’attacco che in fase difensivaOra riflettiamo sul fatto che, il prima ed il dopo sono senza palla(come-dove quando mi muovo) ma necessiteranno di una comprensione educata del contesto situazionale che andrà allenata ed il durante con la palla non scapperà al principio di situazionalità da allenare,Lo smarcamento è il principio dominante nel bagaglio di tattica individuale in fase di possesso che ogni giocatore dovrebbe possedere.La rilevazione dei dati sul possesso palla individuale ci dice che massimo sarà (nei giocatori più dotati)di circa 3 minuti a partita, mentre nei rimanenti 57 minuti (considerando 60 minuti effettivi) il giocatore si muoverà per difendere ed attaccare senza possesso palla; e quindi avrà a disposizione circa 28 minuti per smarcarsi quando la sua squadra avrà il possesso palla.Allora mi chiedo se gli allenatori dedicano abbastanza tempo a questi 28 minuti(che sappiamo essere fondamentali) facendo conoscere ai giocatori i segreti del movimento senza palla ! E soprattutto quanto tempo e cosa è stato proposto per far conoscere questo importante principio di tattica individuale nella loro formazione di “scuola calcio”,e risottolineo scuola calcio

20 febbraio 2009

TECNICA DI BASE E TECNICA APPLICATA

INTRODUZIONE: TECNICA DI BASE E TECNICA APPLICATA La tecnica calcistica è il complesso delle abilità inerenti i movimenti che il giocatore è chiamato a compiere durante la gara, quando si trova in contatto o comunque in relazione con la palla.Sotto il profilo didattico, che è quello che maggiormente intendo sviluppare, si parla di tecnica di base, che consiste nel contatto uomo - palla, a prescindere da ogni fase dello sviluppo del gioco, e di tecnica applicata, che è invece relativa a tutti quegli accorgimenti per mezzo dei quali i fondamentali vengono espressi in relazione allo sviluppo del gioco, tenendo conto dei compagni e degli avversari, il tutto nella forma più redditizia per lo sviluppo dell’azione.La tecnica di base è dunque un contenuto didattico preliminare, ma insostituibile, anche se non sufficiente per la formazione del calciatore che dovrà, per essere completo, perfezionare la sua tecnica globale in situazione di gioco.Per questo motivo ritengo che l’allenamento moderno debba considerare entrambi gli aspetti della tecnica. Per capire però quale peso dare nell’allenamento a tecnica di base e tecnica applicata, o meglio, quale relazione esista tra loro, ho voluto definire molto brevemente come si sia evoluto il concetto di “gioco del calcio” in questi ultimi 20 anni: tutto ciò al fine di determinare come sia cambiato con il modo di giocare anche il modo di allenare. So che esistono molti modi di intendere il calcio moderno e altrettante applicazioni, ognuna legata a qualche grande nome di allenatore: a prescindere da essi, il mio obiettivo nel corso di questa trattazione è di definire quali per me siano le priorità e le metodiche più appropriate e suggerire in questo senso una serie di esercizi di allenamento.

2 ball drill

31 gennaio 2009

AGGIORNAMENTO AGLI ALLENATORI DI ABU DABI (EMIRATI ARABI)


UNA SETTIMANA AD ABU DABI

La capitale per la maggior parte sofisticata e moderna degli Emirati Arabi Uniti presenta un misto affascinante di tradizione e progresso. Con una storia ricca di tradizione risalente a circa il 3000 AC, Abu Dhabi mantiene un carattere più prettamente arabo rispetto alla luccicante Dubai.

Nel periodo dal 23/1/09 al 30/1/09 ho soggiornato ad Abu Dabi e ho sviluppato un corso di aggiornamento per gli allenatori associati all'Abu Dabi Concuil. L'esperienza oltre a risultare molto interessante sotto l'aspetto tecnico mi ha permesso di visitare un luogo SUGGESTIVO E RICCO DI UNA CULTURA DIVERSA DALLA MIA. Ho visitato le strutture sportive che oserei definire AVVENIRISTICHE sia per il livello di progettazione sia per la bellezza estetica. ho conosciuto persone veramente interessate alle problematiche dell'attività calcistica giovanile. Esperienza veramente POSITIVA

15 gennaio 2009

LA TATTICA CALCISTICA INDIVIDUALE

LA TATTICA CALCISTICA
La tattica può essere sia collettiva, sia individuale.
Tattica collettiva: è un’azione coordinata tra due o più giocatori, tesa ad ottenere uno scopo determinato in precedenza.Tattica individuale: sono tutti quegli accorgimenti e movimenti per mezzo dei quali la nostra prestazione risulta utile ed economica.
La tattica va eseguita con autonomia da ogni giocatore della partita. Ogni calciatore deve essere autore del disegno tattico. Ognuno è responsabile e quindi ha libertà decisionale in fatto di modi, tempi, spazi, scelta, esecuzione, tenendo pur conto dei movimenti degli altri.
Attenzione che senza la tecnica non si può fare tattica. Quindi i bambini o gli adulti dilettanti, devono essere istruiti sulla tecnica. Non si può insegnare un disegno tattico o studiare movimenti preordinati se non si è in grado di gestire il pallone.Il giocatore ideale è quello che possiede una tecnica precisa e rapidità d’esecuzione abbinata a ripetuta velocità di spostamento, inserita in azioni di gioco, con una rapida e variegata capacità di decisione tattica.Il tempo è la chiave per giocare a calcio. Tempo di marcamento o smarcamento, tempo di battuta, tempo di passaggio ecc…..Il lavoro dell’allenatore deve essere rivolto a migliorare i tempi di gioco, non sull’applicazione passiva da parte dei giocatori, di schemi preordinati e tempi fissi. Il calcio è uno sport di situazione, non si può prevedere cosa succederà durante la partita, quindi l’allenatore deve abituare i propri giocatori ad autonomia decisionale in un sistema chiaro a tutti.
Possiamo dividere la partita di calcio essenzialmente in due parti ben distinte:
Fase di possesso palla (la mia squadra ha la palla, indipendentemente dalla posizione del campo e dal giocatore)
Fase di non possesso palla (la squadra avversaria ha la palla, indipendentemente dalla posizione del campo e del giocatore)
Nella tattica individuale in fase di possesso palla il giocatore deve conoscere:
Lo smarcamento: in zona luce (zona dove sia possibile ricevere la palla); in diagonale
Difesa e protezione della palla: ad ogni ricezione devo mettere il corpo a protezione della palla; andare sempre in contro alla palla; andare sempre sul punto di caduta su palloni che arrivano dall’alto
Passaggio: la precisione determina il vantaggio rispetto alla conduzione della palla: è più veloce; supero più avversari in un colpo solo; determina meno consumo energetico
Guida della palla, finta e dribbling
Tiro in porta
Nella fase di non possesso palla, deve conoscere:
Presa di posizione: in diagonale rispetto alla palla; rientrare verso la porta
Marcamento: a uomo (la posizione è determinata dall’avversario); a zona (la posizione è determinata dalla palla)
Intercettamento e/o anticipo: contrasto diretto; contrasto indiretto (mettere in zona d’ombra l’avversario)
Difesa della porta: difendere il portiere nei suoi interventi; non girarsi in occasioni di possibili tiri degli avversari; copertura di parte della porta con il corpo; non ostacolare il proprio portiere

05 gennaio 2009

IL CALCIO E' EDUCATIVO

Il calcio è un valore in sé perché insegna:
· Il rispetto per l’altro, per l’avversario e per le regole;
· La solidarietà;
· La lealtà;
· Il sentirsi parte di un gruppo ed esserne orgogliosi;
· …
Il calcio grazie alle sue principali caratteristiche e ai suoi valori dovrebbe educare. “L’educazione – dice Kant – è il più grande e difficile problema che possa essere proposto”. E’ proprio in questo senso che il calcio potrebbe dare un sostanzioso contributo ai diversi educatori che incontriamo nella nostra vita, dai genitori, agli insegnanti, agli allenatori. Soprattutto la scuola dovrebbe insegnare, o meglio, far capire ai ragazzi i valori che lo sport può trasmettere; perché questa attività ti insegna a stare con gli altri, a prefiggersi degli obiettivi e poi faticare per raggiungerli, insegna a rispettare le regole e gli avversari, insegna quei valori e quei punti saldi che aiutano nella vita di tutti giorni e permettono di vivere come membro attivo della società.

21 dicembre 2008

CONVEGNO SUL CALCIO GIOVANILE DI VERZUOLO (CN)

UN CONFRONTO IMPORTANTE TRA SCUOLE CALCIO EUROPEE
LUNEDI’ 24.11.2009 VERZUOLO-CUNEO
Il rischio per noi istruttori che operiamo nell’attività di base è quello di fossilizzarsi in metodi, in contenuti e in proposte che poi con l’andar del tempo diventano obsoleti. Come fare allora per essere sempre aggiornati e pronti a soddisfare le motivazioni dei nostri allievi? Sicuramente una delle cosa da fare è quella di auto-aggiornarci e documentarci su nuove metodiche o su proposte per mezzo di libri, riviste come “IL NUOVO CALCIO”, CD, DVD e chi più ne ha più ne metta. Ma da un po’ di tempo mi sono reso conto che uno dei modi più efficaci è quello del confronto con altre esperienze o addirittura con altre culture a volte non solo calcistiche. Ecco che quando mi invitano a partecipare ad una giornata di confronto di metodologie di allenamento corro con entusiasmo e curiosità. Così ho fatto quando l’amico Ermanno De Maria responsabile della scuola di perfezionamento calcistico ASD Excellent e allenatore dei Pulcini del Torino F.C. mi ha invitato per lunedì 24 novembre presso il centro sportivo di Verzuolo ad UNA GIORNATA DI DIVULGAZIONE DELLE METODOLOGIE DI ALLENAMENTO RIVOLTE AL SETTORE DELLA ATTIVITA’ DI BASE. Le società presenti, qui di seguito presento l’elenco delle società con i corrispettivi relatori, erano davvero prestigiose ed importanti nell’elitè del panorama calcistico europeo.
SOCIETA’ E RELATORI
AIAX DI ASTERDAM
MICHEL KREEK

ESPANYOL DI BARCELLONA
ISAAC GUERRERO HERNADEZ

F.C. INTERNAZIONALE
G. RUSCA S. BELLINZAGHI

A.S. ROMA
MARCO ROSA

F.C. TORINO
SILVANO BENEDETTI

La giornata è stata così organizzata:
· Dalle 15.00 alle 18.00 la parte pratica. Ogni relatore, contemporaneamente agli altri, ha esposto sul campo in sintetico di Verzuolo (Cn) due sessioni di allenamento di un’ora e mezzo l’una. A disposizione aveva un gruppo (12 ragazzi) gli allievi della scuola calcio A.S.D. Excellent di Verzuolo;
· Dalle 20.00 alle 23.00 presso il Salone d’Onore della Città di Cuneo si è svolto il dibattito-confronto sul tema: “NUOVE METODOLOGIE DI ALLENAMENTO APPLICATE ALL’ATTIVITA’ CALCISTICA DI BASE”. Il moderatore della serata è stato il noto giornalista Paolo Bargiggia.


Alla giornata hanno partecipato circa cento tra allenatori, responsabili tecnici e dirigenti di società. Questi si sono dimostrati particolarmente interessati sia alla parte pratica sia a quella teorica, molti infatti sono stati gli interventi sia sul campo sia in aula. Io oltre a preoccuparmi di esprimere il nostro lavoro al meglio mi sono interessato, soprattutto sul campo delle proposte dei colleghi. Ecco, prese dai miei appunti, le esercitazioni , secondo me più significative dei vari relatori.

30 ottobre 2008

MIO FIGLIO DIRA' DI NO?

MIO FIOGLIO DIRA’ DI NO?
Caro Presidente della Repubblica Italiana GIORGIO NAPOLITANO
Sono un padre di famiglia, ho cinquant’anni e vivo a Milano. Come tutti i buon padri di famiglia di questa bella ITALIA non vedo l’ora che tutte le sere venga il momento della cena per ritrovarmi di fronte tutta la mia splendida famiglia. Siamo in quattro: io, mia moglie e i miei due splendidi figli (un maschio e una femmina). La “bimba”, per me lo rimarrà sempre, ha 25 anni fa l’università e ha quasi finito si sta specializzando in informatica. La sua voglia di far bene le si legge nei suoi bellissimi occhi verdi, che per fortuna sua ha preso dalla mia splendida consorte. È tranquilla, studia, aiuta la mamma nelle faccende di casa e si vive una bella storia d’amore con un suo coetaneo. Quando penso a lei sto tranquillo, sono sereno, sono sicuro che il suo futuro farà la gioia del suo papà. Poi c’è lui il mio giovane figlio maschio. Ha 16 anni, fa la terza liceo con buoni risultati e non perché è mio figlio (questa è una frase di mia madre quando parlava di me) ha una intelligenza brillante. Ha un’energia traboccante che mette in tutto ciò che fa! Caro Presidente in lui vedo la mia voglia di cambiare il mondo, la voglia di essere protagonista della vita di questa società.
Ieri sera mentre si stava cenando se ne esce, così come fanno i giovani senza prepararti senza introdurre l’argomento, con questa frase: “domani vado in centro a manifestare contro la riforma della scuola, vado a urlare che non ci sto!” Io e mia moglie ci siamo guardati in faccia e ci siamo trasmessi a vicenda un senso di preoccupazione. Signor presidente nostro figlio ha solo sedici anni e non conosce ancora la cattiveria della faziosità, la vigliaccheria della provocazione, vive tutte le cose che fa molto spontaneamente credendoci fino in fondo e Noi abbiamo il timore che lui possa entrare in qualche dinamica che qualche “provocatore pronto a tutto” abbia vigliaccamente già premeditato. Siamo preoccupati signor Presidente. Questa paura ci ha portati a consigliargli di starsene a casa o di andare a scuola a seguire le lezioni di quei professori che non hanno scioperato. Può ben immaginare la reazione di nostro figlio. Ci ha tacciati di reazionari (a me reazionario!), che siamo vecchi senza più speranze, senza più futuro e che lui sarebbe andato alla manifestazione con o senza il nostro permesso. Cosa rispondere? Da una parte mi sentivo offeso per tutti quegli improperi, dall’altra ero orgoglioso di avere un figlio che vuol dire la sua e che soprattutto vuol dire NO quando c’è qualcosa che non gli sta bene.
Mentre Le scrivo Lui sta manifestando ed io ho il cuore in subbuglio e quasi in gola. Scrivo e mi rivedo circa trent’anni fa: ero giovane, spensierato, mia moglie dice bello (mah?)e soprattutto pieno di ideali, progetti e speranze e anch’io manifestavo. Ricordo che in una manifestazione mentre urlavo slogan contro tutto e tutti si avvicinò a me un giovane con due “sampietrini” in mano e mi disse:”dai lanciane uno anche tu, tiriamolo addosso a quei pulotti fascisti!” Mi ricordo come se fosse oggi , lo guardai intensamente e sdegnato gli risposi:”NO IO NON LO FACCIO”.
Caro PRESIDENTE la domanda che faccio a lei e che non mi ha fatto dormire questa notte è la seguente:” Mio Figlio riuscirà a dire di NO?”

Con Rispetto un padre in apprensione

30 settembre 2008

L'ALLENATORE DI CALCIO OGGI

In questi ultimi anni, la figura dell’allenatore ha assunto un ruolo molto complesso e ciò è dovuto soprattutto ai continui progressi registrati in ambito scientifico (metodologie d’allenamento), tattico ed organizzativo, all’invasione sfrenata di calciatori stranieri, l’introduzione della libertà di svincolo (legge Bosmann) ed i continui cambiamenti gestionali all’interno dei club. L’allenatore, in tutto questo contesto, deve rappresentare il punto di riferimento, quindi essere un tramite tra i giocatori e la società e, nello stresso tempo, rispettare le regole di programmi all’uopo discussi con la dirigenza. Deve in pratica guidare il gruppo, cercando di creare ed instaurare con le varie componenti un buon rapporto, sia in campo che fuori, mostrare consapevolezza e competenza nella propria funzione di guida, possedere una capacità professionale elevata, accompagnata da una forte personalità e, infine, possedere la necessaria esperienza. Proprio perché vi è una costante evoluzione calcistica, l’allenatore deve sempre aggiornarsi pur portandosi dietro importanti esperienze maturate in passato, positive o negative che siano. Quanto tempo è passato dal vecchio “Metodo di Pozzo” che portò l’Italia alla conquista di due titoli mondiali! Si è passati da un calcio “champagne” dei vari Sivori, Rivera, Suarez e Corso, che con i loro tocchi di classe infiammavano le platee, ad un calcio senza anima, frutto di duri e rigorosi allenamenti e di continui esasperanti moduli tattici che non lasciano più spazio alla creatività, all’estro e alla fantasia. Oggigiorno, l’allenatore deve inoltre operare con una equipe di persone competenti (preparatore atletico, allenatore in seconda,medico, psicologo, massofisioterapista etc.) e con loro lavorare all’unisono. La personalità dell’allenatore è la capacità di confrontarsi e migliorarsi per tener compatto il proprio gruppo. Caratteristiche importanti sono: la valutazione, l’osservazione, la creatività ed una certa dose di autocritica. Tenere un comportamento irreprensibile, badare a formare con attenzione un ambiente pulito, allontanare le possibili critiche dopo qualche risultato negativo, trovare soluzioni ideali per fare coesistere le varie diversità che derivano da fattori quali: educazione, affetto, ambiente, cultura, civiltà ed alimentazione. Una dote importantissima è quella di non tradire mai se stesso e la propria filosofia, essere cioè convinto dei propri mezzi, mostrando fermezza circa la scelta degli undici da mandare in campo, comportandosi in modo razionale e con psicologia per riuscire a cogliere, nel modo di comportarsi dei giocatori, sintomi dei loro problemi senza tuttavia dare mai l’impressione di voler entrare all’interno della privacy di ognuno. Senza queste necessarie premesse metodologiche, si correrebbe il rischio di fallire, sia nei risultati, sia nell’immagine della propria credibilità, creando all’interno del gruppo insanabili fratture assai difficili da ricomporre. Altro concetto importante è quello riguardante l’identità personale e l’autostima che ci dà la consapevolezza di essere in grado di capire le nostre reali potenzialità in base alle esperienze positive conseguite nel corso degli anni ed essere quindi in grado di combattere e vincere le difficoltà che ci si pongono davanti. Parimenti l’allenatore deve essere in grado di mostrare competenza ed autonomia di giudizio, accompagnata però da semplicità e chiarezza comunicativa, per realizzare un rapporto di empatia basato sull’ottimismo.

11 settembre 2008

ECCO IL MIO NUOVO LIBRO


Autore: Giuliano Nerio Rusca
Titolo: Pierino's bar
STARRYLINK EDITRICE
Collana BorderLine
Genere: Racconto umoristico
Il breve romanzo è dedicato all’omonimo bar che l’autore ama frequentare quotidianamente, esso si anima delle presenze che egli incastona sapientemente ed in modo esilarante nelle sue mura: la Carmen , Ambrogio, il Pierino, il Pasquale, la Luci a , l’Alberto, la Gina , avventori che affascinano e divertono per le loro strambe e abitudinarie vite. Il Pierino’s bar diventa collante tra persone che hanno in comune una genuina, divertente, semplice ma istrionica visione della vita. I litigi, le partite, gli amori, gli scherzi e i discorsi tipici di un bar sono riportati con una sorta di registrazione neorealista in presa diretta, che si impreziosisce dell’affetto sincero verso gli avventori che l’autore trasmette.Un libro che è un tributo all’amicizia ed alla vita che scorre nel bar di Pierino.


Per acquistare il libro seguire questo percorso:
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26 agosto 2008

LE 4 S DELL'ALLENATORE

Oggi, agli istruttori sportivi vengono richieste 4 S.Vediamole:
1 SAPER ESSERE: coerenza 2 SAPERE: competenza 3 SAPER FARE: abilità personale (tecnica e tattica) 4 SAPER FAR SAPERE utilizzo del giusto stile comunicativo.
Il SAPER ESSERE è un concetto che viene ricondotto alla sfera della leadership. Negli articoli precedenti, abbiamo sottolineato il vero senso del leader. Leader è chi dà l’esempio, chi sa gestire le proprie emozioni, chi sa far emergere le potenzialità di chi guida, chi resta coerente, nell’atteggiamento mentale e comportamentale) con la propria scala valori. Essere coerenti significa avere una chiara visione di se stessi e degli altri; aver stabilito la propria missione ed i propri obiettivi in relazione agli atleti che si guidano.
Il SAPERE, diventa determinante in ogni nostra attività, a maggior ragione quando per attività si intende l’insegnamento. Credo sia impossibile insegnare agli altri qualcosa che si ignora… non siete d’accordo?La formazione continua e aggiornata dovrebbe essere uno dei principali obiettivi dell’allenatore.
SAPER FARE: ammettiamo di essere un istruttore di basket e di non saper fare la “presa” della palla… va bene che c’è un detto che recita più o meno “chi non sa fare, insegna”, ma personalmente lo trovo impossibile. L’istruttore si trova spesso, e in una buona seduta di allenamento lo dovrebbe sempre fare, a far vedere ai ragazzi l’esercizio, il tiro, il singolo gesto tecnico. Se dimostra per primo di non possedere queste abilità, la relazione che cerca di instaurare con il gruppo accusa un vero scossone ed i ragazzi avranno poca fiducia nei suoi confronti.Possiamo essere coerenti, competenti e abili ma se non sappiamo comunicare, trasmettere, tutte le informazioni che possediamo agli altri, il nostro lavoro di istruttori sarà vano.Oggi, più che mai, nel mondo dello sport si parla di “comunicazione” dell’allenatore, ed in effetti il ponte di collegamento tra l’insegnamento e l’apprendimento è proprio la comunicazione.Pensate, allora, quanto immenso può essere il potere della comunicazione.SAPER FAR SAPERE implica l’utilizzo del giusto stile comunicativo. La comunicazione è una vera e propria azione, che come tale produce delle conseguenze, l’importante è che le sue conseguenze siano positive.

25 agosto 2008

L'ALLENATORE POSITIVO

  • 10 POSITIVE Things That Coaches Do: 10 cose positive che l'allenatore deve fare:

  • Have realistic expectations. Nutrire aspettative realistiche
  • Always including fun in the sport. Sempre, sempre mettere in risalto il divertimento nello sport
  • Obtain appropriate training for the sport. Ottenere una formazione adeguata per lo sport
  • Allowing injured players ample time to recuperate. Consentire il giusto recupero ai giocatori
  • Having the desire to win, but enjoying the improvement of players/team. Avere il desiderio di vincere, ma godere del miglioramento dei giocatori e della squadra
  • Maintaining communication with parent. Mantenere la comunicazione con i genitori
  • Knowing what is abuse and how to prevent it. Conoscere ciò che è l’abuso di farmaci e SAPERE come evitarlo
  • Accepting the performance of referees and officials, Accettare le prestazioni di arbitri e funzionari
  • Having respect for the game. Avere rispetto per il gioco e le sue regole
  • Knowing the difference between outcome goals versus performance goals. Conoscere la differenza tra i risultati e il rendimento

02 agosto 2008

L'ORGANIGRAMMA DEL SETTORE GIOVANILE 2008/09 DELL' F.C. INTERNAZIONALE

Settore Giovanile F.C. INTERNAZIONALE: ecco la nuova squadra
Venerdì, 01 Agosto 2008 18:25:17

MILANO - Una squadra vincente non si cambia, ma si rinnova. È una squadra vincente il Settore Giovanile di F.C. Internazionale diretto da Piero Ausilio (nella foto con Ernesto Paolillo, amministratore delegato e direttore generale): lo dimostrano la consecutività dei successi negli anni (nella passata stagione il Torneo di Viareggio con la Primavera e lo scudetto con gli Allievi), il prestigio nazionale e internazionale, le 'promozioni' conquistate sul campo, non solo per quanto riguarda i calciatori, visto che oramai è una felice tradizione il trasferimento in prima squadra di ragazzi che si sono formati al centro sportivo "Giacinto Facchetti" di Milano (Davide Salton, Alberto Gerbo, Luca Caldirola gli ultimi esempi). Infatti, tra i successi del Settore Giovanile nerazzurro, si devono contare anche i passaggi in prima squadra, nello staff tecnico di Josè Mourinho, di Giuseppe Baresi (vice allenatore) e Daniele Bernazzani (assistente tecnico). I cambiamenti hanno portato all'assegnazione per Vincenzo Esposito, tecnico della Primavera, di un incarico ancora più formativo e completo, ovvero quello di coordinatore dell'aria tecnica, e l'ingresso di due nuovi allenatori, Nunzio Zavettieri e GianMari Corti. Da segnalare anche la creazione di un'area riservata per le scuole calcio estere che avrà come responsabile Marco Monti, che ha lasciato il ruolo di vice-allenatore della Primavera ad Antonio Manicone.
Eccola, allora, la nuova squadra del Settore Giovanile di F.C. Internazionale:
DIRETTORE SETTORE GIOVANILE: Piero Ausilio;
COORDINATORE ARIA TECNICA: Vincenzo Esposito;
RESPONSABILE ARIA RICERCA SELEZIONE: Casiraghi Pierluigi;
COORDINATORE OSSERVATORI: Giuseppe Giavardi;
RESPONSABILÈ ATTIVITA DI BASE: Roberto Samaden;
RESPONSABILE TECNICO SCUOLE CALCIO ESTERE: Marco Monti.
Allenatori squadra per squadra:
PRIMAVERA: Vincenzo Esposito / 2° Antonio Manicone;
ALLIEVI NAZIONALI: Nunzio Zavettieri;
ALLIEVI REGIONALI: Paolo Tomasoni;
GIOVANISSIMI NAZIONALI: Salvatore Cerrone;
GIOVANISSIMI REGIONALI: GianMario Corti;
ESORDIENTI A: Stefano Bellinzaghi;
ESORDIENTI B: Michele Ravera;
PULCINI A: Giuliano Rusca;
PULCINI B: Fabio Pesatori - Gianni Vivabene;
PULCINI C: Paolo Migliavacca - Bruno Casiraghi.

22 luglio 2008

AL PIERINO' BAR: OGGI SI PARLA DI TASSE

AL PIERINO’S BAR SI PARLA DI TASSE

È una giornata di luglio calda, caldissima anzi di più bollente, come il caffè che sto bevendo qui al Pierino’s Bar. Come tutti i giorni nel locale si sta discutendo e l’argomento oggi è scottante (come il caffè): LE TASSE! Tutti si sentono coinvolti e tutti vogliono dire la loro e ne viene fuori un dibattito-show alla Pierino’s Bar che è un misto tra il “processo di Biscardi”, “oggi al Parlamento” e “zelig”. Il conduttore dello Show è il Pierino. Nel Bar, per l’occasione, ci si è divisi come in Parlamento: al centro il Pierino seduto sul suo sgabellone rinforzato; a destra il Pericle (tesserato della lega-nord con immancabile fazzoletto verde nel taschino della camicia) e il Pier (accanito sostenitore del Cavaliere, vestito di tutto punto con un doppio petto di ordinanza che lo fa grondare di sudore, visto che nel locale ci saranno 30 gradi e non c’è l’aria condizionata); a sinistra l’Adelmo (comunista tosto e convinto, lui si dichiara una via di mezzo tra il CHE e il Bertinotti prima maniera) e il Marco (ex figlio dei fiori e oggi sostenitore del: “volemmose bene finchè ce conviene); tra i due schieramenti e di fronte al Pierino ci sto io che oggi ho deciso di fare da spettatore neutrale. Il “pallino” ce l’ha in mano il Pierino, che a suo modo, sta esponendo la difficile situazione economica che sta attraversando il paese, con un esempio del tutto personale che io riporto fedelmente: “…in co sunt andà in banca e per fa i solit rob ho pagà des euri pusè de tass –uè signori ho detto ben dieci euri (lui dice sempre euri) in più- se andem avanti inscì sem adrè andà tucc in busa!!” Sul carro della protesta ci sale subito l’Adelmo che interviene dicendo sarcasticamente: “ma non ti preoccupare Pierino, adesso ci pensa il CREATIVO! Ci penserà Il nostro nuovo Ministro delle finanze a mettere a posto i conti economici della nostra nazione con la ROBIN-NUDDa Tax, cioè con una tassa che non toglierà nulla ai ricchi e non darà nulla ai poveri una TASSA che non farà proprio “NUDDA” non so se mi spiego!?”
Ecco allora che l’ala destra si fa sentire e l’intervento è del Pericle: “ si si fai lo spiritoso, intanto la Robinhood-tax toglierà dei soldi a chi ha guadagnato di più in questo periodo, vedi i petrolieri, e ridistribuirà le risorse ai più bisognosi”. Marco, con la flemma dell’attore navigato, prende posa e parola e tra il serio e il faceto dice: “ a parte che la soluzione mi sembra un po’ troppo semplice per una situazione così complessa ed articolata come è quella dell’economia del nostro paese. Ma vorrei lanciarvi un’ulteriore provocazione consigliando al nostro Ministro delle Finanze alcune tasse da proporre nella nuova finanziaria: a) la Zorro-tax b) la SuperEroi-Tax c) la San Francesco-Tax
Non male no!?” risata generale!! Anche il Pierino accenna ad un sorriso che fa rientrare subito per rispetto delle parti, per ripartire poi più serio ed incisivo di prima: “de quand gh’è mond a gh’hin stàa de tassazion suj robb pussèe svarià de vegnin magon e quel che fa dispett al contribuent a l’è savè che gh’hin quej che paghen nient e quei che conte l fisco franca la fan in despresg di cà, terren, titoj che gh’han. De l’iniquità de la legg sora j tass a gh’emm la gran libertà de lamentass!!”(Il Pierino è veramente ispirato da questo tema, il suo intervento sembra una poesia) A questo punto interviene subito il Pier con un: “Ma mi consenta Pierino, condivido l’idea che tutti paghino le tasse, ma cribbio e ribadisco cribbio non così tante e in così alta percentuale, e no!! e no eh!! Questo proprio no!!” Il Marco non perde tempo e soprattutto non perde l’occasione di fare un’altra battuta: “Niente tasse e arrangiatevi all’insegna del liberismo più bieco…ritorniamo alla legge della giungla” il Pier risponde quasi stizzito e minaccioso: “fai lo spiritoso, fallo pure intanto noi dico NOI metteremo a posto l’Italia!” all’Adelmo non sembra vero, il Pier involontariamente gli ha servito un assist, si alza e esibendo un saluto romano clamoroso grida: “A NOI!!” Si scatena il putiferio, il volume delle voci si alza, nessuno ascolta nessuno e in compenso tutti parlano, è confusione vera!! Il Pierino a questo punto lanciando un urlaccio con la sua voce potente e profonda crea silenzio nel locale: “ MI HA GOO QUAICOSS DA DI’(urla)!! Calma , calma fieò chi la situation lè disperada e alura bisogna applicà quel chel diseva el me NONU- la famiglia quand la gà i problem la ga da sta UNIDA e ognun el ga de dà quel chel po’ dà. Duma inscì se peu vegni fora dai casin!!- CAPITO!?”
La calma è tornata al Pierino’s Bar, tutti sembrano cercare di riflettere sulle parole del Pierino, il quale mi guarda tutto soddisfatto. Io lo guardo pieno di orgoglio per le sue parole e di gratitudine per l’ennesima lezione di vita e poi rivolgendomi a tutti dico: “IL PIERINO HA SEMPRE RAGIONE!!”(o quasi sempre).

30 giugno 2008

"EL NINO"

IO QUELLO LO CONOSCO…”
L’allenatore di settore giovanile trova le motivazioni per vivere la sua “missione” in piccole e fugaci soddisfazioni. Queste vanno dalla semplice vittoria di una partita, al saluto deferente dei suoi ragazzi accompagnato dal sostantivo “MISTER”. Vedersi al centro dell’attenzione dei suoi giovani è quello che più lo soddisfa e lo realizza. Ci sono nella carriera di ogni “MISTER” però dei momenti particolari. Infatti a turno ad uno di loro è concesso, come premio una tantum, di usare o meglio di fregiarsi della frase fatidica:
“IO QUELLO LO CONOSCO…”
È una frase che l’allenatore di settore giovanile rivolge quasi a se stesso per individuare un giocatore che è diventato famoso e che Lui ha conosciuto o come proprio allievo o come rispettabile e temibile avversario.
Ieri sera, e lo dico con orgoglio, è toccato a me! La frase l’ho pronunciata Io e l’ho detta dopo che Fernando Torres (si proprio lui il NINO) ha fatto gol nella finale del campionato europeo per nazioni contro la Germania facendo diventare la Spagna CAMPIONE D’EUROPA.
Sento già i vostri “SI SI …” che esprimono diffidenza ed incredulità. Mio figlio di sedici anni, l’ho vista con lui la partita, si è spinto sino alla presa in giro: “BOMBA PAPA’, questa volta l’hai sparata grossa!” Si, Si continuate con i vostri: “SI-SI” questa volta di assenso per la battuta di mio figlio, ma “IO QUELLO LO CONOSCO” e ve lo dimostro:
Allora allenavo sull’altra sponda del naviglio cioè ero al Milan (per la cronaca ora alleno all’F.C.INTERNAZIONALE) e mi trovavo in Spagna, precisamente nella cittadina di Brunete, che dista una trentina di chilometri da Madrid, per partecipare al Torneo internazionale di futbol a 7 per Alevin (under 12). Al torneo partecipavano società prestigiose come: il REAL MADRID, il BARCELLONA, la STELLA ROSSA DI BELGRADO, il MANCHESTER, l’ATLETICO DI MADRID, l’ATLETICO DI BILBAO e il SIVIGLIA. Il torneo era diviso in due gironi e le vincenti dei gironi facevano le finali per il primo e il secondo posto, mentre le seconde dei gironi facevano la finale per il terzo e il quarto posto. Ma torniamo ai fatti! Alla prima partita ci tocca l’Atletico di Madrid e questa ci viene presentata come una delle squadre più forti del torneo. Non basta, dieci minuti prima di iniziare la partita l’accompagnatore, che l’organizzazione mette a disposizione alle squadre per i problemi logistici, si avvicina e mi sussurra all’orecchio,in un misto italian-ispanico, le seguenti parole: “ Senor Entrenador el nino con la camiseta numero siete è mas fuerte!fare attencion” In quel momento la mia risposta assomigliò al vostro diffidente: “SI-SI…” La partita fu tutto un gridare: “attenti al sette, non far girare il sette, prendi il sette…accidenti al sette…” in poche parole il NINO con la camiseta numero siete ci ASFALTO’ con due gol e perdemmo quattro a tre che per ironia DELLA SORTE FA SETTE! Dopo anni ricordo ancora così bene quella partita soprattutto le azione del caschetto biondo con la camiseta numero sette. Anche perché finito il torneo mi feci mandare da CANAL-PLUS, che riprendeva e trasmetteva in diretta tutte le gare, una video-cassetta dove sono impresse le immagini del “mio” 4-3.
Il NINO già a dodici anni era il più forte, già a dodici anni aveva uno scatto da “RE”, gia a dodici anni aveva un fiuto del gol eccezionale e già a dodici anni mi faceva dire:
“Io un giorno per questo numero sette pronuncerò la fatidica frase-
IO QUESTO LO CONOSCO…

18 giugno 2008

AL PIERINO'S BAR: PIERINO IL MASCHILISTA

E' giovedì e come tutti i giovedì che manda nostro signore sulla terra al mio paese c'è il mercato. Si ma no un mercato normale, un mercato...mercato! Un mercato insomma dove le bancarelle non sono bancarelle normali , sono bancarelle...bancarelle! Allora ricapitoliamo: al Giovedì al mio paese c'è il Mercato con delle Bancarelle e la gente va a comprare, si ma non va a comprare così semplicemente...va a Comprare! STOP! iniziamo sul SERIO il racconto!!
E' giovedì e al mio paese è giorno di mercato. Il paese si rianima e tutti sembrano colpiti da una improvvisa malattia: IL COMPRARE! (va un pò meglio, proseguiamo).
Casalinghe, pensionati, impiegati e lavoratori escono chi dalle proprie abitazioni, chi dalle fabbriche o dagli uffici, alle ore del mattino più diverse, e si recano al mercato a celebrare IL COMPRARE. Comprano di tutto e di più soprattutto cose inutili, l'importante è comprare,
IL COMPRARE!
Il mercato al mio paese è situato...provate ad indovinare come si chiama la piazza? Dai un piccolo sforzo...dai che ce la fate...si si avete indovinato si chiama LA PIAZZA DEL MERCATO! (che fantasia eh?) Il Pierino's Bar, che si trova a cinquecento metri dalla piazza, al giovedì beneficia di questo traffico di gente popolandosi fino all'inverosimile, soprattutto del genere umano femminile. Il Pierino diventa insofferente tendente all'IDROFILO, come direbbe il Pasquale per dire IDROFOBO. Questa sua metamorfosi avviene per due motivi: primo perchè aumenta il numero di clienti e così Lui deve lavorare di più! (poverino deve battere più scontrini!); secondo motivo la presenza massiccia del genere femminile lo fa agitare e gli fa compiere dei movimenti in più cioè alza il volume della radio, apre la porta vetro del bar e spalanca le finestre rendendo il bar la sede sociale della ROSA DEI VENTI per le bufere che si creano all'interno dello stesso. Il Pierino non è certamente uno dei padri fondatori del movimento femminista, tutt'altro, nella sua filosofia l'uomo inteso come maschio è al centro di ogni attenzione. La donna, per Lui, è colei che al massimo può diventare simile all'uomo attraverso "l'ammanestramento", come direbbe il Gavino per dire l'ammaestramento. Secondo sempre il suo vangelo le donne non dovrebbero prendere alcuna decisione autonoma e dovrebbero addirittura prestare dupplice voto di obbedienza, nella famiglia di origine nei confronti del padre e nel matrimonio nei confronti del marito! BUM-BUM
Il Pierino ebbe a suo tempo la sfortuna di esporre questa teoria alla presenza della CATERINA la parrucchiera del paese, che oltre ad essere famosa per le sue pieghe cotonate anni sessanta è famosa per essere una sessantottina femminista. La Caterina è una donna onesta, spontanea e piena di energia, non sta mai ferma ne con le mani ne con il cervello. E' una donna di buon livello culturale spigliata e disinvolta non gli fa paura nulla e soprattutto nelle discussioni non si fa mai dico e sottolineo MAI mettere sotto. Potete immaginare la sua reazione alle parole del Pierino sulla sua auspicabile situazione femminile! Reagì in modo quasi violento aggredendo il Pierino con una serie di insulti dai quali ricordo un neologismo che la Caterina inventò per l'occasione: definì il Pierino uno: "SCEMASCHIO". Ma non si limitò a quello, in quel frangente la Caterina diede il meglio di se con queste parole:"caro il mio SCEMASCHIO voglio esprimerti tutto il mio dissenso per mezzo di un anatema di SAFFO -L'uomo che non riconosce la grandezza femminile lo colgano i venti e le sciagure!!"
Il Pierino incassò il colpo, stette zitto per ben 10" e poi replicò così: "ma che ANATOMIA E ANATOMIA DEL SAFFO chi ghe dumà da dì una roba chi dis dona el dis dan!" La Caterina,che aveva compreso la frase, rossa in volto guardò il Pierino come se volesse mangiarselo e disse, puntandogli contro il dito indice arrivando a mezzo metro dal suo nasone:" TU TU non sei solo uno SCEMASCHIO sei anche un INSACCATO DI MINCHIATE!!" La caterina infilo l'uscita senza voltarsi e andandosene minacciò di non ritornare più in quel bar di maschilisti.
Il Pierino mi guardò negli occhi, forse cercando solidarietà maschile ma trovò nelle mie pupille quello che già sapeva...abbassò il testone e sottovoce disse:"mi el giovedì el supporti NO!"

04 giugno 2008

CAPACITA' DI ANALISI E SINTESI

Capacità di analisi e sintesi


Per capacità di analisi e sintesi si intende l’abilità del soggetto di comprendere un problema in profondità e nelle sue varie sfaccettature, prima analizzandone i vari aspetti, poi ricomponendoli in una visione unitaria e globale.
I due processi dell’analisi e della sintesi devono essere equilibrati tra loro. La sola capacità analitica, infatti, mette in grado di sviscerare fin nei dettagli e nelle sfumature ciò che si prende in esame, col rischio però di rimanere ad una visione frammentaria e parziale delle cose.
La capacità di sintesi, viceversa, non equilibrata con quella analitica, può portare ad associare in modo rapido e brillante i concetti tra loro, giungendo velocemente ad una visione dei problemi globale ma superficiale, perché si trascurano particolari importanti.

28 maggio 2008

FRASI CELEBRI

Le vere domande che mi scombussolano non sono quelle dei giornalisti,
ma quelle che continuo a farmi io.
ENZO FERRARI

08 maggio 2008

FRASI CELEBRI

Il metodo migliore per insegnare il calcio a un bambino non è proibire ma guidare.
Johan Cruyff

ALLENATORI VERI COMUNICATORI

ALLENATORI VERI COMUNICATORI
Nereo Rocco allenatore Milan '60Trasferta francese per il Milan di Nereo Rocco."Bonjour Monsieur Rocco, mon ami".E lui: "Mona a mi? Mona a ti e anca testa de gran casso!"
ALTRA FRASE CELEBRE:"Ragazzi Colpite tutto quel che si muove a pelo d'erba. Se è il pallone, meglio..."
Una volta Nereo Rocco all'Appiani ( Vecchio Stadio di Padova), in allenamento, ordinò a due giocatori del Padova di saltare in groppa a Blason e poi disse: "Rebus, citta' abruzzese, sette lettere". Nessuna risposta. E il paron, lapidario: "Sulmona"

22 aprile 2008

IL CONFRONTO TRA LA PEDAGOGIA TRADIZIONALE E LA PEDAGOGIA ATTIVA

IL CONFRONTO TRA LA PEDAGOGIA TRADIZIONALE E LA PEDAGOGIA ATTIVA
L’attenzione è focalizzata sull’apprendimento del discente piuttosto che non sull’insegnamento da parte del docente e gli oggetti del contratto pedagogico non sono, come nel caso della pedagogia tradizionale, i temi di insegnamento, quanto piuttosto gli obiettivi di apprendimento (e cioè le competenze, le abilità concrete...) secondo lo schema seguente:
PEDAGOGIA TRADIZIONALE
Insegnare
Docente
Temi di insegnamento
Esami
PEDAGOGIA ATTIVA
Apprendere
Discenti
Obiettivi di apprendimento
Valutazione della performance degli obiettivi

21 aprile 2008

I RUOLI IN CAMPO

I RUOLI IN CAMPO
Quando si ha a che fare con le prime categorie della Scuola Calcio, risulta evidente a tutti, anche all’occhio dei principianti, quello che io definisco il modulo “sciame d’api”. Questo consiste nell’accentrarsi tutti (portieri esclusi) nella zona della palla, dove si viene a creare una mischia furibonda in cui l’unica soluzione per raggiungere la rete rimane quella di avanzare palla al piede, senza naturalmente cederla a nessuno, puntando la porta avversaria. Tutti gli altri a loro volta proveranno a conquistarsela con iniziative personali, senza un logico movimento ed ecco che si viene a creare “il mischione”. Questa caratteristica si riscontra anche nel primo anno dei Pulcini. Dobbiamo premettere che tipico dei bambini di quest’età è l’egocentrismo, quindi il tenere palla e segnare un gol è la spinta ad essere protagonisti (tant’è vero che nove allievi su dieci vorrebbero giocare in attacco…). Ovviamente, bambini alle prime sperimentazioni, non possono essere a conoscenza dei principi tattici individuali (tab.1) e collettivi (tab. 2) di seguito illustrati.
Riporto una serie di errori grossolani che si compiono abitualmente:
- il possessore di palla guida la palla verso il difensore e non verso lo spazio libero;
- i compagni del possessore di palla si avvicinano alla sfera e non verso lo spazio, agevolando così l’azione del difensore;
- di conseguenza si compie l’entrata precipitosa del difensore verso il possessore di palla invece di mantenere una certa distanza;
- mancanza di profondità degli attaccanti;
- solitamente viene tutto a discapito della mancanza di ampiezza degli eventuali passaggi.
Dobbiamo far capire anzitutto che il calcio, vive di due principi fondamentali:
1) è uno sport di squadra
2) è soggetto a delle regole e ad una determinata organizzazione di gioco.
Per quanto concerne il primo principio bisogna “combattere positivamente” l’egocentrismo di ogni bambino ed insegnare ai propri allievi che ognuno è parte integrante di una “squadra”: per questo motivo la palla va passata ai propri compagni (senza tralasciare l’allenare la fondamentale proprietà dell’uno contro uno, per carità…) anche perchè all’ennesimo dribbling comunque ci sarà tolta e la tua azione risulterà inefficiente. In merito al secondo principio bisogna trasferire nei propri allievi concetti basilari: non bisogna correre tutti dietro la palla ma è più opportuno occupare lo spazio in un certo modo individuando la propria zona di competenza, le posizioni da tenere ed i movimenti in campo. Naturalmente al fine di ottenere una buona conoscenza dei concetti procederemo con gradualità nelle esercitazioni facendo in modo che i nostri allievi possano prima costruire e poi aumentare la propria autostima. Ma come possiamo insegnare tutto questo? Intanto possiamo proporre un classico due contro uno in un’area di 15×20 metri (fig.1), facendo capire così l’importanza di avvalersi di un compagno per superare l’avversario diretto, rispetto all’uno contro uno, magari utilizzando un dai e vai, un dai e taglia o una sovrapposizione diretta. Per insegnare questo all’allievo ‘ innamorato del pallone’, per esempio possiamo far disputare due mini-partite alla fine della seduta di allenamento con la condizione di giocare la palla con al massimo tre tocchi oppure con il gol valido solo se tutti i componenti della squadra hanno toccato palla almeno una volta. Per sviluppare invece l’obiettivo (prevalentemente tattico) dell’ampiezza, possiamo far disputare una partitella con sponde esterne, dove il gol è valido solo se l’ultimo passaggio (assist) proviene dalle fasce laterali (fig.2). Un altro esercizio che persegue il medesimo obiettivo è quello di far giocare una partitella con quattro porte laterali con la condizione di andare a segnare nella porticina opposta a quella che si difende. In questo caso andremo a sviluppare più precisamente il cambio di gioco sul lato debole. (fig.3). Se l’obiettivo che ci prefiggiamo di raggiungere invece è quello di far mantenere le posizioni in campo (in questo caso curiamo l’aspetto difensivo) possiamo proporre il seguente esercizio: i tre attaccanti devono portare palla a meta evitando l’intervento dei difensori i quali possono muoversi sui quattro quadrati dell’area di gioco ma difendere sempre solo uno alla volta su ogni quadrato (sempre a “L”). Grazie all’ausilio dei cinesini, possiamo far vedere i movimenti da effettuare a seconda della posizione del pallone, semplificando così la famosa “diagonale”. Il difensore laterale capirà che quando la palla è nella sua zona dovrà uscire in marcatura, mentre gli altri lo copriranno scalando in diagonale; quando invece l’azione si sviluppa sulla fascia opposta a quella di sua competenza, sarà lui a scalare andando a chiudere al centro.

ESRCITAZIONE 6 CONTRO 7

6 v. 7 — Beginning the practice
Two sets of training vests should be on hand and the balls placed in the goal. Field size should be 75 x 80 yards. One regular goal is placed on one end line and two target goals established at either side of the 80-yard line. Six attacking players work against seven players plus a keeper coming out of the back. Play starts with one of the attacking players taking a shot on goal. The keeper collects it or a ball from the goal and distributes to a wide back. As soon as this occurs, all six defenders get behind the ball. As the ball is on the way from the keeper, the outside midfielder (No. 11) on that side of the field moves forward to defend. If the attacker is not clean in controlling the ball or looks to play the ball back to his support, then the nearest striker (No. 9) looks to double team or press. If the player in possession cannot be highly pressured, the striker will take a position to cut out the back pass (Diagram I). If high pressure is "on," the second striker (No. 10) cuts out the possibility of a pass to the keeper or, if not, moves more centrally to zone the opponent’s central midfielder. The No. 6 player will push up if pressure is on or drop back to mark space otherwise. Likewise, No. 8 pushes up to compress play on the weak side while No. 7 looks to take a position that allows interception of a long diagonal pass.