Gianluca
Gianluca è un bimbo dagli occhi verdi molto grandi, curiosi e sospettosi. Guarda il pallone rotolare sul prato con un'attenzione particolare come se volesse contare il numero degli esagoni che ne avvolgono la superficie. Già si immagina campione di serie A, si vede giocare con i più grandi negli stadi più importanti. È ancora un Pulcino e gioca con i suoi piccoli amici. Vuoi mettere la bellezza di sfidarli tutti in interminabili uno contro uno in un allenamento vero? Vuoi mettere la bellezza di sfidarli su un campo regolamentare di calcio e non nel cortile di casa? Qui si che c'è soddisfazione! Qui si che c'è divertimento! Vuoi mettere fare un campionato vero con le magliette tutte colorate, contro degli avversari veri e alla presenza di un arbitro vero?
Tutto è iniziato così per Gianluca. Non pensava di certo, a otto anni, di entrare un giorno nell'almanacco dei giocatori della storia del calcio, di vincere scudetti e coppe dei campioni e di indossare persino la maglia della Nazionale. Suo padre gli aveva instillato la passione per il calcio. Alla domenica lo portava allo stadio di Como dove giocavano gli “azzurri lariani” e li si divertiva un mondo nel vedere quei lunghi passaggi dei giocatori che mandavano la palla addirittura a finire nelle acque del lago.
Il bimbo predilige correre dietro al pallone che perdere tempo a guardare gli altri che giocano e si divertono, così allo stadio lui si porta il pallone e gioca da solo, gioca e si diverte!
Viene notato da me mentre gioca nella squadre di Albate. È una giornata di Settembre giochiamo, io allora allenavo gli esordienti del Calcio Como, al comunale di Albate contro l'Albatese. Dopo dieci minuti vinciamo uno a zero e l'arbitro assegna all'Albatese un calcio di punizione, la palla è posizionata dall'arbitro a circa venticinque metri dalla nostra porta. Attorno alla palla si forma un cappanello di ragazzini da dove fuoriesce un piccoletto con la palla in mano, senza parlare la piazza per terra e indietreggia per prendere la rincorsa. Mi chiedo: “non vorrà mica tirare?” Tira! Parte la rincorsa, calcia di destro una "botta" incredibile che si insacca proprio all'incrocio. Gol uno a uno. Io e il mio accompagnatore il sig. Rustignoli ci guardiamo negli occhi e ci capiamo subito, questo è da seguire! Durante la partita lo osserviamo: è un centrocampista centrale, corre come un matto per tutto il campo e , per la sua età, ha un tiro micidiale. Ha poi un innato senso del gol, infatti dopo cinque minuti ci fa un altro gol! È deciso lo convochiamo per martedì ad Orsenigo! Il lunedì seccessivo il ragazzo viene preso e inserito nella squadra esordienti del Calcio Como, facendo poi tutta la trafila nelle giovanili e ottenendo i risultati sognati!
GIANLUCA ZAMBROTTA
Dotato di un fisico potente e resistente, è cresciuto nelle giovanili del Como e nei primi anni della sua carriera ha ricoperto ruoli offensivi come esterno di centrocampo o ala.
L'esordio nel mondo del calcio professionistico è avvenuto nel 1994 nella sua città natale. Zambrotta è rimasto per tre stagioni al Como, giocando in Serie B e in Serie C1.
1997-1999: Bari [modifica]
Nel 1997 è passato al Bari, dove a 20 anni ha esordito in Serie A il 31 agosto 1997 in Bari-Parma (0-2).
Con la squadra pugliese si è messo in luce sia per le sue ottime qualità tecniche che per le sue qualità tattiche. Nella formazione barese veniva impiegato da jolly d'attacco o da esterno di centrocampo. Zambrotta ha disputato 2 ottime stagioni con il Bari, tanto da guadagnarsi la chiamata in Nazionale e l'attenzione dei grandi club.[3]
1999-2006: Juventus [modifica]
Nella stagione 1999-2000, a 22 anni, è passato alla Juventus. Nel 2002 l'allenatore Marcello Lippi lo ha impiegato per la prima volta come terzino sinistro, e in seguito la scelta si è rivelata permanente perché Zambrotta si è espresso subito ad altissimi livelli,[4] diventando uno dei migliori interpreti del suo nuovo ruolo. Il suo controllo di palla in corsa, la sua abilità tattica, sia offensiva che difensiva, lo hanno fatto diventare un giocatore di livello mondiale in questo ruolo.
Sotto la guida di Lippi ha conquistato due scudetti (2002 e 2003). Nel 2003, dopo le grandi prestazioni in Serie A e in Champions League, dove ha perso la finale di Manchester ai rigori contro il Milan, è stato onorato con inserimento nella lista tra i contendenti al Pallone d'oro insieme ad altri compagni della Juventus.
Anche i due anni con Fabio Capello alla guida dei bianconeri, dal 2004 al 2006 sono stati molto proficui per Zambrotta, che ha vinto uno scudetto il primo anno e un altro sub-judice l'anno seguente per via di Calciopoli. A seguito delle decisioni della giustizia sportiva, tuttavia, il primo scudetto è stato revocato dalla CAF e il secondo assegnato all'Inter.
Il 21 luglio 2006, Zambrotta ha lasciato la Juventus a seguito delle vicende giudiziarie che hanno provocato la retrocessione della società torinese. A 29 anni ha deciso di andare a giocare in Spagna, acquistato dal Barcellona per 14 milioni di euro,[5] insieme al compagno della Juventus Lilian Thuram.[6]
Nel Barcellona è stato impiegato dal tecnico Frank Rijkaard prevalentemente come terzino destro. Ha disputato la prima partita con la nuova maglia il 13 agosto 2006 in amichevole contro i New York Red Bulls e ha esordito in partite ufficiali il 17 agosto 2006 in Supercoppa di Spagna nel derby con l'Espanyol, subentrando all'81° minuto a Puyol.[7]
Ha segnato il primo gol con la maglia blaugrana il 17 marzo 2007 in Recreativo Huelva-Barcellona 0-4[8] e si è ripetuto, sempre nella stagione 2006-2007 anche contro l'Atlético Madrid al Vicente Calderón, nella peggior sconfitta interna dell'Atlético (0-6),[9] e contro il Gimnàstic.
Durante la militanza nel Barcellona, nel dicembre 2006 è stato nominato presidente onorario del Como.[10]
Dopo un insistente circolare di voci di calciomercato durato per alcuni mesi, il giocatore ha lasciato il Barcellona il 31 maggio 2008 per approdare al Milan per la cifra di 9 milioni di euro più altri 2 nel caso in cui il Milan concludesse il campionato 2008-2009 almeno al terzo posto.[11][12]
Ha esordito in partite ufficiali con la maglia rossonera il 31 agosto 2008 in Milan-Bologna 1-2, prima giornata della Serie A 2008-2009. Il 21 settembre 2008 ha segnato il suo primo gol ufficiale con la maglia rossonera nel posticipo della terza giornata di campionato contro la Lazio, realizzando al 35° minuto il 2-1 per il Milan (4-1 il risultato finale).
Riflessioni sugli aspetti più importanti del settore giovanile calcistico.
11 settembre 2009
07 settembre 2009
PIX SCRIVE ALLA MADRE
Cara Madre,
avrei voluto salutarti meglio, avrei voluto parlare con te ma il tempo delle decisioni non me l'ha permesso. Avrei voluto e voglio dirti l’amore che ho nel mio cuore per te. Madre che mi hai messo al mondo è giunta l'ora di lasciarci e proprio in questo momento voglio dirti quanto ti amo.
Tu sei la Madre che mi abbracciava in ogni percorso della mia vita, mi prendevi per mano quando non sapevo dove andare e mi accompagnavi con la tua fermezza. Mi rialzavi tutte le volte che cadevo con quel sorriso così dolce che mi scioglieva il cuore e che faceva sembrare tutto più bello e semplice.Cerca di capire con il tuo grande cuore cara Madre il tuo avventuroso figlio, non è facile per me…lasciare il cuore di una madre che si strugge per suo Figlio che parte per sempre e mai tornerà. Soffro per il dolore che ti sto procurando, soffro per la sofferenza che ti arrecherà la solitudine, soffro perchè non si sentono le urla del mio cuore per te. Tu sei sempre lì con me, accanto a me! Tu Non mi lascerai mai, sarai sempre li in un angolo e mi guarderai, mi vedrai cadere e rialzare, mi vedrai sorridere, mi vedrai piangere e mi vedrai raggiungere traguardi e Tu, ne sono sicuro, farai il tifo per me…Hai reso la mia vita speciale con il suo amore, mi hai donato affetto e calore materno senza misura senza interesse e senza egoismo. Tu mi ami perchè sei mia Madre. Hai donato a me, al tuo figlio, tutto l'amore possibile, hai donato tutta te stessa e i tuoi sogni; a me hai sacrificato con gioia tutto quello che era necessario. Sei la stella della sera che brilla luminosa in cielo e mi rassicura sempre. La rugiada del mattino che accarezzerà il mio viso e mi donerà il sorriso mi ricorderà che esisti e che mi aspetti. Grazie Madre, quello che posso dirti è solo un umile grazie. Queste parole tienile per te e tienile sul cuore e quando avrai voglia di sentire l'amore che tuo figlio prova per te leggile e non ti sentirai sola.
Con tanto affetto Tuo figlio Pix”
avrei voluto salutarti meglio, avrei voluto parlare con te ma il tempo delle decisioni non me l'ha permesso. Avrei voluto e voglio dirti l’amore che ho nel mio cuore per te. Madre che mi hai messo al mondo è giunta l'ora di lasciarci e proprio in questo momento voglio dirti quanto ti amo.
Tu sei la Madre che mi abbracciava in ogni percorso della mia vita, mi prendevi per mano quando non sapevo dove andare e mi accompagnavi con la tua fermezza. Mi rialzavi tutte le volte che cadevo con quel sorriso così dolce che mi scioglieva il cuore e che faceva sembrare tutto più bello e semplice.Cerca di capire con il tuo grande cuore cara Madre il tuo avventuroso figlio, non è facile per me…lasciare il cuore di una madre che si strugge per suo Figlio che parte per sempre e mai tornerà. Soffro per il dolore che ti sto procurando, soffro per la sofferenza che ti arrecherà la solitudine, soffro perchè non si sentono le urla del mio cuore per te. Tu sei sempre lì con me, accanto a me! Tu Non mi lascerai mai, sarai sempre li in un angolo e mi guarderai, mi vedrai cadere e rialzare, mi vedrai sorridere, mi vedrai piangere e mi vedrai raggiungere traguardi e Tu, ne sono sicuro, farai il tifo per me…Hai reso la mia vita speciale con il suo amore, mi hai donato affetto e calore materno senza misura senza interesse e senza egoismo. Tu mi ami perchè sei mia Madre. Hai donato a me, al tuo figlio, tutto l'amore possibile, hai donato tutta te stessa e i tuoi sogni; a me hai sacrificato con gioia tutto quello che era necessario. Sei la stella della sera che brilla luminosa in cielo e mi rassicura sempre. La rugiada del mattino che accarezzerà il mio viso e mi donerà il sorriso mi ricorderà che esisti e che mi aspetti. Grazie Madre, quello che posso dirti è solo un umile grazie. Queste parole tienile per te e tienile sul cuore e quando avrai voglia di sentire l'amore che tuo figlio prova per te leggile e non ti sentirai sola.
Con tanto affetto Tuo figlio Pix”
02 settembre 2009
PIX 14
Pix sapeva che doveva da quell'istante attivare due procedure obbligatorie ed importanti per la sua sicurezza e per quella del Pianeta Terrax. La prima era quella di programmare il ritorno della navicella al Pianeta di provenienza; la seconda, la più complessa e la più dolorosa a livello affettivo, era quella della sua definitiva trasformazione in UMANO! Era già notte ed era molto stanco ma doveva mettersi al lavoro. La sua presenza era stata rilevata e lui sapeva benissimo quali erano i pericoli. Entrò nella CABINA DI PILOTAGGIO, inserì la chiave elettronica per azionare i comandi nell'apposita fessura, digitò il codice segreto sul computer di bordo e al segnale:-inserire coordinate di volo- digitò a sua volta la rotta che avrebbe dovuto eseguire la navicella per arrivare sul pianeta TERRAX. Pix guardò fuori dall'oblò e vide che attorno alla navicella si estendeva la boscaglia verde ed addormentata nell'estate terrestre. Il fruscio delle foglie echeggiava all'interno della navicella e il suono dei tasti accompagnava questo suono dolce e delicato. Gli alberi erano betulle che frusciavano al vento e mostrando i loro riflessi biancastri sembravano campanili di chiese romaniche. Pix impallidì e per un attimo si fermò a pensare: “Cosa sto facendo? Che ne sarà di me? È assurdo non doveva capitare!” gli sembrava di sognare, ma quella era la realtà che lui voleva e che aveva scelto e così continuò la procedura per la partenza della navicella. L'inserimento dei codici e delle coordinate portarono via circa due ore di lavoro, dopo di che Pix si diresse verso la cella di trasformazione. Era stremato, le gambe lo sorreggevano a stento e aprì con difficoltà la porta della cella. C'era un chiaro di luna che illuminava tutto l'interno dell'astronave, Pix aveva dovuto spegnere tutte le luci della navicella perchè così prevedeva la procedura. Entrò nella cella quadrata e silenziosa che era così ben insonorizzata che non lasciava udire altro suono che il suo respiro. Si sedette sulla poltrona e tutta la tensione fu messa da parte. Difronte a lui c'era la console di comando, iniziò ad emozionarsi quando sul monitor vide la dicitura- trasformazione definitiva in UMANO. Si la parola UMANO era scritta in maiuscolo ed era evidenziata in grassetto. Nella sua testa riprese a farsi delle domande: “Come? Come poteva avvenire tutto ciò? E perchè? A quale scopo?” lasciò che che ogni sorta di domanda cadesse nel vuoto come aveva fatto con le sue braccia un attimo prima di sollevarsi e schiacciare il tasto del VIA all'operazione trasformazione definitiva. Pigiò il comando, Chiuse gli occhi e la trasformazione in umano iniziò. Attese a capo chino, il suo cervello prese a sfornare immagini in un vortice sempre più profondo e largo e ad un tratto avvenne il tutto: ci fu una vampata di calore che percorse tutta la schiena e arrivò sino ai piedi, sembrava che avesse un gran fuoco tutto dentro al suo corpo. Le orecchie gli ronzavano e Pix sentì un dolore lancinante al capo e lanciò un grido. Senza rendersene conto e con un respiro affannoso si alzò, aprì gli occhi e guardò il monitor e lesse la seguente frase:
PROCEDURA ULTIMATA! ORA SEI UN UMANO!!
Uscì dalla cella e cercò subito l'uscita. Aveva solo pochi minuti per allontanarsi da quel posto, tra poco la navicella sarebbe partita con destinazione Terrax e lui doveva essere lontano da li per evitare le fiamme dei motori. Uscendo si diresse verso il bosco cercando di allontanarsi il più possibile, ma la stanchezza limitava i suoi movimenti rendendolo impacciato e lento. Il rombo dei motori della navicella iniziavano ad essere assordanti. Uscì dal bosco e si buttò a terra e poi ci fu un lampo che illuminò tutta la zona circostante. Si sentì un rombo fortissimo e alzò gli occhi al cielo appena in tempo per vedere la navicella che si stagliava verso il cielo notturno lasciandosi dietro una lunga scia di polvere bianca. Sorrise, la navicella era alta nel cielo e sicuramente sarebbe andata verso la rotta predestinata. Fece appena in tempo a vederla sparire nel iper-spazio e poi adagiò il suo capo per terra cadendo in un sonno profondo.
PROCEDURA ULTIMATA! ORA SEI UN UMANO!!
Uscì dalla cella e cercò subito l'uscita. Aveva solo pochi minuti per allontanarsi da quel posto, tra poco la navicella sarebbe partita con destinazione Terrax e lui doveva essere lontano da li per evitare le fiamme dei motori. Uscendo si diresse verso il bosco cercando di allontanarsi il più possibile, ma la stanchezza limitava i suoi movimenti rendendolo impacciato e lento. Il rombo dei motori della navicella iniziavano ad essere assordanti. Uscì dal bosco e si buttò a terra e poi ci fu un lampo che illuminò tutta la zona circostante. Si sentì un rombo fortissimo e alzò gli occhi al cielo appena in tempo per vedere la navicella che si stagliava verso il cielo notturno lasciandosi dietro una lunga scia di polvere bianca. Sorrise, la navicella era alta nel cielo e sicuramente sarebbe andata verso la rotta predestinata. Fece appena in tempo a vederla sparire nel iper-spazio e poi adagiò il suo capo per terra cadendo in un sonno profondo.
30 agosto 2009
PIX FINE
TRENT'ANNI DOPO...
“...gentili signori e pregiatissime signore di tutto l'universo conosciuto è il vostro Nicolò Martellimpizzul che vi sta parlando dal pianeta Terrax per raccontarvi l'ultimo atto, cioè la finale, del primo campionato intergalattico di calcio. Oggi si affronteranno le squadre del pianeta Terrax, guidata dal famosissimo allenatore PIX Ponix e la squadra del pianeta Terra guidata dall'altrettanto famoso allenatore Dadi Dodi. Lo striografo Henry Millebaal ha definito questo l'evento più importante di tutti i tempi-” Così iniziava la telecronaca in universo-visione di quella partita dove Pix e Dadi, dopo una gloriosa carriera nelle squadre professionistiche più blasonate del pianeta Terra, si affrontavano come allenatori delle rappresentative dei loro pianeti. In tutti questi anni si erano dedicati a promuovere il calcio per tutto l'universo conosciuto e dopo trent'anni erano riusciti ad organizzare il campionato universale sul pianeta Terrax. Sembrava un puro atto di velleità, una speranza superiore alle loro forze invece i due “fratelli”, sono riusciti a realizzare il loro sogno dopo tanti sforzi. Questa competizione, unica nel suo genere, si svolse nello stadio più grande di tutto l'universo. La struttura poteva contenere cinquecentomila posti a sedere. Questo miracolo dell'architettura era ed è di per sé la più comunicativa opera di pace che si potesse costruire.
Dopo tanti anni di lavoro i vari popoli dell'universo avevano riconosciuto l'utilità del calcio come mezzo di pace, il calcio era diventato per tutti un evento che imponeva precise regole a chi lo organizzava, dirigeva e praticava. Il calcio per tutti quei pianeti che facevano parte della confederazione universale del gioco calcio era diventato soprattutto un fatto culturale perchè intimamente connesso al tessuto sociale dell'agire ed alla crescita dei giovani di tutto l'universo. Il calcio oramai non aveva più confini, ne colore e neppure età; non era condizionato da ideologie politiche o religiose; trascendeva i confini del sesso ed entrava nel vissuto di ognuno dei cittadini dell'universo. Di calcio ci si vestiva; per il calcio si gioiva, si rideva e si piangeva. Ci stava dentro tutto nel calcio: gioco, fantasia, tecnica e tattica, agonismo ed esasperazione insieme. Il calcio era spettacolo, sogno per i bambini e per gli adulti di chi giocava e di chi assisteva all'evento. Vi regnavano fede e bandiere, miti e leggende, records e primati, in una convivenza che ospitava disparati strati sociali. Per la nuda cronaca la partita quel giorno ebbe questo andamento: la squadra di Terrax andò in vantaggio al vetitreesimo del primo tempo con un colpo di testa di Olivix, un difensore roccioso e arcigno, proiettato in attacco per la realizzazione di un calcio piazzato. Il gol, come al solito nel gioco del calcio, arrivava nel momento migliore del gioco di Terra che dopo aver preso bene le misure alla squadra di Pix rischiava di andare in vantaggio più volte. Tutto il primo tempo la squadra di Dadi cercò di pareggiare senza riuscirci. Nella ripresa il pareggio della squadra della Terra arriva da un angolo calciato con il contagiri da Pessot: il colpo di testa di Bordonal, sul cross di quest'ultimo, è da rapace d'area di rigore e si va sull'uno a uno. Le azioni si susseguirono senza sosta e senza esito e con il risultato di uno a uno si conclusero i tempi regolamentari. Ai tempi supplementari poco cambiava, il gioco stazionava soprattutto a centrocampo senza che una delle due squadre avesse la meglio sull'altra e dopo un'occasione da gol per parte ci si avviava verso la lotteria dei calci di rigori. Il pubblico che sino ad allora aveva gioito e sofferto con urla e incitazioni per i propri beniamini si era fatto taciturno quasi volesse recuperare le energie sprecate nello sforzo di spettatore. I rigoristi delle due squadre erano stati segnalati alla terna arbitrale e da li a poco avrebbe avuto inizio l'emozionante recita dei rigori, ma a quel punto i due allenatori con un richiamo dagli altoparlanti dello stadio e dissero insieme: “il calcio ha una potenzialità educativa grandiosa: il senso di fratellanza, l'onestà, il rispetto del corpo proprio ed altrui contribuiscono all'edificazione di una società civile dove all'antagonismo si sostituisca l'agonismo, dove allo scontro si sostituisca l'incontro ed alla contrapposizione astiosa il confronto leale. È per questi motivi che vi diciamo che la PARTITA FINISCE QUI sul punteggio di PARITA' lanciando un messaggio di speranza a tutto l'universo che impari da questi atleti come si può essere avversari e rispettarsi per quello che si è! GRAZIE PER TUTTE LE PARTITE CHE GIOCHERETE IN SANA COMPETIZIONE, CON ONESTA' DI INTENTI ED AUTENTICA PASSIONE SPORTIVA!” Dopo un breve attimo di silenzio gli spettatori iniziarono ad applaudire e a festeggiare questa decisione come si festeggia una nuova vita che viene al mondo e sul video dello stadio comparve un enorme e colorato da mille colori: GRAZIE! Ed esplose la festa.
“...gentili signori e pregiatissime signore di tutto l'universo conosciuto è il vostro Nicolò Martellimpizzul che vi sta parlando dal pianeta Terrax per raccontarvi l'ultimo atto, cioè la finale, del primo campionato intergalattico di calcio. Oggi si affronteranno le squadre del pianeta Terrax, guidata dal famosissimo allenatore PIX Ponix e la squadra del pianeta Terra guidata dall'altrettanto famoso allenatore Dadi Dodi. Lo striografo Henry Millebaal ha definito questo l'evento più importante di tutti i tempi-” Così iniziava la telecronaca in universo-visione di quella partita dove Pix e Dadi, dopo una gloriosa carriera nelle squadre professionistiche più blasonate del pianeta Terra, si affrontavano come allenatori delle rappresentative dei loro pianeti. In tutti questi anni si erano dedicati a promuovere il calcio per tutto l'universo conosciuto e dopo trent'anni erano riusciti ad organizzare il campionato universale sul pianeta Terrax. Sembrava un puro atto di velleità, una speranza superiore alle loro forze invece i due “fratelli”, sono riusciti a realizzare il loro sogno dopo tanti sforzi. Questa competizione, unica nel suo genere, si svolse nello stadio più grande di tutto l'universo. La struttura poteva contenere cinquecentomila posti a sedere. Questo miracolo dell'architettura era ed è di per sé la più comunicativa opera di pace che si potesse costruire.
Dopo tanti anni di lavoro i vari popoli dell'universo avevano riconosciuto l'utilità del calcio come mezzo di pace, il calcio era diventato per tutti un evento che imponeva precise regole a chi lo organizzava, dirigeva e praticava. Il calcio per tutti quei pianeti che facevano parte della confederazione universale del gioco calcio era diventato soprattutto un fatto culturale perchè intimamente connesso al tessuto sociale dell'agire ed alla crescita dei giovani di tutto l'universo. Il calcio oramai non aveva più confini, ne colore e neppure età; non era condizionato da ideologie politiche o religiose; trascendeva i confini del sesso ed entrava nel vissuto di ognuno dei cittadini dell'universo. Di calcio ci si vestiva; per il calcio si gioiva, si rideva e si piangeva. Ci stava dentro tutto nel calcio: gioco, fantasia, tecnica e tattica, agonismo ed esasperazione insieme. Il calcio era spettacolo, sogno per i bambini e per gli adulti di chi giocava e di chi assisteva all'evento. Vi regnavano fede e bandiere, miti e leggende, records e primati, in una convivenza che ospitava disparati strati sociali. Per la nuda cronaca la partita quel giorno ebbe questo andamento: la squadra di Terrax andò in vantaggio al vetitreesimo del primo tempo con un colpo di testa di Olivix, un difensore roccioso e arcigno, proiettato in attacco per la realizzazione di un calcio piazzato. Il gol, come al solito nel gioco del calcio, arrivava nel momento migliore del gioco di Terra che dopo aver preso bene le misure alla squadra di Pix rischiava di andare in vantaggio più volte. Tutto il primo tempo la squadra di Dadi cercò di pareggiare senza riuscirci. Nella ripresa il pareggio della squadra della Terra arriva da un angolo calciato con il contagiri da Pessot: il colpo di testa di Bordonal, sul cross di quest'ultimo, è da rapace d'area di rigore e si va sull'uno a uno. Le azioni si susseguirono senza sosta e senza esito e con il risultato di uno a uno si conclusero i tempi regolamentari. Ai tempi supplementari poco cambiava, il gioco stazionava soprattutto a centrocampo senza che una delle due squadre avesse la meglio sull'altra e dopo un'occasione da gol per parte ci si avviava verso la lotteria dei calci di rigori. Il pubblico che sino ad allora aveva gioito e sofferto con urla e incitazioni per i propri beniamini si era fatto taciturno quasi volesse recuperare le energie sprecate nello sforzo di spettatore. I rigoristi delle due squadre erano stati segnalati alla terna arbitrale e da li a poco avrebbe avuto inizio l'emozionante recita dei rigori, ma a quel punto i due allenatori con un richiamo dagli altoparlanti dello stadio e dissero insieme: “il calcio ha una potenzialità educativa grandiosa: il senso di fratellanza, l'onestà, il rispetto del corpo proprio ed altrui contribuiscono all'edificazione di una società civile dove all'antagonismo si sostituisca l'agonismo, dove allo scontro si sostituisca l'incontro ed alla contrapposizione astiosa il confronto leale. È per questi motivi che vi diciamo che la PARTITA FINISCE QUI sul punteggio di PARITA' lanciando un messaggio di speranza a tutto l'universo che impari da questi atleti come si può essere avversari e rispettarsi per quello che si è! GRAZIE PER TUTTE LE PARTITE CHE GIOCHERETE IN SANA COMPETIZIONE, CON ONESTA' DI INTENTI ED AUTENTICA PASSIONE SPORTIVA!” Dopo un breve attimo di silenzio gli spettatori iniziarono ad applaudire e a festeggiare questa decisione come si festeggia una nuova vita che viene al mondo e sul video dello stadio comparve un enorme e colorato da mille colori: GRAZIE! Ed esplose la festa.
29 agosto 2009
13 agosto 2009
PIX 13
Olga era disorientata, ma aveva visto con i suoi occhi quella specie di palafitta appoggiata sul terreno su quegli enormi tentacoli di metallo lucente, aveva visto con i suoi occhi gli occhi di Pix illuminarsi e irradiare un raggio fluorescente dal colore azzurro, ed infine aveva visto con i suoi occhi salire Pix sulla scala mobile che lo portava all'interno di quella specie di casa. Mentre la ragazzina riordinava le idee, non riusciva a staccare la sua attenzione visiva da quell'abitacolo così ben sagomato da sembrare proprio un disco volante. Si l'aveva detto quello non sembrava, era un disco volante! Era proprio come lo disegnavano nei fumetti: era ovale e di colore grigio, l’oggetto era stretto da un lato e più ampio da un altro. Aveva delle piccole protuberanze, come piccole ali. Si era avvicinata all’oggetto in modo da poterne valutare la consistenza e il materiale. Esso era stato costruito con un qualche tipo di metallo, di circa 10 metri di lunghezza. Non avrebbe mai neppure immaginato una cosa simile, man mano che avanzava verso uno dei tentacoli d'appoggio, gli sembrava di sentire un rumore sordo, come una debole vibrazione proveniente dall'interno dell'abitacolo. Era l'imbrunire ma quel posto sembrava essere tutto illuminato e infatti si accorse che la scala che aveva portato Pix all'interno stava scendendo verso il terreno rischiarando tutto. Senza rendersene conto urtò con il braccio contro il piedistallo di metallo provocando un rumore che echeggiò e si diffuse nello spazio circostante. Subito dopo sentì la voce di Pix: “dove sei? Olga dove sei? Vieni fatti vedere, non avere paura sono Pix!” era la voce di Pix che la cercava e la invitava a farsi vedere. Fece un passo in avanti e si fece vedere e vide a sua volta Pix. Si rese conto subito che l'amico la invitava a salire con lui nella sua abitazione, lei esitò un attimo ma poi salì sulla scala mobile e assieme vennero trasportati all'interno. Mentre si chiudeva il portellone d'entrata aumentava la sua ansia e mentre varcava la soglia della stanza davanti a se sentì la mano di Pix che afferrava la sua e la sua voce che diceva: “Non avere timore Olga qui non ti può succedere nulla!” . La stanza che stava osservando era molto grande e c'erano tre sedili posti davanti ad una vetrata che si affacciava sulla boscaglia. C'erano dei monitor e uno schermo largo quanto un grande tavolo, questo era acceso ed era pieno di stelle luminose nel buio della notte sembrava una mappa interstellare. Pix la fece accomodare su uno dei sedili, si sedette a sua volta e si voltò verso di lei e le disse: “Ti chiederai dove ti trovi e chi sono io?”continuò: “vedi Olga, tu per me significhi qualcosa ed io voglio dirti tutta la verità” inizò il suo racconto e disse tutto senza tralasciare nulla. Olga man mano che il racconto di Pix si addentrava nei particolari sgranava gli occhi sorpresa e meravigliata da quella realtà sconosciuta. Al termine Pix chiese ad Olga che ne pensava e Olga aprì la bocca per parlare, ma non riuscì a proferire parola. Avrebbe voluto dire tante cose ma non riusciva a parlare era così sorpresa che l'unica frase che emise dalla sua bocca, dopo aver deglutito, fu: “è tardi Pix e devo andare a casa” e se ne andò. Pix dopo averla accompagnata per un tratto tornò nella sua astronave.
Pix era sollevato e felice, era riuscito a dire tutto ad Olga, gli aveva parlato del viaggio, del suo pianeta dei suoi genitori e del suo progetto su...di loro. Le aveva detto tutto e adesso cosa sarebbe successo? Ecco la domanda che lo tormentava dopo aver accompagnato giù dall'astronave Olga. Mentre stava riflettendo notò che il led del ricetrasmettitore di comunicazione con Terrax lampeggiava, era una richiesta di apertura del canale! Era sicuramente suo padre che voleva comunicare con lui. Prima di premere il tasto cominciò a tremare dall'emozione. Chiuse gli occhi, cercando di frenare i mille pensieri che gli esplodevano in testa, respirò profondamente, sollevò un braccio e poi pigiò il pulsante! “Pix, Pix” era suo padre! Gli avrebbe detto tutto? Lo decise in quell'istante: SI gli avrebbe detto tutto!
E Così fece! Gli disse del suo dialogo con Olga, avvenuto proprio lì sull'astronave e della reazione di Olga, che non sapeva come definire, e fu al quel punto che il padre gli disse:
“Pix posso parlarti sinceramente?”
“Devi farlo padre, ho bisogno che tu mi faccia capire, che tu mi spieghi quello che è meglio fare” ribadì Pix.
Il padre si sistemò sulla poltrona, sospirò e fissando la video camera che lo stava riprendendo come se fossero gli occhi di Pix si mise a parlare: “E così hai svelato la tua presenza ad un umano, sinceramente avrei preferito che tu prima mi avessi consultato. Comunque la cosa è stata fatta e adesso dobbiamo pensare come organizzare il tuo viaggio di ritorno al più presto! È troppo pericoloso per te rimanere li sulla Terra!” dopo queste poche parole, per alcuni istanti calò il silenzio nella loro discussione. Pix riprese: “e perchè dovrei tornare?” “Pix!” il padre intervenne con una espressione e con un tono di voce che sembrava non lasciare margini alla discussione e fu al quel punto che Pix ebbe una reazione inconsulta: “Dimmi perchè? Perchè padre dovrei tornare? Forse perchè tu devi avere il controllo su tutto e di tutto e non puoi permettere a nessuno di fare nulla a patto che non sia tu a stabilirlo? È per questo?” il padre di Pix rimase esterefatto dalla reazione di suo figlio e capì che il momento era particolare e che avrebbe dovuto controllarsi e chiarire il malinteso con una spiegazione ancor più razionale e convincente: “Caro Pix sappiamo fin troppo bene che non occorre andare lontano, nel tempo e nello spazio, per incontrare i segni della distruttività umana. L'uomo ha dimostrato nella sua storia la necessità di distruggere tutto ciò che ricorda una diversità. Ha compiuto più genocidi l'uomo di qualsiasi genere vivente presente nell'intero universo conosciuto. L'uomo ha costruito nella sua esistenza la cultura del danno, dell'utilizzo senza scrupoli, della sopraffazione. In una sola parola, del male. Tu come fai pretendere che gli uomini possano accettare una civiltà così diversa come la nostra, come la tua? Come puoi pensare che l'umanità così presa dai suoi eccessi possa accogliere un tuo messaggio di convivenza felice tra due civiltà?” Il discorso del padre era stato di una incisività quasi dolorosa. Ma Pix sapeva e aveva toccato con mano la realtà umana e la giudicava con più indulgenza. Dalla sua breve esperienza poteva ricavare una testimonianza positiva e così rispose al padre: “Caro padre in questi giorni ho potuto sperimentare come il vivere tra gli umani sia un'esperienza formativa e creativa. Tra di loro ho avuto la sensazione che alberghino tre concetti: intelligenza, memoria e volontà. L'intelligenza e la memoria l'umano le utilizza per risolvere le situazioni che quotidianamente gli si presentano, mentre la volontà è la loro capacità di fare e di mettere in atto le azioni che, a seconda del loro concetto di bene, li fa fuggire dal male. Padre io sono fiducioso in questa umanità, in questi giorni ho ripetuto a me stesso che l'anima dell'umano è proiettata verso il bene con atti d'amore. Io credo nell'umanità e voglio rimanere”. Il padre scorse nelle parole di Pix intelligenza e trasporto per quello che aveva appena detto. Così rispose a suo figlio: “Pix io credo in te e voglio la tua felicità decidi tu! Tutto ciò che riterrai giusto fare sarà condiviso da me e da tua madre! A risentirci a presto nostro più prezioso pensiero”. “Saluti a voi miei cari Pensieri!” Si salutarono così come si salutano i Terraxani dopo di che la comunicazione venne interrotta.
Pix era sollevato e felice, era riuscito a dire tutto ad Olga, gli aveva parlato del viaggio, del suo pianeta dei suoi genitori e del suo progetto su...di loro. Le aveva detto tutto e adesso cosa sarebbe successo? Ecco la domanda che lo tormentava dopo aver accompagnato giù dall'astronave Olga. Mentre stava riflettendo notò che il led del ricetrasmettitore di comunicazione con Terrax lampeggiava, era una richiesta di apertura del canale! Era sicuramente suo padre che voleva comunicare con lui. Prima di premere il tasto cominciò a tremare dall'emozione. Chiuse gli occhi, cercando di frenare i mille pensieri che gli esplodevano in testa, respirò profondamente, sollevò un braccio e poi pigiò il pulsante! “Pix, Pix” era suo padre! Gli avrebbe detto tutto? Lo decise in quell'istante: SI gli avrebbe detto tutto!
E Così fece! Gli disse del suo dialogo con Olga, avvenuto proprio lì sull'astronave e della reazione di Olga, che non sapeva come definire, e fu al quel punto che il padre gli disse:
“Pix posso parlarti sinceramente?”
“Devi farlo padre, ho bisogno che tu mi faccia capire, che tu mi spieghi quello che è meglio fare” ribadì Pix.
Il padre si sistemò sulla poltrona, sospirò e fissando la video camera che lo stava riprendendo come se fossero gli occhi di Pix si mise a parlare: “E così hai svelato la tua presenza ad un umano, sinceramente avrei preferito che tu prima mi avessi consultato. Comunque la cosa è stata fatta e adesso dobbiamo pensare come organizzare il tuo viaggio di ritorno al più presto! È troppo pericoloso per te rimanere li sulla Terra!” dopo queste poche parole, per alcuni istanti calò il silenzio nella loro discussione. Pix riprese: “e perchè dovrei tornare?” “Pix!” il padre intervenne con una espressione e con un tono di voce che sembrava non lasciare margini alla discussione e fu al quel punto che Pix ebbe una reazione inconsulta: “Dimmi perchè? Perchè padre dovrei tornare? Forse perchè tu devi avere il controllo su tutto e di tutto e non puoi permettere a nessuno di fare nulla a patto che non sia tu a stabilirlo? È per questo?” il padre di Pix rimase esterefatto dalla reazione di suo figlio e capì che il momento era particolare e che avrebbe dovuto controllarsi e chiarire il malinteso con una spiegazione ancor più razionale e convincente: “Caro Pix sappiamo fin troppo bene che non occorre andare lontano, nel tempo e nello spazio, per incontrare i segni della distruttività umana. L'uomo ha dimostrato nella sua storia la necessità di distruggere tutto ciò che ricorda una diversità. Ha compiuto più genocidi l'uomo di qualsiasi genere vivente presente nell'intero universo conosciuto. L'uomo ha costruito nella sua esistenza la cultura del danno, dell'utilizzo senza scrupoli, della sopraffazione. In una sola parola, del male. Tu come fai pretendere che gli uomini possano accettare una civiltà così diversa come la nostra, come la tua? Come puoi pensare che l'umanità così presa dai suoi eccessi possa accogliere un tuo messaggio di convivenza felice tra due civiltà?” Il discorso del padre era stato di una incisività quasi dolorosa. Ma Pix sapeva e aveva toccato con mano la realtà umana e la giudicava con più indulgenza. Dalla sua breve esperienza poteva ricavare una testimonianza positiva e così rispose al padre: “Caro padre in questi giorni ho potuto sperimentare come il vivere tra gli umani sia un'esperienza formativa e creativa. Tra di loro ho avuto la sensazione che alberghino tre concetti: intelligenza, memoria e volontà. L'intelligenza e la memoria l'umano le utilizza per risolvere le situazioni che quotidianamente gli si presentano, mentre la volontà è la loro capacità di fare e di mettere in atto le azioni che, a seconda del loro concetto di bene, li fa fuggire dal male. Padre io sono fiducioso in questa umanità, in questi giorni ho ripetuto a me stesso che l'anima dell'umano è proiettata verso il bene con atti d'amore. Io credo nell'umanità e voglio rimanere”. Il padre scorse nelle parole di Pix intelligenza e trasporto per quello che aveva appena detto. Così rispose a suo figlio: “Pix io credo in te e voglio la tua felicità decidi tu! Tutto ciò che riterrai giusto fare sarà condiviso da me e da tua madre! A risentirci a presto nostro più prezioso pensiero”. “Saluti a voi miei cari Pensieri!” Si salutarono così come si salutano i Terraxani dopo di che la comunicazione venne interrotta.
AL MIO AMICO VIRGINIO NEGRI
A VIRGINIO
HO ACCOMPAGNATO VIRGINIO
L'HO ACCOMPAGNATO AL CAMPO
NON A GIOCARE MA A RIPOSARE
ERA UNA GIORNATA DI SOLE
AVEVO GLI OCCHIALI SCURI, IL VESTITO SCURO E IL MIO VISO OSCURATO DA L DOLORE CHE OPPRIMEVA IL MIO CUORE
I MIEI OCCHI CHIUSI CERCAVANO IMMAGINI DI VISSUTO INSIEME
TRA CORSE, GOL, ABBRACCI E QUALCHE BICCHIERE DI VINO UNA LACRIMA CADEVA SUL SORRISO CHE LE LABBRA PRONUNCIAVANO NEL RICORDO DI QUEI MOMENTI BELLI
IL CALDO SOFFOCAVA LA PIANURA SENZA CONFINI
LA TRISTEZZA ALEGGIAVA SUL NOSTRO PERCORSO
IL CAMPO ERA LI' VICINO
IL RESPIRO DIVENTAVA AFFANNOSO
LE LACRIME VELAVANO LA LUCE
IL SORRISO DIVENTAVA SMORFIA
LA TERRA APERTA TI ASPETTAVA PER IL RIPOSO
TI HO ACCOMPAGNATO VIRGINIO ORA LASCIAMI ANDARE
PORTO CON ME LA TERRA DEL CAMPO
CERCHERO' DI RESPIRARE IN ESSA QUELL'ATTIMO IN PIU' CHE LA VITA SA DARE
HO ACCOMPAGNATO VIRGINIO
L'HO ACCOMPAGNATO AL CAMPO
NON A GIOCARE MA A RIPOSARE
ERA UNA GIORNATA DI SOLE
AVEVO GLI OCCHIALI SCURI, IL VESTITO SCURO E IL MIO VISO OSCURATO DA L DOLORE CHE OPPRIMEVA IL MIO CUORE
I MIEI OCCHI CHIUSI CERCAVANO IMMAGINI DI VISSUTO INSIEME
TRA CORSE, GOL, ABBRACCI E QUALCHE BICCHIERE DI VINO UNA LACRIMA CADEVA SUL SORRISO CHE LE LABBRA PRONUNCIAVANO NEL RICORDO DI QUEI MOMENTI BELLI
IL CALDO SOFFOCAVA LA PIANURA SENZA CONFINI
LA TRISTEZZA ALEGGIAVA SUL NOSTRO PERCORSO
IL CAMPO ERA LI' VICINO
IL RESPIRO DIVENTAVA AFFANNOSO
LE LACRIME VELAVANO LA LUCE
IL SORRISO DIVENTAVA SMORFIA
LA TERRA APERTA TI ASPETTAVA PER IL RIPOSO
TI HO ACCOMPAGNATO VIRGINIO ORA LASCIAMI ANDARE
PORTO CON ME LA TERRA DEL CAMPO
CERCHERO' DI RESPIRARE IN ESSA QUELL'ATTIMO IN PIU' CHE LA VITA SA DARE
12 agosto 2009
06 agosto 2009
PIX 12
Quella mattina il sole spuntò rendendo luminoso come non mai l'abitacolo dell'astronave. Questa luminosità era quasi fastidiosa. Era l'inizio di una giornata come tante altre, eppure tutto sembrava diverso. Sua madre aveva ragione doveva dire tutto ad Olga e tornare su Terrax. Rimase a fissare per alcune decine di minuti il suo riflesso nello specchio e più si guardava e più si rendeva conto che quello non era lui. Cominciò a muoversi per tutta la nave spaziale cercando di chiarirsi le idee. Come avrebbe dovuto comportarsi, cosa avrebbe dovuto dire ai suoi compagni Dadi e Olga? Si rigenerò nella doccia sub-atomica e poi andò al solito all'appuntamento pomeridiano.
Era un caldo pomeriggio d'estate e Pix seduto sull'enorme pietra, posta sul ciglio della strada, aspettava i suoi due amici all'incrocio delle quattro strade, per trascorrere un'altra giornata assieme. Il silenzio che regnava tutto in torno era interrotto solo per alcuni istanti dal frinire di un grillo che aveva la sua tana li nei paraggi. Di li a poco avrebbe visto Olga e Dadi e gli avrebbe comunicato che lui sarebbe dovuto partire e che probabilmente non si sarebbero più rivisti. Si, era deciso, lo avrebbe detto in questo modo, così diretto senza giri di parole, senza esitazioni e senza aspettare altro tempo. Alzò lo sguardo verso il cielo e proprio in quell'istante fra le piante all'orizzonte sfrecciavano degli uccelli impegnati in una esibizione acrobatica. Le figure che esibivano gli ricordavano le azioni che lui, Dadi e la squadra di calcio avevano realizzato sul campo nella sfida del giorno prima. Guardava lo spettacolo allungando il collo e vedeva questi uccelli impegnati nel rincorresi, nel cambiare in modo repentino direzione e dirigersi ognuno di loro in punti diversi per poi riunirsi e comporre un'altra figura geometrica. Uno spettacolo unico. Chiuse gli occhi e come per magia quello spettacolo si visualizzava e nello stesso tempo si memorizzava nel suo cervello, così da poterne usufruire beatamente in tutta tranquillità tranquillità quando lo avrebbe richiamato successivamente. “Pix, Pix” gridò una voce, e la voce era quella di Olga, che sbucava dalla strada di destra. Pix si girò e la vide, il sole le batteva negli occhi e i suoi occhi brillavano come le pietre luminose che suo padre gli aveva donato prima di partire da Terrax. Osservò le sue labbra e pensò a quando ci aveva premuto sopra le sue e alla reazione che aveva avuto: un misto di rigidità e sorpresa. La scrutava nel suo muoversi così aggraziato cercando di capire il perchè provava così tanta attrazione per lei. Eppure più la guardava e più l'attrazione che lei gli suscitava aumentava. Lei gli andò incontro sorridendogli e con le braccia aperte e distese. Era vestita e pettinata con cura e al collo portava un nastro rosso che la ingentiliva e la rendeva ancora più graziosa. Quando si avvicinò abbastanza l'abbracciò e le disse: “Ciao Olga, come sei carina!” sembrava contenta che l'avesse notato, ma Pix rovinò tutto con la frase successiva: “Ma Dadi dov'è? Perchè non è con te?” sul volto di Olga si dipinse la delusione, forse sperava di sentire altre parole da parte di Pix, comunque cortesemente rispose: “Dadi ci aspetta al campo vuole presentarti l'allenatore della sua squadra” Si guardarono e ci fu un momento di stallo nella comunicazione allora Olga prese l'iniziativa: “A proposito del bacio...volevo dirti che mi dispiace se t'ha dato fastidio. È che...che...che mi piaci. Mi piaci molto! Parecchio e non ho resistito!” Olga era diventata tutta rossa e abbassando la testa lasciò la parola a Pix che non sapendo cosa dire rispose: “Anche tu mi piaci molto, non so perchè ma mi piaci”. La delusione torno sul volto di Olga. Si guardarono entrambi negli occhi e Olga non si perse d'animo e prese la mano di Pix e disse: “andiamo se no facciamo tardi, ci aspettano” si incamminarono mano nella mano e rimasero così per tutto il tragitto, pensierosi a guardare la strada che scorreva sotto i loro piedi, fino a consumare tutti i pensieri possibili. Stavano zitti forse perchè la paura di dire la cosa sbagliata in quel momento magico per entrambi, era così forte che tutti e due scelsero il silenzio. Ad un certo punto però Olga si fermò, si tolse il nastro dal collo e afferrando con entrambe le mani il suo polso destro di Pix glielo legò attorno come un bracciale dicendogli sorridendo: “questo è un mio regalo promettimi di portarlo con te sempre” Pix fu sorpreso da questo gesto ma era contento di quel dono e rispose: “è bellissimo e lo porterò sempre con me!” Poi abbassarono di nuovo entrambi lo sguardo e proseguirono il cammino. Pix sentiva il dovere di dire ad Olga la verità ma pensò che quello non era il momento e soprappensiero si toccò il polso nel punto in cui Olga gli aveva legato il nastro e sorrise e si stupì come quella stoffa setosa così liscia e morbida assomigliasse così tanto alla pelle della mano di Olga.
Dopo una ventina di minuti Olga e Pix raggiunsero il campo di allenamento dove si trovava al gran completo la squadra di Dadi con l'allenatore. Dadi appena li vide gli corse incontro e prendendo per un braccio Pix gli disse: “Pix vieni ti devo presentare il nostro allenatore vuole conoscerti, ha saputo della partita di ieri e vuole vederti all'opera.” Fece una pausa e poi riprese: “ Abbiamo organizzato un allenamento proprio per questo motivo. Per far vedere al nostro allenatore quanto sei bravo. Dai vieni” Pix non aveva molta voglia di giocare ne tanto meno di conoscere altre persone, voleva solo parlare con Olga e Dadi e spiegare chi lui fosse, da dove veniva e perchè doveva andarsene. L'esuberanza di Dadi ebbe il sopravvento, così lo condusse al cospetto dell'allenatore: “piacere mi chiamo Beppe e sono l'allenatore, mi hanno detto che ieri hai fatto faville” il signore che gli stava davanti era un tipo dai capelli brizzolati, occhi lucidi e scuri e il viso tempestato da efelidi era di un ovale quasi perfetto. Di fisico era alto e slanciato, sovrastava tutti di un palmo di mano e per guardarlo in faccia bisognava alzare la testa e inarcarla. “Buon giorno mi chiamo Pix, e ieri non ho fatto nulla di particolare ho solo giocato come gli altri” disse con un tono di voce modesto e a volume molto basso, per far capire che lo stato d'animo in cui si trovava non era proprio dei migliori. Dadi si accorse di questo e chiese all'amico se non si sentiva bene o se c'era qualcosa che non andava. Pix rispose che andava tutto bene. “E allora cosa aspettiamo dai organizziamoci e iniziamo a giocare così il mister (così i giocatori chiamavano l'allenatore Beppe) potrà osservare la bravura di Pix!” Beppe fischiò e poi gridò ai ragazzi di radunarsi attorno a lui e assegnò i ruoli,
Pix doveva giocare a centrocampo, e poi tutti entrarono in campo. Circa una ventina di altre compagne, compresa Olga, circondavano il campo pronte a tifare e applaudire i ragazzi per le loro giocate. Beppe, dopo essersi assicurato che tutti fossero ai loro posti, fischio l'inizio della partita. Qualche momento dopo il fischio d'inizio Dadi scattò sulla fascia destra, si liberò con un dribbling di un avversario andò sul fondo e fece un cross alto,teso e preciso verso il centro dell'area di rigore dove si era appena smarcato Pix che con una elevazione imponente colpì di testa e mandò il pallone ad insaccarsi all'incrocio dei pali sulla destra del portiere. Beppe rimase impassibile si limitò a passarsi una mano nei capelli sotto lo sguardo attento di Dadi che ne voleva valutare la reazione. La squadra dove giocava Pix entrò subito in possesso di palla, controllavano il gioco con una facilità di passaggio insolita e restando sempre vicini alla porta avversaria. Ad un certo punto Pix si impossessò della palla al limite dell'area di rigore, si liberò dell'avversario diretto ed entrò in area , fintò di tirare sulla destra e lasciò il portiere impiantato nel terreno prima di tirare a sinistra facendo gol. A questo punto Beppe sembrava entusiasta del nuovo -acquisto- indubbiamente questo Pix aveva buona tecnica, intuito e sapeva giocare con la squadra. Si, aveva talento e sicuramente avrebbe contribuito a migliorare le prestazioni della squadra dell'istituto nel torneo delle scuole che si sarebbe svolto tra due settimane. Beppe con il suo fischietto emise un altro sibilo e radunò di nuovo tutti i ragazzi attorno a se e quando furono tutti in semicerchio disse: “non è andata così male, diciamo che siamo ad un buon punto della preparazione e che tra due settimane potremo affrontare le altre scuole con l'ambizione di far bene, quindi ragazzi ci vediamo dopo domani alle tre qui al campo per l'allenamento.” Tutti rimasero li in piedi, tutti si aspettavano ancora qualcosa che Beppe non tardò a dire: “ah Pix da oggi sei uno di noi!” tutti a saltare ed urlare per questa ultima e attesa notizia era ufficiale Pix faceva parte della squadra di istituto. Mentre tutti si stavano congratulando con Pix Beppe all'improvviso disse: “Pix tu sei trasferito da poco nella nostra città e ti sei già iscritto alla nostra scuola vero?” Tutti si girarono a guardare Pix il quale non sapeva cosa rispondere, intervenne subito Dadi: “Si Mister Pix è nella nostra cittadina da pochi giorni e non si è ancora iscritto alla nostra scuola, ma oggi stesso andiamo insieme in segreteria e facciamo l'iscrizione. Nessuna paura Mister ci penso io, Pix è già uno di noi!” tutti tirarono un sospiro di sollievo e se ne andarono tranquilli ognuno per la loro strada. Quando si ricompose il trio Olga fece subito una domanda al taciturno Pix: “che ne pensi? Non hai detto nulla da quando è finita la partita, non ti vedo particolarmente contento, che c'è?” Olga aveva colto il malessere interno che stava vivendo Pix e voleva capire questo cambio d'umore da un giorno all'altro. Il giorno prima sembrava entusiasta sia del calcio sia della sua presenza ed oggi era così triste. Ma perchè? Pix rispose con filo di voce: “dovrei parlarvi” Olga e Dadi si fermarono immediatamente e rivolsero il loro sguardo a Pix preoccupati per quello che il tono con il quale il loro compagno si era rivolto a loro. Così lui iniziò a parlare: “Olga, Dadi io dovrei dirvi una cosa importante che mi riguarda. Vedete io non sono di queste parti e vengo da lontano ma molto lontano. Inaspettatamente i suoi grandi occhi blu divennero inspiegabilmente magnetici e penetranti nel vero senso della parola e attirarono e catturarono gli occhi dei suoi giovani amici. Questa era un'altra capacità di Pix quella di entrare in comunicazione extrasensoriale con i riceventi del proprio messaggio. In quel preciso istante Olga e Dadi provarono la forte e chiara sensazione fisica di essere attirati con il loro intero corpo dentro ai suoi occhi cioè come attirati da un'energia magnetica e sentirono perdere il controllo del loro equilibrio e provarono la forte percezione di cadere letteralmente in uno stato di trance. Erano completamente in balia del suo potere ma allo stesso tempo erano perfettamente coscienti di ciò che gli stava accadendo e, mentre tutte queste manifestazioni psichiche avvenivano, sentivano un ronzio attraverso gli occhi, come se la comunicazione avvenisse solo tramite quel canale percettivo. Mentre Pix comunicava a loro la sua provenienza e il suo essere diverso in loro divenne particolarmente forte la sensazione fisica che se avessero continuato a guardarlo sarebbero caduti in una completa dipendenza dai suoi enigmatici occhi e per un momento si spaventarono. Un richiamo, era la madre, lontano interruppe questo momento, finalmente riuscirono a staccare i loro occhi dai suoi e ripresero lo stato di normalità. “Scusa Pix ma mia madre ci sta chiamando” disse Olga, come se nulla fosse successo e riprese: “a proposito Pix quello che ci stavi dicendo ce lo dirai domani ok? Ora dobbiamo proprio andare a casa altrimenti i miei si arrabbiano se arriviamo tardi a cena!” si salutarono e ognuno prese la propria via di casa. Senza accorgersene Pix aveva esercitato su di loro la sua capacità di sospensione temporale. Era un livello di stato emozionale che su Terrax era di normale prassi quando degli esseri empaticamente conciliabili comunicavano tra loro. A quel livello riuscivano a raggiungere la vera comunicazione multisensoriale. Era difficile da spiegare come tutto questo fosse successo con degli umani, lo avrebbe chiesto a suo padre il perchè di questo evento così strano. Continuava a camminare per la strada ma alle sue spalle sentì dei passi, si girò di colpo e non vide nessuno. Era sicuro qualcuno lo stava seguendo di nascosto. Mentre salì sulla scala dell'astronave si voltò indietro per due volte e cerco di intravedere se nei paraggi ci fosse qualcuno, ma nulla; si voltò per la terza ed ultima volta e dall'alto della scalinata con i suoi impressionanti e grandi occhi blu che parvero diventare liquidi, lanciarono un inaspettato raggio luminoso, magnetico e penetrante. Poi si voltò e sparì nella sua astronave.
Olga per un momento stentò a crederci ma poi capì che nessun essere umano poteva fare niente del genere e nella sua mente si affacciò la risposta e non potè fare a meno di dirsi che era avvenuta una cosa fuori dal comune, unica e meravigliosa e realizzò senza ombra di dubbio - come se mi avesse aiutato lui a trovare la risposta e poteva benissimo averlo fatto - era avvenuta una cosa straordinaria: un incontro con un Extraterreste. Quel giovane Extraterretre era Pix
Era un caldo pomeriggio d'estate e Pix seduto sull'enorme pietra, posta sul ciglio della strada, aspettava i suoi due amici all'incrocio delle quattro strade, per trascorrere un'altra giornata assieme. Il silenzio che regnava tutto in torno era interrotto solo per alcuni istanti dal frinire di un grillo che aveva la sua tana li nei paraggi. Di li a poco avrebbe visto Olga e Dadi e gli avrebbe comunicato che lui sarebbe dovuto partire e che probabilmente non si sarebbero più rivisti. Si, era deciso, lo avrebbe detto in questo modo, così diretto senza giri di parole, senza esitazioni e senza aspettare altro tempo. Alzò lo sguardo verso il cielo e proprio in quell'istante fra le piante all'orizzonte sfrecciavano degli uccelli impegnati in una esibizione acrobatica. Le figure che esibivano gli ricordavano le azioni che lui, Dadi e la squadra di calcio avevano realizzato sul campo nella sfida del giorno prima. Guardava lo spettacolo allungando il collo e vedeva questi uccelli impegnati nel rincorresi, nel cambiare in modo repentino direzione e dirigersi ognuno di loro in punti diversi per poi riunirsi e comporre un'altra figura geometrica. Uno spettacolo unico. Chiuse gli occhi e come per magia quello spettacolo si visualizzava e nello stesso tempo si memorizzava nel suo cervello, così da poterne usufruire beatamente in tutta tranquillità tranquillità quando lo avrebbe richiamato successivamente. “Pix, Pix” gridò una voce, e la voce era quella di Olga, che sbucava dalla strada di destra. Pix si girò e la vide, il sole le batteva negli occhi e i suoi occhi brillavano come le pietre luminose che suo padre gli aveva donato prima di partire da Terrax. Osservò le sue labbra e pensò a quando ci aveva premuto sopra le sue e alla reazione che aveva avuto: un misto di rigidità e sorpresa. La scrutava nel suo muoversi così aggraziato cercando di capire il perchè provava così tanta attrazione per lei. Eppure più la guardava e più l'attrazione che lei gli suscitava aumentava. Lei gli andò incontro sorridendogli e con le braccia aperte e distese. Era vestita e pettinata con cura e al collo portava un nastro rosso che la ingentiliva e la rendeva ancora più graziosa. Quando si avvicinò abbastanza l'abbracciò e le disse: “Ciao Olga, come sei carina!” sembrava contenta che l'avesse notato, ma Pix rovinò tutto con la frase successiva: “Ma Dadi dov'è? Perchè non è con te?” sul volto di Olga si dipinse la delusione, forse sperava di sentire altre parole da parte di Pix, comunque cortesemente rispose: “Dadi ci aspetta al campo vuole presentarti l'allenatore della sua squadra” Si guardarono e ci fu un momento di stallo nella comunicazione allora Olga prese l'iniziativa: “A proposito del bacio...volevo dirti che mi dispiace se t'ha dato fastidio. È che...che...che mi piaci. Mi piaci molto! Parecchio e non ho resistito!” Olga era diventata tutta rossa e abbassando la testa lasciò la parola a Pix che non sapendo cosa dire rispose: “Anche tu mi piaci molto, non so perchè ma mi piaci”. La delusione torno sul volto di Olga. Si guardarono entrambi negli occhi e Olga non si perse d'animo e prese la mano di Pix e disse: “andiamo se no facciamo tardi, ci aspettano” si incamminarono mano nella mano e rimasero così per tutto il tragitto, pensierosi a guardare la strada che scorreva sotto i loro piedi, fino a consumare tutti i pensieri possibili. Stavano zitti forse perchè la paura di dire la cosa sbagliata in quel momento magico per entrambi, era così forte che tutti e due scelsero il silenzio. Ad un certo punto però Olga si fermò, si tolse il nastro dal collo e afferrando con entrambe le mani il suo polso destro di Pix glielo legò attorno come un bracciale dicendogli sorridendo: “questo è un mio regalo promettimi di portarlo con te sempre” Pix fu sorpreso da questo gesto ma era contento di quel dono e rispose: “è bellissimo e lo porterò sempre con me!” Poi abbassarono di nuovo entrambi lo sguardo e proseguirono il cammino. Pix sentiva il dovere di dire ad Olga la verità ma pensò che quello non era il momento e soprappensiero si toccò il polso nel punto in cui Olga gli aveva legato il nastro e sorrise e si stupì come quella stoffa setosa così liscia e morbida assomigliasse così tanto alla pelle della mano di Olga.
Dopo una ventina di minuti Olga e Pix raggiunsero il campo di allenamento dove si trovava al gran completo la squadra di Dadi con l'allenatore. Dadi appena li vide gli corse incontro e prendendo per un braccio Pix gli disse: “Pix vieni ti devo presentare il nostro allenatore vuole conoscerti, ha saputo della partita di ieri e vuole vederti all'opera.” Fece una pausa e poi riprese: “ Abbiamo organizzato un allenamento proprio per questo motivo. Per far vedere al nostro allenatore quanto sei bravo. Dai vieni” Pix non aveva molta voglia di giocare ne tanto meno di conoscere altre persone, voleva solo parlare con Olga e Dadi e spiegare chi lui fosse, da dove veniva e perchè doveva andarsene. L'esuberanza di Dadi ebbe il sopravvento, così lo condusse al cospetto dell'allenatore: “piacere mi chiamo Beppe e sono l'allenatore, mi hanno detto che ieri hai fatto faville” il signore che gli stava davanti era un tipo dai capelli brizzolati, occhi lucidi e scuri e il viso tempestato da efelidi era di un ovale quasi perfetto. Di fisico era alto e slanciato, sovrastava tutti di un palmo di mano e per guardarlo in faccia bisognava alzare la testa e inarcarla. “Buon giorno mi chiamo Pix, e ieri non ho fatto nulla di particolare ho solo giocato come gli altri” disse con un tono di voce modesto e a volume molto basso, per far capire che lo stato d'animo in cui si trovava non era proprio dei migliori. Dadi si accorse di questo e chiese all'amico se non si sentiva bene o se c'era qualcosa che non andava. Pix rispose che andava tutto bene. “E allora cosa aspettiamo dai organizziamoci e iniziamo a giocare così il mister (così i giocatori chiamavano l'allenatore Beppe) potrà osservare la bravura di Pix!” Beppe fischiò e poi gridò ai ragazzi di radunarsi attorno a lui e assegnò i ruoli,
Pix doveva giocare a centrocampo, e poi tutti entrarono in campo. Circa una ventina di altre compagne, compresa Olga, circondavano il campo pronte a tifare e applaudire i ragazzi per le loro giocate. Beppe, dopo essersi assicurato che tutti fossero ai loro posti, fischio l'inizio della partita. Qualche momento dopo il fischio d'inizio Dadi scattò sulla fascia destra, si liberò con un dribbling di un avversario andò sul fondo e fece un cross alto,teso e preciso verso il centro dell'area di rigore dove si era appena smarcato Pix che con una elevazione imponente colpì di testa e mandò il pallone ad insaccarsi all'incrocio dei pali sulla destra del portiere. Beppe rimase impassibile si limitò a passarsi una mano nei capelli sotto lo sguardo attento di Dadi che ne voleva valutare la reazione. La squadra dove giocava Pix entrò subito in possesso di palla, controllavano il gioco con una facilità di passaggio insolita e restando sempre vicini alla porta avversaria. Ad un certo punto Pix si impossessò della palla al limite dell'area di rigore, si liberò dell'avversario diretto ed entrò in area , fintò di tirare sulla destra e lasciò il portiere impiantato nel terreno prima di tirare a sinistra facendo gol. A questo punto Beppe sembrava entusiasta del nuovo -acquisto- indubbiamente questo Pix aveva buona tecnica, intuito e sapeva giocare con la squadra. Si, aveva talento e sicuramente avrebbe contribuito a migliorare le prestazioni della squadra dell'istituto nel torneo delle scuole che si sarebbe svolto tra due settimane. Beppe con il suo fischietto emise un altro sibilo e radunò di nuovo tutti i ragazzi attorno a se e quando furono tutti in semicerchio disse: “non è andata così male, diciamo che siamo ad un buon punto della preparazione e che tra due settimane potremo affrontare le altre scuole con l'ambizione di far bene, quindi ragazzi ci vediamo dopo domani alle tre qui al campo per l'allenamento.” Tutti rimasero li in piedi, tutti si aspettavano ancora qualcosa che Beppe non tardò a dire: “ah Pix da oggi sei uno di noi!” tutti a saltare ed urlare per questa ultima e attesa notizia era ufficiale Pix faceva parte della squadra di istituto. Mentre tutti si stavano congratulando con Pix Beppe all'improvviso disse: “Pix tu sei trasferito da poco nella nostra città e ti sei già iscritto alla nostra scuola vero?” Tutti si girarono a guardare Pix il quale non sapeva cosa rispondere, intervenne subito Dadi: “Si Mister Pix è nella nostra cittadina da pochi giorni e non si è ancora iscritto alla nostra scuola, ma oggi stesso andiamo insieme in segreteria e facciamo l'iscrizione. Nessuna paura Mister ci penso io, Pix è già uno di noi!” tutti tirarono un sospiro di sollievo e se ne andarono tranquilli ognuno per la loro strada. Quando si ricompose il trio Olga fece subito una domanda al taciturno Pix: “che ne pensi? Non hai detto nulla da quando è finita la partita, non ti vedo particolarmente contento, che c'è?” Olga aveva colto il malessere interno che stava vivendo Pix e voleva capire questo cambio d'umore da un giorno all'altro. Il giorno prima sembrava entusiasta sia del calcio sia della sua presenza ed oggi era così triste. Ma perchè? Pix rispose con filo di voce: “dovrei parlarvi” Olga e Dadi si fermarono immediatamente e rivolsero il loro sguardo a Pix preoccupati per quello che il tono con il quale il loro compagno si era rivolto a loro. Così lui iniziò a parlare: “Olga, Dadi io dovrei dirvi una cosa importante che mi riguarda. Vedete io non sono di queste parti e vengo da lontano ma molto lontano. Inaspettatamente i suoi grandi occhi blu divennero inspiegabilmente magnetici e penetranti nel vero senso della parola e attirarono e catturarono gli occhi dei suoi giovani amici. Questa era un'altra capacità di Pix quella di entrare in comunicazione extrasensoriale con i riceventi del proprio messaggio. In quel preciso istante Olga e Dadi provarono la forte e chiara sensazione fisica di essere attirati con il loro intero corpo dentro ai suoi occhi cioè come attirati da un'energia magnetica e sentirono perdere il controllo del loro equilibrio e provarono la forte percezione di cadere letteralmente in uno stato di trance. Erano completamente in balia del suo potere ma allo stesso tempo erano perfettamente coscienti di ciò che gli stava accadendo e, mentre tutte queste manifestazioni psichiche avvenivano, sentivano un ronzio attraverso gli occhi, come se la comunicazione avvenisse solo tramite quel canale percettivo. Mentre Pix comunicava a loro la sua provenienza e il suo essere diverso in loro divenne particolarmente forte la sensazione fisica che se avessero continuato a guardarlo sarebbero caduti in una completa dipendenza dai suoi enigmatici occhi e per un momento si spaventarono. Un richiamo, era la madre, lontano interruppe questo momento, finalmente riuscirono a staccare i loro occhi dai suoi e ripresero lo stato di normalità. “Scusa Pix ma mia madre ci sta chiamando” disse Olga, come se nulla fosse successo e riprese: “a proposito Pix quello che ci stavi dicendo ce lo dirai domani ok? Ora dobbiamo proprio andare a casa altrimenti i miei si arrabbiano se arriviamo tardi a cena!” si salutarono e ognuno prese la propria via di casa. Senza accorgersene Pix aveva esercitato su di loro la sua capacità di sospensione temporale. Era un livello di stato emozionale che su Terrax era di normale prassi quando degli esseri empaticamente conciliabili comunicavano tra loro. A quel livello riuscivano a raggiungere la vera comunicazione multisensoriale. Era difficile da spiegare come tutto questo fosse successo con degli umani, lo avrebbe chiesto a suo padre il perchè di questo evento così strano. Continuava a camminare per la strada ma alle sue spalle sentì dei passi, si girò di colpo e non vide nessuno. Era sicuro qualcuno lo stava seguendo di nascosto. Mentre salì sulla scala dell'astronave si voltò indietro per due volte e cerco di intravedere se nei paraggi ci fosse qualcuno, ma nulla; si voltò per la terza ed ultima volta e dall'alto della scalinata con i suoi impressionanti e grandi occhi blu che parvero diventare liquidi, lanciarono un inaspettato raggio luminoso, magnetico e penetrante. Poi si voltò e sparì nella sua astronave.
Olga per un momento stentò a crederci ma poi capì che nessun essere umano poteva fare niente del genere e nella sua mente si affacciò la risposta e non potè fare a meno di dirsi che era avvenuta una cosa fuori dal comune, unica e meravigliosa e realizzò senza ombra di dubbio - come se mi avesse aiutato lui a trovare la risposta e poteva benissimo averlo fatto - era avvenuta una cosa straordinaria: un incontro con un Extraterreste. Quel giovane Extraterretre era Pix
02 agosto 2009
PIX 11
Quella sera una tempesta di micro-polveri elettromagnetiche si era scatenata attorno alla via lattea e impedì a Pix qualsiasi tipo di contatto con il pianeta Terrax.. Questo impedimento gli procurò uno stato di tensione e l'unico rimedio, pensò, fosse quello di andare a sdraiarsi e a riposare nella sua confortevole cuccetta. Il sonno di quella notte fu travagliato, Pix ebbe degli incubi, in uno di questi vedeva Dadi che lo inseguiva con un pallone che diventava sempre più grande ed a un certo punto se lo sentì addosso e in quel momento si svegliò di soprassalto e gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Usci dalla sua branda rigeneratrice e non sapendo cosa fare si mise a controllare tutti gli strumenti di bordo. Non avrebbe mai pensato che una partita di calcio potesse portarlo a questo stato d'animo. Ma lui sapeva in cuor suo che stava mentendo a se stesso, lo stato d'agitazione glielo procurava il pensiero di Olga o meglio i progetti che aveva fatto su loro due. Mentre si muoveva nella cabina di pilotaggio sentì una voce familiare che diceva: “Pix ci sei?Pix rispondi” era suo padre che aveva ripreso il contatto radio con la navicella. “Padre, padre sono qui e ti ascolto!” disse tutto eccitato nel rispondere. “Pix finalmente come ti va?” riprese la parola e con una agitazione sempre più convulsa disse: “Ho giocato, Ho giocato a calcio! Padre è stato bellissimo!” il padre venne sommerso dall'entusiasmo di Pix e replicò: “dimmi Pix raccontami come è andata, dai dimmi tutto” Pix non vedeva l'ora ed iniziò il racconto della sua partita: “la partita è finita 5 a 1, non so come, non so il perchè ma un gol l'ho fatto anch'io Padre. Mi sono trovato il pallone tra i piedi, ho dribblato un avversario poi un altro e poi un altro ancora e poi ho tirato in porta e ho fatto gol!
Ho sentito un grido fortissimo GOL e tutti mi sono saltati addosso. Dadi, un mio amico, mi ha abbracciato e gli altri mi hanno sollevato e addirittura mi hanno lanciato in aria, E' STATO UN TRIONFO, padre non mi sono mai sentito così, è stato incredibile. Io non ho capito molto, ma mi sono sentito così felice che ho giocato come se ci fossi solo io in campo e ho fatto azioni spettacolari. Che bello giocare a calcio!” Il padre partecipò alla felicità di Pix chiedendo particolari e spiegazioni sulle regole di questo gioco che entusiasmava così tanto suo figlio. Pix era un fiume in piena parlando raccontava e spiegava le situazioni più complicate ed interessati della partita. Il padre visualizzava tutta quel che Pix diceva e viveva con altrettanta partecipazione le esperienze del figlio. Ad un certo punto Pix interruppe il suo racconto e fece una domanda a suo padre: “padre mi passeresti mia madre ora vorrei parlare con lei, ho delle domande da farle” il padre si meravigliò non poco di questo cambio di discorso, ma vista la richiesta decisa e diretta chiamò la sua compagna, che attendeva ansiosamente di sentire il suo amato figliolo e le passò la comunicazione. “Pix, Pix mio amato figliolo come stai?” Pix appena sentì la voce della madre fu pervaso da una profonda commozione e da un senso di calore, forse la sua trasformazione temporanea in umano stava prendendo il sopravento sulla più distaccata condizione di Terraxano. Rispose subito: “madre, madre che piacere sentire almeno la tua voce” il contatto video non si era ancora ripristinato: “madre ho giocato a calcio ed è stato bellissimo, ma in realtà è successa un'altra cosa bellissima” ci fu una pausa che la madre di Pix interruppe con una domanda: “che è successo di così bello Pix?” Pix rispose immediatamente: “ madre ti avevo parlato di Olga vero?!” “si Pix mi avevi parlato di questa terrestre” “ bene madre ho deciso di portarla con me su Terrax e di chiederle di diventare la mia compagna!” Silenzio la comunicazione sembrava interrotta e Pix chiese: “madre ci sei? Sei ancora connessa?” la madre rispose: “si Pix sono ancora qui. Ma stavo pensando ne hai parlato a lei della tua condizione e del tuo progetto?” il silenzio ripiombò di nuovo nella comunicazione. A questo punto fu la madre che riprese a dialogare con le stesse domande che Pix le aveva appena rivolto: “Pix ci sei? Sei connesso?” Pix era li e stava pensando alle domande che sua madre le aveva appena rivolto e sinceramente trovava difficoltà nel darsi e nel dare una risposta. “Pix ascoltami, quello che tu stai provando per questa giovane donna è un embrione di amore. L'amore, come altre esperienze umane, può scombussolare temporaneamente la tua realtà, ma può anche esserti utile per la tua crescita. Questo sentimento ti fa provare modi nuovi di essere e di sentire, e anche la necessità di spostare i bisogni di vicinanza e di dipendenza su qualcuno che non siano i tuoi genitori cioè io e tuo padre. Ti sto dicendo caro il mio Pix che questo sentimento che stai provando per Olga serve per colmare il vuoto lasciato dall'assenza dei tuoi genitori. Ma questa fusione con questa umana è per te impossibile perchè voi siete diversi nell'essere. Tu sei attratto da questo pensiero primitivo, magico, irrazionale ma è mio compito ricordarti che tu sei Terraxxano e lei è terrestre e nulla vi accomuna se non una tua temporanea trasformazione.” Pix ascoltava in silenzio la madre e rifletteva sulle sue parole, a lui sembrava impossibile che quello che provava era solo causa della sua trasformazione temporanea in terrestre, oppure per la mancanza dei suoi genitori. Però stimava troppo la madre per non dare credito alle sue affermazioni e confuso disse: “madre cosa mi consigli di fare?” dopo una lunga pausa di riflessione la madre con un tono che non ammetteva dubbi sul da faresi disse a sua volta: “Pix torna su Terrax!”
Ho sentito un grido fortissimo GOL e tutti mi sono saltati addosso. Dadi, un mio amico, mi ha abbracciato e gli altri mi hanno sollevato e addirittura mi hanno lanciato in aria, E' STATO UN TRIONFO, padre non mi sono mai sentito così, è stato incredibile. Io non ho capito molto, ma mi sono sentito così felice che ho giocato come se ci fossi solo io in campo e ho fatto azioni spettacolari. Che bello giocare a calcio!” Il padre partecipò alla felicità di Pix chiedendo particolari e spiegazioni sulle regole di questo gioco che entusiasmava così tanto suo figlio. Pix era un fiume in piena parlando raccontava e spiegava le situazioni più complicate ed interessati della partita. Il padre visualizzava tutta quel che Pix diceva e viveva con altrettanta partecipazione le esperienze del figlio. Ad un certo punto Pix interruppe il suo racconto e fece una domanda a suo padre: “padre mi passeresti mia madre ora vorrei parlare con lei, ho delle domande da farle” il padre si meravigliò non poco di questo cambio di discorso, ma vista la richiesta decisa e diretta chiamò la sua compagna, che attendeva ansiosamente di sentire il suo amato figliolo e le passò la comunicazione. “Pix, Pix mio amato figliolo come stai?” Pix appena sentì la voce della madre fu pervaso da una profonda commozione e da un senso di calore, forse la sua trasformazione temporanea in umano stava prendendo il sopravento sulla più distaccata condizione di Terraxano. Rispose subito: “madre, madre che piacere sentire almeno la tua voce” il contatto video non si era ancora ripristinato: “madre ho giocato a calcio ed è stato bellissimo, ma in realtà è successa un'altra cosa bellissima” ci fu una pausa che la madre di Pix interruppe con una domanda: “che è successo di così bello Pix?” Pix rispose immediatamente: “ madre ti avevo parlato di Olga vero?!” “si Pix mi avevi parlato di questa terrestre” “ bene madre ho deciso di portarla con me su Terrax e di chiederle di diventare la mia compagna!” Silenzio la comunicazione sembrava interrotta e Pix chiese: “madre ci sei? Sei ancora connessa?” la madre rispose: “si Pix sono ancora qui. Ma stavo pensando ne hai parlato a lei della tua condizione e del tuo progetto?” il silenzio ripiombò di nuovo nella comunicazione. A questo punto fu la madre che riprese a dialogare con le stesse domande che Pix le aveva appena rivolto: “Pix ci sei? Sei connesso?” Pix era li e stava pensando alle domande che sua madre le aveva appena rivolto e sinceramente trovava difficoltà nel darsi e nel dare una risposta. “Pix ascoltami, quello che tu stai provando per questa giovane donna è un embrione di amore. L'amore, come altre esperienze umane, può scombussolare temporaneamente la tua realtà, ma può anche esserti utile per la tua crescita. Questo sentimento ti fa provare modi nuovi di essere e di sentire, e anche la necessità di spostare i bisogni di vicinanza e di dipendenza su qualcuno che non siano i tuoi genitori cioè io e tuo padre. Ti sto dicendo caro il mio Pix che questo sentimento che stai provando per Olga serve per colmare il vuoto lasciato dall'assenza dei tuoi genitori. Ma questa fusione con questa umana è per te impossibile perchè voi siete diversi nell'essere. Tu sei attratto da questo pensiero primitivo, magico, irrazionale ma è mio compito ricordarti che tu sei Terraxxano e lei è terrestre e nulla vi accomuna se non una tua temporanea trasformazione.” Pix ascoltava in silenzio la madre e rifletteva sulle sue parole, a lui sembrava impossibile che quello che provava era solo causa della sua trasformazione temporanea in terrestre, oppure per la mancanza dei suoi genitori. Però stimava troppo la madre per non dare credito alle sue affermazioni e confuso disse: “madre cosa mi consigli di fare?” dopo una lunga pausa di riflessione la madre con un tono che non ammetteva dubbi sul da faresi disse a sua volta: “Pix torna su Terrax!”
21 luglio 2009
PIX 10
PIX 10
Era un bel momento quello per Pix! La capacità umana di condividere tempo, emozioni e sogni esercitava su di lui, oltre che un'attrazione, un benessere particolare. Si era reso conto che per quei ragazzi gli amici rappresentavano il sostegno emotivo, il gruppo era vissuto in modo significativo e offriva la possibilità di esercitare i legami sentimentali. Stava bene con quel gruppo e stava bene soprattutto con Olga. Finita la partita Olga, Pix e Dadi si incamminarono verso il posto dove si erano trovati nel primo pomeriggio, per il commiato serale. Parlavano e ricordavano le azioni salienti della partita. La strada che saliva per la collinetta, che sovrastava la cittadina di Leina, era una terrazza naturale sulla stessa. Osservando la cittadina dall'alto, questo minuscolo universo autosufficiente, Pix sentiva dentro di sé qualcosa che gli era difficile da decifrare. Ad un certo punto Pix capì: la causa di tutta questa esagitazione era Olga. Pix guardava Olga con occhi diversi o meglio i suoi occhi sembrava cogliessero particolari che sino ad allora gli erano sfuggiti. Olga aveva labbra bellissime che nessun programma grafico avrebbe potuto inventare; il colore poi ricordava il pianeta Marte e le sue sfumature di rosso. Gli occhi erano cosi ricchi di luminosità propria che sembravano pietre di Sirio. La sua pelle era di un candore che nemmeno il suo riproduttore cellulare avrebbe saputo imitare. Quei piccoli sassolini bianchi che si intravedevano dietro le labbra, che gli umani chiamavano denti, sembravano ricoperti di quella polvere che rende così bianca la via lattea. Aveva deciso: Olga era un capolavoro della natura umana e lui l'avrebbe convinta a seguirlo su Terrax!
Mentre la osservava, pensava che insieme avrebbero costituito una nuova civiltà sul pianeta Terrax che avrebbe bandito l'angoscia e l'infelicità. Avrebbero insieme costruito una società senza classi, senza pregiudizi e dove i componenti di questa fossero soggetti attivi del proprio vivere. Una civiltà senza conflitti e libera da ogni oppressione. “Pix, Pix ehi ma ti sei incantato?” era la voce di Olga che lo aveva riportato alla realtà. Pix sentì il suo sguardo su di sé e vedendola sorridere improvvisamente divenne vulnerabile e un poco spaventato da queste nuove sensazioni. In testa gli frullavano mille domande e altrettanti dubbi , ma in quel momento riuscì a proferire solo una parola: “si?” Proprio in quell'istante una leggera brezza scompigliò i capelli di Olga che le avvolsero quasi completamente il viso, la vide nella sua bellezza naturale mentre fece un respiro profondo ed iniziò a parlare: “Pix a Leina il calcio giovanile va per la maggiore, è quasi una fede. Quando si gioca contro le altre squadre quasi tutti i ragazzi della città corrono al campo per fare il tifo, insomma è una cosa bella.” intervenne Dadi spazientito: “Olga come la fai lunga!” Olga lo fissò in malo modo e riprese a parlare: “stai zitto! Pix volevamo chiederti: vuoi far parte della squadra della scuola che rappresenterà la nostra città nel prossimo campionato regionale?” Pix, un po' perchè sorpreso, un po' perchè ad una richiesta di Olga lui avrebbe risposto in modo affermativo rispose: “SI”. Ricominciarono gli abbracci e le urla di gioia e lui partecipò con altrettanto entusiasmo e trasporto. Si lasciarono lì proprio nel punto dove si erano ritrovati la prima volta. Pix si sentiva fiero di sé e non vedeva l'ora di comunicare tutto ai suoi genitori. Aveva tante domande per loro soprattutto per sua madre. Era stato un pomeriggio entusiasmante e uscendo dal bosco, incamminandosi per i prati vide un tramonto spettacolare. Il cielo era arancione, pieno di nubi rosse e viola mosse dal vento. La terra sembrava come schiacciata da quel cielo così vivo e immenso, stava calando la sera e lui sorrideva a sé e alla nuova vita.
Era un bel momento quello per Pix! La capacità umana di condividere tempo, emozioni e sogni esercitava su di lui, oltre che un'attrazione, un benessere particolare. Si era reso conto che per quei ragazzi gli amici rappresentavano il sostegno emotivo, il gruppo era vissuto in modo significativo e offriva la possibilità di esercitare i legami sentimentali. Stava bene con quel gruppo e stava bene soprattutto con Olga. Finita la partita Olga, Pix e Dadi si incamminarono verso il posto dove si erano trovati nel primo pomeriggio, per il commiato serale. Parlavano e ricordavano le azioni salienti della partita. La strada che saliva per la collinetta, che sovrastava la cittadina di Leina, era una terrazza naturale sulla stessa. Osservando la cittadina dall'alto, questo minuscolo universo autosufficiente, Pix sentiva dentro di sé qualcosa che gli era difficile da decifrare. Ad un certo punto Pix capì: la causa di tutta questa esagitazione era Olga. Pix guardava Olga con occhi diversi o meglio i suoi occhi sembrava cogliessero particolari che sino ad allora gli erano sfuggiti. Olga aveva labbra bellissime che nessun programma grafico avrebbe potuto inventare; il colore poi ricordava il pianeta Marte e le sue sfumature di rosso. Gli occhi erano cosi ricchi di luminosità propria che sembravano pietre di Sirio. La sua pelle era di un candore che nemmeno il suo riproduttore cellulare avrebbe saputo imitare. Quei piccoli sassolini bianchi che si intravedevano dietro le labbra, che gli umani chiamavano denti, sembravano ricoperti di quella polvere che rende così bianca la via lattea. Aveva deciso: Olga era un capolavoro della natura umana e lui l'avrebbe convinta a seguirlo su Terrax!
Mentre la osservava, pensava che insieme avrebbero costituito una nuova civiltà sul pianeta Terrax che avrebbe bandito l'angoscia e l'infelicità. Avrebbero insieme costruito una società senza classi, senza pregiudizi e dove i componenti di questa fossero soggetti attivi del proprio vivere. Una civiltà senza conflitti e libera da ogni oppressione. “Pix, Pix ehi ma ti sei incantato?” era la voce di Olga che lo aveva riportato alla realtà. Pix sentì il suo sguardo su di sé e vedendola sorridere improvvisamente divenne vulnerabile e un poco spaventato da queste nuove sensazioni. In testa gli frullavano mille domande e altrettanti dubbi , ma in quel momento riuscì a proferire solo una parola: “si?” Proprio in quell'istante una leggera brezza scompigliò i capelli di Olga che le avvolsero quasi completamente il viso, la vide nella sua bellezza naturale mentre fece un respiro profondo ed iniziò a parlare: “Pix a Leina il calcio giovanile va per la maggiore, è quasi una fede. Quando si gioca contro le altre squadre quasi tutti i ragazzi della città corrono al campo per fare il tifo, insomma è una cosa bella.” intervenne Dadi spazientito: “Olga come la fai lunga!” Olga lo fissò in malo modo e riprese a parlare: “stai zitto! Pix volevamo chiederti: vuoi far parte della squadra della scuola che rappresenterà la nostra città nel prossimo campionato regionale?” Pix, un po' perchè sorpreso, un po' perchè ad una richiesta di Olga lui avrebbe risposto in modo affermativo rispose: “SI”. Ricominciarono gli abbracci e le urla di gioia e lui partecipò con altrettanto entusiasmo e trasporto. Si lasciarono lì proprio nel punto dove si erano ritrovati la prima volta. Pix si sentiva fiero di sé e non vedeva l'ora di comunicare tutto ai suoi genitori. Aveva tante domande per loro soprattutto per sua madre. Era stato un pomeriggio entusiasmante e uscendo dal bosco, incamminandosi per i prati vide un tramonto spettacolare. Il cielo era arancione, pieno di nubi rosse e viola mosse dal vento. La terra sembrava come schiacciata da quel cielo così vivo e immenso, stava calando la sera e lui sorrideva a sé e alla nuova vita.
18 luglio 2009
17 luglio 2009
LO STAGE IN GRECIA
DAL 12 AL 19 LUGLIO SARO` IN GRECIA E PRECISAMENTE NELL'ISOLA DI CORFU` PER UNA SETTIMANA DI STAGE RIGUARDANTE L'ALLENAMENTO CALCISTICO GIOVANILE.
11 luglio 2009
PIX 9
PIX 9
I tre amiconi arrivarono al campo con circa mezz'ora di ritardo. Questo campetto di calcio, mezzo sterrato e mezzo erboso, si trovava dietro una collinetta, proprio alle spalle di un edificio fatto tutto di mattoni, di fianco proprio ad un fiumiciattolo. Tutti erano già li, sia i compagni sia gli avversari li aspettavano in maglietta, calzoncini e scarpini da calcio. Cino si preoccupò subito di dare il materiale da gioco a Dadi e al nuovo amico: “dai Dadi siete in ritardo e questo è il tuo amico dal nome strano? Pix se non ricordo male, vero?” Dadi rispose mentre si stava già spogliando: “si questo è Pix e ha bisogno di un paio di scarpini penso numero quarantadue, puoi trovarne un paio Cino?” Cino era il factotum della squadra della scuola, non essendo proprio una cima nel giocare si era dedicato all'organizzazione e ad aiutare il Prof (allenatore della squadra) durante le partite ufficiali, una specie di vice allenatore. Cino era un tipo alto e magro , con le orecchie a sventola ed un paio di occhiali che sembravano troppo grandi per lui. I capelli a spazzola erano addirittura dritti sulla nuca. Sapeva tutto sul calcio e soprattutto trovava una soluzione a qualsiasi problema, e trovò anche gli scarpini! Dopo pochi minuti fu tutto pronto. Le squadre si disposero sul campo una di fronte all'altra. Quelli della squadra di Dadi e di Pix con la maglia azzurra e gli avversari con la maglia gialla. Il pallone fu portato al centro del campo e la partita, sotto la direzione di, sorpresa delle sorprese, OLGA, poteva avere inizio. Olga fischiò e così iniziò la partita! A Pix era stato detto di posizionarsi sulla destra in difesa e lui diligentemente si mise in quel posto e per i primi dieci minuti non si mosse da li. Osservava il gioco in modo passivo ed evitava qualsiasi iniziativa e contatto con gli avversari. Stava imparando! Stava applicando il metodo che su Terrax si utilizzava da tempo per l'apprendimento di competenze motorie: la VISUALIZZAZIONE. Il metodo consisteva nell'osservare attentamente in modo analitico tutte le fasi del movimento e poi ripeterle mentalmente con il pensiero per un numero imprecisato di volte affinchè questa competenza fosse assimilata. I gesti erano molti e lui aveva bisogno di tempo, ma c'era un problema: la sua squadra però aveva bisogno di lui subito. La partita era molto accesa, sotto l'aspetto tecnico non era un gran che, anche se Dadi in mezzo al campo aveva già realizzato due o tre triangolazioni di pregevole fattura, gli avversari con il loro gioco duro mandavano a farsi benedire ogni tentativo di bel gioco. Loro lavoravano di gomiti e di spintoni e calciavano in porta da ogni parte del campo per poter segnare e ci riuscirono al quindicesimo del primo tempo, con una cannonata da fuori area, del loro numero dieci, certamente il loro miglior giocatore. Uno a zero palla al centro. Dadi capì che, se volevano vincere quella partita, dovevano buttarsi sullo stesso stile e passò la voce tra i suoi. Il gioco si faceva duro e a questo punto entrò in gioco Pix! Pix correva o meglio sfrecciava in tutte le direzioni e occupava le parti del campo con prestanza e ogni movimento era una scelta efficace. Sorprendenti erano i suoi virtuosismi con il pallone e poi su una rovesciata volanti altissima fece GOL! A questo punto la partita prese un'altra piega, un'altra fisionomia. Triangolazioni perfette, passaggi in profondità, cross bellissimi, colpi di testa imperiosi e tiri in porta imparabili permisero alla squadra di Dadi e di Pix di prendere il sopravvento sui gialli in ogni parte del terreno di gioco! Finì con un netto cinque a uno per gli azzurri. Tutti felici e festanti i compagni di Dadi si radunarono in circolo in mezzo al campo tutti scalmanati e sudati guardavano intensamente Pix, allora Dadi si mise di fianco a Pix e gli rivolse la parola dicendogli: “così mi hai preso in giro! Tu eri quello che non sapeva giocare? Sei stato bravissimo!” e lo abbracciò e al loro abbraccio non poteva mancare Olga che arrivò come un'onda anomala e travolse i due facendoli rotolare per terra per alcuni metri! Gli altri visto tanto ardore ed entusiasmo si buttarono sul trio festante e ne venne fuori una mischia fatta di urla e sorrisi. Olga nella confusione si trovò con il suo viso ad un palmo dal viso di Pix, chiuse gli occhi e lo baciò sulla bocca! Pix provò una piacevole sensazione a quel contatto e si lasciò andare cercò di stringere il volto di Olga ma una forza esterna lo trascinò via da quella bella e dolce realtà. Era un compagno di squadra che gli urlava in faccia: “tu sei un fenomeno, anzi tu sei un extraterrestre!” Pix forse aveva esagerato!
I tre amiconi arrivarono al campo con circa mezz'ora di ritardo. Questo campetto di calcio, mezzo sterrato e mezzo erboso, si trovava dietro una collinetta, proprio alle spalle di un edificio fatto tutto di mattoni, di fianco proprio ad un fiumiciattolo. Tutti erano già li, sia i compagni sia gli avversari li aspettavano in maglietta, calzoncini e scarpini da calcio. Cino si preoccupò subito di dare il materiale da gioco a Dadi e al nuovo amico: “dai Dadi siete in ritardo e questo è il tuo amico dal nome strano? Pix se non ricordo male, vero?” Dadi rispose mentre si stava già spogliando: “si questo è Pix e ha bisogno di un paio di scarpini penso numero quarantadue, puoi trovarne un paio Cino?” Cino era il factotum della squadra della scuola, non essendo proprio una cima nel giocare si era dedicato all'organizzazione e ad aiutare il Prof (allenatore della squadra) durante le partite ufficiali, una specie di vice allenatore. Cino era un tipo alto e magro , con le orecchie a sventola ed un paio di occhiali che sembravano troppo grandi per lui. I capelli a spazzola erano addirittura dritti sulla nuca. Sapeva tutto sul calcio e soprattutto trovava una soluzione a qualsiasi problema, e trovò anche gli scarpini! Dopo pochi minuti fu tutto pronto. Le squadre si disposero sul campo una di fronte all'altra. Quelli della squadra di Dadi e di Pix con la maglia azzurra e gli avversari con la maglia gialla. Il pallone fu portato al centro del campo e la partita, sotto la direzione di, sorpresa delle sorprese, OLGA, poteva avere inizio. Olga fischiò e così iniziò la partita! A Pix era stato detto di posizionarsi sulla destra in difesa e lui diligentemente si mise in quel posto e per i primi dieci minuti non si mosse da li. Osservava il gioco in modo passivo ed evitava qualsiasi iniziativa e contatto con gli avversari. Stava imparando! Stava applicando il metodo che su Terrax si utilizzava da tempo per l'apprendimento di competenze motorie: la VISUALIZZAZIONE. Il metodo consisteva nell'osservare attentamente in modo analitico tutte le fasi del movimento e poi ripeterle mentalmente con il pensiero per un numero imprecisato di volte affinchè questa competenza fosse assimilata. I gesti erano molti e lui aveva bisogno di tempo, ma c'era un problema: la sua squadra però aveva bisogno di lui subito. La partita era molto accesa, sotto l'aspetto tecnico non era un gran che, anche se Dadi in mezzo al campo aveva già realizzato due o tre triangolazioni di pregevole fattura, gli avversari con il loro gioco duro mandavano a farsi benedire ogni tentativo di bel gioco. Loro lavoravano di gomiti e di spintoni e calciavano in porta da ogni parte del campo per poter segnare e ci riuscirono al quindicesimo del primo tempo, con una cannonata da fuori area, del loro numero dieci, certamente il loro miglior giocatore. Uno a zero palla al centro. Dadi capì che, se volevano vincere quella partita, dovevano buttarsi sullo stesso stile e passò la voce tra i suoi. Il gioco si faceva duro e a questo punto entrò in gioco Pix! Pix correva o meglio sfrecciava in tutte le direzioni e occupava le parti del campo con prestanza e ogni movimento era una scelta efficace. Sorprendenti erano i suoi virtuosismi con il pallone e poi su una rovesciata volanti altissima fece GOL! A questo punto la partita prese un'altra piega, un'altra fisionomia. Triangolazioni perfette, passaggi in profondità, cross bellissimi, colpi di testa imperiosi e tiri in porta imparabili permisero alla squadra di Dadi e di Pix di prendere il sopravvento sui gialli in ogni parte del terreno di gioco! Finì con un netto cinque a uno per gli azzurri. Tutti felici e festanti i compagni di Dadi si radunarono in circolo in mezzo al campo tutti scalmanati e sudati guardavano intensamente Pix, allora Dadi si mise di fianco a Pix e gli rivolse la parola dicendogli: “così mi hai preso in giro! Tu eri quello che non sapeva giocare? Sei stato bravissimo!” e lo abbracciò e al loro abbraccio non poteva mancare Olga che arrivò come un'onda anomala e travolse i due facendoli rotolare per terra per alcuni metri! Gli altri visto tanto ardore ed entusiasmo si buttarono sul trio festante e ne venne fuori una mischia fatta di urla e sorrisi. Olga nella confusione si trovò con il suo viso ad un palmo dal viso di Pix, chiuse gli occhi e lo baciò sulla bocca! Pix provò una piacevole sensazione a quel contatto e si lasciò andare cercò di stringere il volto di Olga ma una forza esterna lo trascinò via da quella bella e dolce realtà. Era un compagno di squadra che gli urlava in faccia: “tu sei un fenomeno, anzi tu sei un extraterrestre!” Pix forse aveva esagerato!
10 luglio 2009
PIX 8
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Olga e Dadi si guardarono increduli e poi entrambi rivolsero l'attenzione al giovane amico. Dadi si mise una mano in testa per poter riflettere meglio e poi riprese a parlare: “ma Pix tu veramente non sai giocare a calcio? Ma da che pianeta arrivi?” Pix fu sorpreso dalla domanda e rispose: “si io vengo da un altro p...aese!” Si accorse di avere di nuovo suscitato l'attenzione dei due ragazzi e allora fece un sorriso e per distrarli continuò: “sapete nel mio paese nessuno gioca a calcio e quindi...” con una pausa lasciò in sospeso il discorso e subito Dadi si inserì: “sei fortunato caro Pix, qui davanti a te c'è il più grande esperto di regolamento calcistico che la scuola media del paese ha conosciuto negli ultimi vent'anni!” dicendo questo Dadi fece tre passi indietro allargando le braccia, quasi per ostentare con il suo comportamento il suo sapere. “Grazie a quel buon uomo dell'insegnante di educazione fisica quest'anno all'esame di terza media ho portato una relazione sul -IL GIOCO DEL CALCIO- le regole, le tecniche e le tattiche di gioco. So tutto!” disse Dadi facendo trasparire dalle sue parole quanto ne andava fiero di tutto questo sapere. “Allora adesso ti farò una breve relazione sul gioco del calcio”. Olga, che aveva seguito con attenzione le parole di Dadi, si girò di lato e disse: “oh no ci risiamo!” Questa esternazione era dovuta al fatto che quella “breve relazione” lei l'aveva sentita almeno venti volte mentre si preparava con il fratello gemello all'esame. “Cosa hai detto Olga?” chiese stizzito Dadi e lei rispose: “no dicevo ohh adesso ascoltiamo!”. Tutto impettito Dadi assunse il ruolo del maestrino e iniziò la sua lezione: “allora se vuoi imparare a giocare a calcio devi imparare le regole. Le regole del gioco del calcio sono diciassette!” Pix era attento e non perdeva una parola dell'amico maestro. “Ora te le elencherò semplicemente poi te le spiegherò una a una. Olga sbuffava mentre si era seduta di fianco a Pix e lo guardava rapita dai suoi bellissimi occhi azzurri. Dadi era partito per la tangente e non lo fermava più nessuno:“Dunque la regola n°1 riguarda il terreno di gioco; la regola n°2 tratta dell'oggetto con il quale si gioca questo sport: il pallone; la regola n°3 riguarda il numero dei giocatori e la regola n°4 dell'equipaggiamento di questi ultimi”. L'entusiasmo di Dadi nell'elencare le regole sembrava una recita più che una precisa esposizione di regole di un gioco. Pix annuiva ad ogni regola e Olga, sempre più vicina a Pix, cercava di carpire con i suoi occhi dolci l'interesse del suo vicino. “Ma eccoci alla regola n°5 che ci parla dell'Arbitro cioè il giudice supremo in campo senza del quale non si potrebbe giocare nessuna partita; la regola n°6 parla dei suoi collaboratori: i guardalinee; la regola n°7 della durata della gara; la regola n°8 del calcio di inizio gioco, la regola n°9 definisce la palla in gioco e la palla non in gioco; la regola n°10 è quella che definisce quando si segnata una rete; la regola n°11, la più difficile da capire vedrai, ma io te la spiegherò benissimo, è quella sul FUORIGIOCO; la regola n°12 definisce i falli e le scorrettezze; la regola n°13 definisce i calci di punizione; la regola n°14 è quella del calcio di rigore, il massimo delle punizioni; la regola n°15 definisce la rimessa laterale; la regola n°16 dice cos'è il calcio di rinvio dal fondo ed infine la regola n°17 e quella che parla del calcio d'angolo. FINITO!! Queste mio caro Pix sono le diciassette regole che ogni giocatore di calcio deve rispettare per poter essere un buon giocatore! Scolpisci bene nella tua mente queste regole, esse ti saranno di grande aiuto per giocare una bella e divertente partita di calcio”.
Pix era incantato da tanta bravura e precisione nell'elencare le regole del gioco da parte di Dadi. Questa relazione non gli aveva solo permesso di conoscere le regole del gioco del calcio ma gli aveva fatto anche capire quanto Dadi amasse questo splendido gioco.
Pix si alzò con un balzo e urlando: “tutti a giocare ora” abbracciò di nuovo sia Olga sia Dadi.
Dopo questo scatto di entusiasmo tutti e tre si incamminarono verso il campo di calcio. Durante il tragitto Dadi spiegò velocemente le regole a Pix. Entrò nei particolari delle misure del campo, della porta, parlò del pallone e descrisse in modo particolareggiato con esempi chiari la regola del FUORIGIOCO. Ma Dadi disse qualcosa di più a Pix, disse che giocare a calcio non è solo dare quattro calci ad un pallone, giocare a calcio è qualcosa che riguarda più aspetti della personalità di un ragazzo; così gli parlò di valori morali, di lealtà, di rispetto, di collaborazione, di sensibilità, di abilità, di creatività, di fantasia e di intelligenza. Mentre i due parlavano e discutevano Olga prendeva la mano di Pix tra le sue e la stringeva dolcemente, questo sicuramente non era calcio, era forse qualcosa di più.
Olga e Dadi si guardarono increduli e poi entrambi rivolsero l'attenzione al giovane amico. Dadi si mise una mano in testa per poter riflettere meglio e poi riprese a parlare: “ma Pix tu veramente non sai giocare a calcio? Ma da che pianeta arrivi?” Pix fu sorpreso dalla domanda e rispose: “si io vengo da un altro p...aese!” Si accorse di avere di nuovo suscitato l'attenzione dei due ragazzi e allora fece un sorriso e per distrarli continuò: “sapete nel mio paese nessuno gioca a calcio e quindi...” con una pausa lasciò in sospeso il discorso e subito Dadi si inserì: “sei fortunato caro Pix, qui davanti a te c'è il più grande esperto di regolamento calcistico che la scuola media del paese ha conosciuto negli ultimi vent'anni!” dicendo questo Dadi fece tre passi indietro allargando le braccia, quasi per ostentare con il suo comportamento il suo sapere. “Grazie a quel buon uomo dell'insegnante di educazione fisica quest'anno all'esame di terza media ho portato una relazione sul -IL GIOCO DEL CALCIO- le regole, le tecniche e le tattiche di gioco. So tutto!” disse Dadi facendo trasparire dalle sue parole quanto ne andava fiero di tutto questo sapere. “Allora adesso ti farò una breve relazione sul gioco del calcio”. Olga, che aveva seguito con attenzione le parole di Dadi, si girò di lato e disse: “oh no ci risiamo!” Questa esternazione era dovuta al fatto che quella “breve relazione” lei l'aveva sentita almeno venti volte mentre si preparava con il fratello gemello all'esame. “Cosa hai detto Olga?” chiese stizzito Dadi e lei rispose: “no dicevo ohh adesso ascoltiamo!”. Tutto impettito Dadi assunse il ruolo del maestrino e iniziò la sua lezione: “allora se vuoi imparare a giocare a calcio devi imparare le regole. Le regole del gioco del calcio sono diciassette!” Pix era attento e non perdeva una parola dell'amico maestro. “Ora te le elencherò semplicemente poi te le spiegherò una a una. Olga sbuffava mentre si era seduta di fianco a Pix e lo guardava rapita dai suoi bellissimi occhi azzurri. Dadi era partito per la tangente e non lo fermava più nessuno:“Dunque la regola n°1 riguarda il terreno di gioco; la regola n°2 tratta dell'oggetto con il quale si gioca questo sport: il pallone; la regola n°3 riguarda il numero dei giocatori e la regola n°4 dell'equipaggiamento di questi ultimi”. L'entusiasmo di Dadi nell'elencare le regole sembrava una recita più che una precisa esposizione di regole di un gioco. Pix annuiva ad ogni regola e Olga, sempre più vicina a Pix, cercava di carpire con i suoi occhi dolci l'interesse del suo vicino. “Ma eccoci alla regola n°5 che ci parla dell'Arbitro cioè il giudice supremo in campo senza del quale non si potrebbe giocare nessuna partita; la regola n°6 parla dei suoi collaboratori: i guardalinee; la regola n°7 della durata della gara; la regola n°8 del calcio di inizio gioco, la regola n°9 definisce la palla in gioco e la palla non in gioco; la regola n°10 è quella che definisce quando si segnata una rete; la regola n°11, la più difficile da capire vedrai, ma io te la spiegherò benissimo, è quella sul FUORIGIOCO; la regola n°12 definisce i falli e le scorrettezze; la regola n°13 definisce i calci di punizione; la regola n°14 è quella del calcio di rigore, il massimo delle punizioni; la regola n°15 definisce la rimessa laterale; la regola n°16 dice cos'è il calcio di rinvio dal fondo ed infine la regola n°17 e quella che parla del calcio d'angolo. FINITO!! Queste mio caro Pix sono le diciassette regole che ogni giocatore di calcio deve rispettare per poter essere un buon giocatore! Scolpisci bene nella tua mente queste regole, esse ti saranno di grande aiuto per giocare una bella e divertente partita di calcio”.
Pix era incantato da tanta bravura e precisione nell'elencare le regole del gioco da parte di Dadi. Questa relazione non gli aveva solo permesso di conoscere le regole del gioco del calcio ma gli aveva fatto anche capire quanto Dadi amasse questo splendido gioco.
Pix si alzò con un balzo e urlando: “tutti a giocare ora” abbracciò di nuovo sia Olga sia Dadi.
Dopo questo scatto di entusiasmo tutti e tre si incamminarono verso il campo di calcio. Durante il tragitto Dadi spiegò velocemente le regole a Pix. Entrò nei particolari delle misure del campo, della porta, parlò del pallone e descrisse in modo particolareggiato con esempi chiari la regola del FUORIGIOCO. Ma Dadi disse qualcosa di più a Pix, disse che giocare a calcio non è solo dare quattro calci ad un pallone, giocare a calcio è qualcosa che riguarda più aspetti della personalità di un ragazzo; così gli parlò di valori morali, di lealtà, di rispetto, di collaborazione, di sensibilità, di abilità, di creatività, di fantasia e di intelligenza. Mentre i due parlavano e discutevano Olga prendeva la mano di Pix tra le sue e la stringeva dolcemente, questo sicuramente non era calcio, era forse qualcosa di più.
08 luglio 2009
PIX 7
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Pix quella notte sognò la dolce Olga e con lei correva su prati rasati di fresco a piedi scalzi per chilometri e chilometri come liberati dalla gravità si lanciavano giù dai pendii che avevano scalato un istante prima senza far fatica. Era leggero e felice di quel momento. Per spiegarsi quella vera gioia doveva forse ricorrere alle parole che la madre gli aveva detto nel video-collegamento, ma non c'era tempo per questa analisi e passò ad un altro sogno. Sognò di essere Dadi e con lui giocava a CALCIO! Con la palla faceva di tutto: la palleggiava, la calciava passandola con precisione al suo compagno e con lui esploravano le tecniche più divertenti per far fare alla palla stessa traiettorie imprevedibili ed improbabili. Si svegliò all'improvviso con un movimento che assomigliava al calciare e uscì dalla “cella letto” che lo aveva ospitato tutta la notte e che lo rigenerava nelle sue sembianze di essere umano e gli procurava energia per tutta la giornata. Mentre si vestiva pensava all'incontro che da lì a qualche ora avrebbe avuto con il giovane uomo dal nome Dadi che aveva conosciuto il giorno prima. Mentre pensava a tutto questo guardò fuori dall'oblò principale della sua astronave e vide la boscaglia che si estendeva di fronte a se, era smossa da una leggera brezza e quel movimento di foglie ben si accordava con i suoi pensieri e la sua voglia di cullare i suoi sogni. Rimise in ordine tutte le cose che aveva utilizzato per il collegamento interplanetario avvenuto la sera prima e schiacciando il pulsante -apertura scaletta- si diresse verso di essa per scendere e andare all'appuntamento. Appena sceso notò sotto il suo piede un fiore azzurro lo colse e lo portò al naso e subito le sue narici si riempirono di un profumo fresco e gradevole , lo mise in tasca e si incamminò. Oramai era a suo agio nella condizione di terrestre, si muoveva nell'ambiente trovando risposte soddisfacenti con capacità di giudizi autonomi e indipendenti. Ogni spazio, ogni momento vissuto in quel luogo era una possibile situazione che favoriva il sorgere e lo sviluppo di domande e risposte diverse da quelle preconfezionate dal computer di bordo. Pix percorse tutta la stradina affascinato dallo spettacolo che la natura in quel punto presentava ai suoi occhi e risalì tutto il viale alberato fino al punto di ritrovo dell'appuntamento. Visto che il suo compagno non era ancora arrivato Pix si mise ad osservare la natura circostante. Tutto era immerso in una luce calda, gli alberi tendevano i loro rami costellati di foglie verso il cielo azzurro come gli occhi di... “Pix, Pix, Pix” riconobbe immediatamente quella voce: Olga. Con lui c'era anche Dadi che sotto il braccio portava l'oggetto magico: la palla. Pix lasciò i suoi pensieri e le sue considerazioni su tutto quello che stava osservando e ascoltando e corse verso Olga e Dadi ed emise inaspettatamente, soprattutto per sè, un grido di gioia: “evviva siete arrivati!” I due ragazzi sorpresi da tanto entusiasmo si misero a correre anche loro verso Pix e quando si trovarono si abbracciarono, ridendo e saltando. Sembravano dei vecchi amici che non si vedevano da tempo ed invece si erano conosciuti li proprio il giorno prima. Il primo a parlare fu Dadi: “Pix vuoi venire a giocare una partita di calcio giù al campetto con i miei amici di scuola?” Pix fu preso di sorpresa e rispose immediatamente. “certo Dadi vengo di sicuro” ed ecco che di nuovo il terzetto di amici si abbracciò. Nell'abbraccio Pix sentì distintamente il profumo di Olga, era un profumo fresco che gli ricordava il profumo del fiore che aveva colto dopo la discesa dalla sua astronave . Pix ansimava e boccheggiava dall'eccitazione che quel momento gli procurava esclamando ogni tanto , appena si staccava dagli amici: “che bello giocherò a calcio, che bello, che bello”. Anche questo entusiasmo meravigliò non poco sia Olga sia Dadi il quale non mollava la presa dalla sua palla. Quando si calmò la situazione Pix, che non sapeva cosa fosse e cosa volesse dire filtrare il proprio pensiero e quello che gli frullava nella testa era subito a disposizione della sua lingua, se ne uscì con una bella domanda: “ma scusate Olga e Dadi, come si gioca a calcio?”
Pix quella notte sognò la dolce Olga e con lei correva su prati rasati di fresco a piedi scalzi per chilometri e chilometri come liberati dalla gravità si lanciavano giù dai pendii che avevano scalato un istante prima senza far fatica. Era leggero e felice di quel momento. Per spiegarsi quella vera gioia doveva forse ricorrere alle parole che la madre gli aveva detto nel video-collegamento, ma non c'era tempo per questa analisi e passò ad un altro sogno. Sognò di essere Dadi e con lui giocava a CALCIO! Con la palla faceva di tutto: la palleggiava, la calciava passandola con precisione al suo compagno e con lui esploravano le tecniche più divertenti per far fare alla palla stessa traiettorie imprevedibili ed improbabili. Si svegliò all'improvviso con un movimento che assomigliava al calciare e uscì dalla “cella letto” che lo aveva ospitato tutta la notte e che lo rigenerava nelle sue sembianze di essere umano e gli procurava energia per tutta la giornata. Mentre si vestiva pensava all'incontro che da lì a qualche ora avrebbe avuto con il giovane uomo dal nome Dadi che aveva conosciuto il giorno prima. Mentre pensava a tutto questo guardò fuori dall'oblò principale della sua astronave e vide la boscaglia che si estendeva di fronte a se, era smossa da una leggera brezza e quel movimento di foglie ben si accordava con i suoi pensieri e la sua voglia di cullare i suoi sogni. Rimise in ordine tutte le cose che aveva utilizzato per il collegamento interplanetario avvenuto la sera prima e schiacciando il pulsante -apertura scaletta- si diresse verso di essa per scendere e andare all'appuntamento. Appena sceso notò sotto il suo piede un fiore azzurro lo colse e lo portò al naso e subito le sue narici si riempirono di un profumo fresco e gradevole , lo mise in tasca e si incamminò. Oramai era a suo agio nella condizione di terrestre, si muoveva nell'ambiente trovando risposte soddisfacenti con capacità di giudizi autonomi e indipendenti. Ogni spazio, ogni momento vissuto in quel luogo era una possibile situazione che favoriva il sorgere e lo sviluppo di domande e risposte diverse da quelle preconfezionate dal computer di bordo. Pix percorse tutta la stradina affascinato dallo spettacolo che la natura in quel punto presentava ai suoi occhi e risalì tutto il viale alberato fino al punto di ritrovo dell'appuntamento. Visto che il suo compagno non era ancora arrivato Pix si mise ad osservare la natura circostante. Tutto era immerso in una luce calda, gli alberi tendevano i loro rami costellati di foglie verso il cielo azzurro come gli occhi di... “Pix, Pix, Pix” riconobbe immediatamente quella voce: Olga. Con lui c'era anche Dadi che sotto il braccio portava l'oggetto magico: la palla. Pix lasciò i suoi pensieri e le sue considerazioni su tutto quello che stava osservando e ascoltando e corse verso Olga e Dadi ed emise inaspettatamente, soprattutto per sè, un grido di gioia: “evviva siete arrivati!” I due ragazzi sorpresi da tanto entusiasmo si misero a correre anche loro verso Pix e quando si trovarono si abbracciarono, ridendo e saltando. Sembravano dei vecchi amici che non si vedevano da tempo ed invece si erano conosciuti li proprio il giorno prima. Il primo a parlare fu Dadi: “Pix vuoi venire a giocare una partita di calcio giù al campetto con i miei amici di scuola?” Pix fu preso di sorpresa e rispose immediatamente. “certo Dadi vengo di sicuro” ed ecco che di nuovo il terzetto di amici si abbracciò. Nell'abbraccio Pix sentì distintamente il profumo di Olga, era un profumo fresco che gli ricordava il profumo del fiore che aveva colto dopo la discesa dalla sua astronave . Pix ansimava e boccheggiava dall'eccitazione che quel momento gli procurava esclamando ogni tanto , appena si staccava dagli amici: “che bello giocherò a calcio, che bello, che bello”. Anche questo entusiasmo meravigliò non poco sia Olga sia Dadi il quale non mollava la presa dalla sua palla. Quando si calmò la situazione Pix, che non sapeva cosa fosse e cosa volesse dire filtrare il proprio pensiero e quello che gli frullava nella testa era subito a disposizione della sua lingua, se ne uscì con una bella domanda: “ma scusate Olga e Dadi, come si gioca a calcio?”
05 luglio 2009
PIX 6
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Arrivato all'astronave Pix aveva ancora la mente intorpidita dal libero corso dei sentimenti. Si sedette sulla poltrona di comando e mantenne per alcuni secondi le mani penzolanti, socchiuse le palpebre e rivide in un attimo tutta la sua giornata. Via via che le immagini scorrevano Pix si sentiva prendere da uno stato di torpore che quasi magicamente gli infondeva nuove forze. Si destò da quello stato e con il dito indice premette il pulsante: connessione! Sentì e vide sul monitor subito la voce e l'immagine di suo padre: “Pix, Pix, Pix tutto bene?” si sentiva che era un po' in ansia! Pix rispose con entusiasmo: “Papà come va? Tutto bene ? Io sto benissimo! Ho molte cose da raccontarti...”. Pix iniziò a parlare e raccontò tutto a suo padre. Raccontò dei suoi incontri nella città, delle sue esperienze con gli umani e gli parlò ancora del CALCIO, facendo vedere al padre i gesti che il bambino realizzava con la palla. La sua voce durante il racconto aveva preso toni così concitati che anche il padre aveva qualche difficoltà a seguire il racconto, ma riferì i fatti con dovizia di particolari in modo talmente portentoso che al padre parve di riviverli lui stesso. Ma ad un certo punto Pix chiese: “Papà mi puoi mettere in contatto con la mamma, sai devo parlarle di una cosa, diciamo particolare!” Il padre lo fece immediatamente e prima di vederla Pix sentì la dolce voce della madre: “Pix tesoro mio come stai, come va lì sulla terra?” a Pix quelle parole riempirono il centro emozionale e avvicinandosi ancor di più al monitor rispose: “mamma qui va tutto bene! Il cielo è di un azzurro straordinario, dovresti vederlo, così puro così terso, da sembrare dipinto” l'immagine del giovane Pix la colmava talmente di gioia che era a malapena consapevole di star a parlar con lui. All'inizio era stata inquieta per la sua partenza, ma poi si era rassicurata, certa di rivederlo come certo è il divenire del giorno dopo la notte. Pix continuava nel suo racconto: “mamma qui è tutto un ascoltare, fiutare e percepire. Qui l'odore dell'erba si fa strada attraverso le mie narici umane e va a colpire il mio centro neuronale impressionandolo di sensazioni a me sconosciute” che belle parole sentiva dalla voce di suo figlio; lei che aveva immaginato che la terra fosse abitata da uomini dal ventre ripugnante con le bocche da squalo, le mani ad uncino, i petti mostruosi e con i piedi a forma di pinne, provò stupore dinanzi a quella descrizione di quel mondo sconosciuto. Ad un certo punto la voce di Pix si fece più bassa e le parole venivano esternate con più calma: “mamma ho conosciuto una ragazza dal nome Olga” ci fu una pausa e la madre capì che quello era il motivo centrale della loro discussione: “bene Pix parlami di lei”. Pix riprese con l'entusiasmo il suo dialogo, sapeva di poter contare su sua madre e i suoi consigli: “ ha occhi grandi e azzurri, ha delle labbra rosse, un colorito della pelle di un bianco abbagliante e dei capelli biondi color della luce di solex”. La madre si stupì e rimase contenta di questa descrizione così minuziosa che Pix aveva fatto della giovane donna umana, fece un grande sospiro, per svuotarsi di un po' di quella felicità che l'aveva pervasa e si sforzò di parlagli: “caro figlio mio sono immensamente contenta del fatto che tu abbia conosciuto questo essere così grazioso e sento che stai provando una sensazione che sulla terra, se i miei studi non si sbagliano, si chiama innamoramento. Stai attento che questo un po' ti farà soffrire ma sarà un'esperienza che ti crescerà e ti renderà migliore”. I led che illuminavano il tempo per la connessione stavano azzerando le cifre e Pix doveva interrompere la comunicazione. Aveva ancora molte cose da chiedere a sua madre, domande alle quali il computer di bordo non avrebbe risposto. Per ora bastava così e lasciò la madre con un: “mamma sei sempre preziosa e sai sempre dirmi le parole giuste, ciao ci sentiamo prossimamente, saluta papà!” la comunicazione si interruppe. La madre di Pix, dall'altra parte della galassia, sorrise con tenerezza infinita e le braccia di lei lunghe e sottili abbracciarono il monitor che aveva di fronte e dalla bocca uscì una sola parola: “PIX”
Arrivato all'astronave Pix aveva ancora la mente intorpidita dal libero corso dei sentimenti. Si sedette sulla poltrona di comando e mantenne per alcuni secondi le mani penzolanti, socchiuse le palpebre e rivide in un attimo tutta la sua giornata. Via via che le immagini scorrevano Pix si sentiva prendere da uno stato di torpore che quasi magicamente gli infondeva nuove forze. Si destò da quello stato e con il dito indice premette il pulsante: connessione! Sentì e vide sul monitor subito la voce e l'immagine di suo padre: “Pix, Pix, Pix tutto bene?” si sentiva che era un po' in ansia! Pix rispose con entusiasmo: “Papà come va? Tutto bene ? Io sto benissimo! Ho molte cose da raccontarti...”. Pix iniziò a parlare e raccontò tutto a suo padre. Raccontò dei suoi incontri nella città, delle sue esperienze con gli umani e gli parlò ancora del CALCIO, facendo vedere al padre i gesti che il bambino realizzava con la palla. La sua voce durante il racconto aveva preso toni così concitati che anche il padre aveva qualche difficoltà a seguire il racconto, ma riferì i fatti con dovizia di particolari in modo talmente portentoso che al padre parve di riviverli lui stesso. Ma ad un certo punto Pix chiese: “Papà mi puoi mettere in contatto con la mamma, sai devo parlarle di una cosa, diciamo particolare!” Il padre lo fece immediatamente e prima di vederla Pix sentì la dolce voce della madre: “Pix tesoro mio come stai, come va lì sulla terra?” a Pix quelle parole riempirono il centro emozionale e avvicinandosi ancor di più al monitor rispose: “mamma qui va tutto bene! Il cielo è di un azzurro straordinario, dovresti vederlo, così puro così terso, da sembrare dipinto” l'immagine del giovane Pix la colmava talmente di gioia che era a malapena consapevole di star a parlar con lui. All'inizio era stata inquieta per la sua partenza, ma poi si era rassicurata, certa di rivederlo come certo è il divenire del giorno dopo la notte. Pix continuava nel suo racconto: “mamma qui è tutto un ascoltare, fiutare e percepire. Qui l'odore dell'erba si fa strada attraverso le mie narici umane e va a colpire il mio centro neuronale impressionandolo di sensazioni a me sconosciute” che belle parole sentiva dalla voce di suo figlio; lei che aveva immaginato che la terra fosse abitata da uomini dal ventre ripugnante con le bocche da squalo, le mani ad uncino, i petti mostruosi e con i piedi a forma di pinne, provò stupore dinanzi a quella descrizione di quel mondo sconosciuto. Ad un certo punto la voce di Pix si fece più bassa e le parole venivano esternate con più calma: “mamma ho conosciuto una ragazza dal nome Olga” ci fu una pausa e la madre capì che quello era il motivo centrale della loro discussione: “bene Pix parlami di lei”. Pix riprese con l'entusiasmo il suo dialogo, sapeva di poter contare su sua madre e i suoi consigli: “ ha occhi grandi e azzurri, ha delle labbra rosse, un colorito della pelle di un bianco abbagliante e dei capelli biondi color della luce di solex”. La madre si stupì e rimase contenta di questa descrizione così minuziosa che Pix aveva fatto della giovane donna umana, fece un grande sospiro, per svuotarsi di un po' di quella felicità che l'aveva pervasa e si sforzò di parlagli: “caro figlio mio sono immensamente contenta del fatto che tu abbia conosciuto questo essere così grazioso e sento che stai provando una sensazione che sulla terra, se i miei studi non si sbagliano, si chiama innamoramento. Stai attento che questo un po' ti farà soffrire ma sarà un'esperienza che ti crescerà e ti renderà migliore”. I led che illuminavano il tempo per la connessione stavano azzerando le cifre e Pix doveva interrompere la comunicazione. Aveva ancora molte cose da chiedere a sua madre, domande alle quali il computer di bordo non avrebbe risposto. Per ora bastava così e lasciò la madre con un: “mamma sei sempre preziosa e sai sempre dirmi le parole giuste, ciao ci sentiamo prossimamente, saluta papà!” la comunicazione si interruppe. La madre di Pix, dall'altra parte della galassia, sorrise con tenerezza infinita e le braccia di lei lunghe e sottili abbracciarono il monitor che aveva di fronte e dalla bocca uscì una sola parola: “PIX”
03 luglio 2009
PIX 5
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Terribilmente stanco, Pix ritenne di aver visto e sentito abbastanza per quel giorno. Fu allora che riguadagnò la strada per l'astronave e quando fu in mezzo alla campagna, come preso da illuminazione spaziale, chiuse gli occhi e si lasciò cadere a terra. Il calore della giornata gli fu subito addosso, percepiva tutti gli odori di quel posto. Da quando aveva preso le sembianze umane era continuamente assalito da miriadi di sensazioni olfattive e queste gli amplificavano tutte l'emozioni vissute. Tutte le situazioni avevano un profumo. Il campo sul quale era atterrato odorava di fieno, la strada sterrata odorava di polvere, la ragazza che aveva conosciuta odorava di bucato appena lavato, il bar odorava di umanità e ora sentiva altri odore. Di fianco a lui scorreva l'acqua in un fosso e questa sprigionava un vapore fresco. Pix ne annusò con gioa l'odore e dopo averlo fatto si rialzò sfregandosi, con le mani, il sedere dalla polvere. Il vento aveva disperso le nuvole e il sole caldo splendeva nel cielo azzurro ed immenso. Le case, vagamente illuminate da questa luce, avevano ripreso la loro consistenza opaca quella dei mattoni faccia a vista delle pareti. Pix posò la mano sul tronco di un albero e degli insetti si misero a girargli attorno alle dita, come se avessero riconosciuto la non umanità di quel giovane uomo. Attraverso la mano il non terrestre sentiva il calore di quell'insieme di molecole organiche. Era una sensazione piacevole scoprire la vita scorrere in tutto quello che vedeva, toccava e annusava. Sorrise al proprio corpo che stava scoprendo di momento in momento, alzò le mani e si mise a giocare con le dita, mimando delle marionette, subito dopo si toccò gli occhi e li sentì umidi stava piangendo di felicità. Era contento e il suo corpo voleva farglielo rilevare. In quel preciso momento sentì uno scricchiolio di passi sul terreno fatto di ghiaia, a tre metri da lui si materializzò un bambino dai capelli biondi che giocava con una palla simile a quella dei calciatori visti sullo schermo nel bar. Scoppiò a ridere e si disse: “la giornata non è ancora finita”. Gli si avvicinò e lo osservò attentamente mentre giocava con quella sfera che dai rimbalzi e dagli effetti ricevuti sembrava magica. Questo attrezzo era per lui in quel momento un elemento simbolico e data la poliedricità d'utilizzo era una fonte inesauribile di stimoli nuovi e diversi, soprattutto se posti in relazione agli oggetti e al mondo esterno di quel momento . Il fatto di polvere, acqua, sole e cielo. Che il bambino poi giocasse con i piedi metteva ancora più in evidenza la tridimensionalità dello spazio, la sua creatività nel colpirla e nel farla roteare in aria lo divertiva, lo appassionava e il bimbo accortosi di tutto questo gli passò la palla con un lancio Pix vide la palla arrivare, si posizionò per riceverla e quando fu vicina a lui cercò di afferrarla ma questa come indispettita dal cambio di proprietà fuggi e rimbalzando li vicino cadde dentro al fosso e l'acqua la portò via!
Terribilmente stanco, Pix ritenne di aver visto e sentito abbastanza per quel giorno. Fu allora che riguadagnò la strada per l'astronave e quando fu in mezzo alla campagna, come preso da illuminazione spaziale, chiuse gli occhi e si lasciò cadere a terra. Il calore della giornata gli fu subito addosso, percepiva tutti gli odori di quel posto. Da quando aveva preso le sembianze umane era continuamente assalito da miriadi di sensazioni olfattive e queste gli amplificavano tutte l'emozioni vissute. Tutte le situazioni avevano un profumo. Il campo sul quale era atterrato odorava di fieno, la strada sterrata odorava di polvere, la ragazza che aveva conosciuta odorava di bucato appena lavato, il bar odorava di umanità e ora sentiva altri odore. Di fianco a lui scorreva l'acqua in un fosso e questa sprigionava un vapore fresco. Pix ne annusò con gioa l'odore e dopo averlo fatto si rialzò sfregandosi, con le mani, il sedere dalla polvere. Il vento aveva disperso le nuvole e il sole caldo splendeva nel cielo azzurro ed immenso. Le case, vagamente illuminate da questa luce, avevano ripreso la loro consistenza opaca quella dei mattoni faccia a vista delle pareti. Pix posò la mano sul tronco di un albero e degli insetti si misero a girargli attorno alle dita, come se avessero riconosciuto la non umanità di quel giovane uomo. Attraverso la mano il non terrestre sentiva il calore di quell'insieme di molecole organiche. Era una sensazione piacevole scoprire la vita scorrere in tutto quello che vedeva, toccava e annusava. Sorrise al proprio corpo che stava scoprendo di momento in momento, alzò le mani e si mise a giocare con le dita, mimando delle marionette, subito dopo si toccò gli occhi e li sentì umidi stava piangendo di felicità. Era contento e il suo corpo voleva farglielo rilevare. In quel preciso momento sentì uno scricchiolio di passi sul terreno fatto di ghiaia, a tre metri da lui si materializzò un bambino dai capelli biondi che giocava con una palla simile a quella dei calciatori visti sullo schermo nel bar. Scoppiò a ridere e si disse: “la giornata non è ancora finita”. Gli si avvicinò e lo osservò attentamente mentre giocava con quella sfera che dai rimbalzi e dagli effetti ricevuti sembrava magica. Questo attrezzo era per lui in quel momento un elemento simbolico e data la poliedricità d'utilizzo era una fonte inesauribile di stimoli nuovi e diversi, soprattutto se posti in relazione agli oggetti e al mondo esterno di quel momento . Il fatto di polvere, acqua, sole e cielo. Che il bambino poi giocasse con i piedi metteva ancora più in evidenza la tridimensionalità dello spazio, la sua creatività nel colpirla e nel farla roteare in aria lo divertiva, lo appassionava e il bimbo accortosi di tutto questo gli passò la palla con un lancio Pix vide la palla arrivare, si posizionò per riceverla e quando fu vicina a lui cercò di afferrarla ma questa come indispettita dal cambio di proprietà fuggi e rimbalzando li vicino cadde dentro al fosso e l'acqua la portò via!
30 giugno 2009
PIX 4
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“Io...”iniziò: “ehm!”.
Si schiarì la voce e proseguì: “mi chiamo Pix, e...e...e non sono di qui!” Non avrebbe mai immaginato che potesse essere così diretta la sua comunicazione verso un umano. Lo stupore ridestò la sua attenzione e per una frazione di secondo vide la ragazza per quello che era, un insieme fragile e solida di carni sode e tenere in poche parole: radiosa. “Lei... oh mi scusi, oh scusa...” non sapeva se usare la forma confidenziale -tu- o l'impersonale -lei-: “tu sei così...” optò per il tu e ricominciò a parlare e stava per dire: “così carina” ma si rese conto che il suo complimento era fuori luogo e soprattutto un po' troppo affrettato. Non finì la frase e arrossì. Presa alla sprovvista Olga non seppe cosa dire allora scoppiò a ridere e così mostrò ancora di più la sua bellezza. Si voltò e se ne andò cantando: “si chiama Pix, si chiama Pix, ed è un bel mix di misterix! Si chiama Pix, si chiama Pix, ed è un bel mix di misterix!! ah ah ah” rideva e correva lungo il viale come se volesse cantare la sua gioa, la sua gioa di vivere. La sua riflessione la disse ad alta voce a se stesso: “Che strani questi umani mi ci vorrà un po' di tempo per capirli ma credo che ne varrà la pena” e si incamminò verso la cittadina che ormai si trovava d'inanzi a sè, quando un campanile vicino rintoccò, con le sue campane, le tre del pomeriggio. Mezz'ora più tardi entrò in un locale che era stracolmo di gente. Alle 15.30 precise , in piedi al centro del locale si levò lo zainetto dalle spalle e appoggiandolo su un tavolino si sedette. Tutti in quel Bar, così lo chiamavano gli umani, volgevano l'attenzione verso un monitor che si trovava appeso in un angolo del locale. C'era un frastuono incredibile chi urlava, chi urlava e si muoveva e chi urlava si muoveva e nello stesso tempo beveva una bevanda di colore giallognolo ricoperta da una schiuma bianca. Un vero caos! E per cosa? Per una partita di CALCIO! Infatti sul monitor scorrevano immagini di umani in pantaloncini corti e magliette colorate che rincorrevano la palla e si affannavano per contrastare quelli , che con una maglietta diversa volevano fare altrettanto. Lo spettacolo era divertente più il gioco si avvicinava alla porta più il rumore si alzava e si rendeva fastidioso. Ma ad un certo punto il caos raggiunse il livello massimo: l'omino vestito di nero aveva fischiato e aveva indirizzato il proprio braccio verso il centro del campo. L'apoteosi! Tutti urlavano, tutti gridavano: “GOL”. Nel momento che questo si realizzò, Pix venne travolto dagli abbracci e da dei colpi sul petto che lo fecero tossire fin quasi a perdere i sensi. Fu come se gli occhi e le orecchie gli schizzassero via dal viso e anche la lingua se ne voleva andare dalla sua sede naturale. Si trovò straordinariamente sollevato dal suolo, i suoi piedi non posavano più per terra e il suo corpo aveva la leggerezza della polvere di stelle. Si sentì invadere da una felicità divorante e il peso del suo pensiero si dissolse! Accidenti che effetto faceva questo calcio! Solo dopo alcuni interminabili minuti l'ambiente tornò alla calma. Pix rideva e si rendeva conto di provare qualcosa di unico, qualcosa che nella sua esistenza non aveva mai provato, sentì un brivido corrergli su per la schiena e mille timori fecero vacillare le sue certezze razionali. Erano forse queste le famose EMOZIONI UMANE?! Era felice come un bambino con un giocattolo nuovo. Aveva viaggiato molto, aveva conosciuto mondi diversi ma questa esperienza lo faceva stare bene con se stesso. La stessa gioia forse l'aveva provata quando dal Gran Comando Militare di Terrax era arrivata la comunicazione dell'accettazione della sua domanda di ammissione all'Accademia Aerospaziale.
La partita continuò e di quelle scene se ne ripeterono altre due. Al termine della gara tutti uscirono dal locale allegri e contenti ridendo e cantando e tutti si avviarono verso direzioni a lui sconosciute. Rimase solo, così si riavviò verso l'astronave era stata una giornata piena di eventi straordinari e doveva riferire tutto a suo padre. A sua madre avrebbe raccontato di Olga!
“Io...”iniziò: “ehm!”.
Si schiarì la voce e proseguì: “mi chiamo Pix, e...e...e non sono di qui!” Non avrebbe mai immaginato che potesse essere così diretta la sua comunicazione verso un umano. Lo stupore ridestò la sua attenzione e per una frazione di secondo vide la ragazza per quello che era, un insieme fragile e solida di carni sode e tenere in poche parole: radiosa. “Lei... oh mi scusi, oh scusa...” non sapeva se usare la forma confidenziale -tu- o l'impersonale -lei-: “tu sei così...” optò per il tu e ricominciò a parlare e stava per dire: “così carina” ma si rese conto che il suo complimento era fuori luogo e soprattutto un po' troppo affrettato. Non finì la frase e arrossì. Presa alla sprovvista Olga non seppe cosa dire allora scoppiò a ridere e così mostrò ancora di più la sua bellezza. Si voltò e se ne andò cantando: “si chiama Pix, si chiama Pix, ed è un bel mix di misterix! Si chiama Pix, si chiama Pix, ed è un bel mix di misterix!! ah ah ah” rideva e correva lungo il viale come se volesse cantare la sua gioa, la sua gioa di vivere. La sua riflessione la disse ad alta voce a se stesso: “Che strani questi umani mi ci vorrà un po' di tempo per capirli ma credo che ne varrà la pena” e si incamminò verso la cittadina che ormai si trovava d'inanzi a sè, quando un campanile vicino rintoccò, con le sue campane, le tre del pomeriggio. Mezz'ora più tardi entrò in un locale che era stracolmo di gente. Alle 15.30 precise , in piedi al centro del locale si levò lo zainetto dalle spalle e appoggiandolo su un tavolino si sedette. Tutti in quel Bar, così lo chiamavano gli umani, volgevano l'attenzione verso un monitor che si trovava appeso in un angolo del locale. C'era un frastuono incredibile chi urlava, chi urlava e si muoveva e chi urlava si muoveva e nello stesso tempo beveva una bevanda di colore giallognolo ricoperta da una schiuma bianca. Un vero caos! E per cosa? Per una partita di CALCIO! Infatti sul monitor scorrevano immagini di umani in pantaloncini corti e magliette colorate che rincorrevano la palla e si affannavano per contrastare quelli , che con una maglietta diversa volevano fare altrettanto. Lo spettacolo era divertente più il gioco si avvicinava alla porta più il rumore si alzava e si rendeva fastidioso. Ma ad un certo punto il caos raggiunse il livello massimo: l'omino vestito di nero aveva fischiato e aveva indirizzato il proprio braccio verso il centro del campo. L'apoteosi! Tutti urlavano, tutti gridavano: “GOL”. Nel momento che questo si realizzò, Pix venne travolto dagli abbracci e da dei colpi sul petto che lo fecero tossire fin quasi a perdere i sensi. Fu come se gli occhi e le orecchie gli schizzassero via dal viso e anche la lingua se ne voleva andare dalla sua sede naturale. Si trovò straordinariamente sollevato dal suolo, i suoi piedi non posavano più per terra e il suo corpo aveva la leggerezza della polvere di stelle. Si sentì invadere da una felicità divorante e il peso del suo pensiero si dissolse! Accidenti che effetto faceva questo calcio! Solo dopo alcuni interminabili minuti l'ambiente tornò alla calma. Pix rideva e si rendeva conto di provare qualcosa di unico, qualcosa che nella sua esistenza non aveva mai provato, sentì un brivido corrergli su per la schiena e mille timori fecero vacillare le sue certezze razionali. Erano forse queste le famose EMOZIONI UMANE?! Era felice come un bambino con un giocattolo nuovo. Aveva viaggiato molto, aveva conosciuto mondi diversi ma questa esperienza lo faceva stare bene con se stesso. La stessa gioia forse l'aveva provata quando dal Gran Comando Militare di Terrax era arrivata la comunicazione dell'accettazione della sua domanda di ammissione all'Accademia Aerospaziale.
La partita continuò e di quelle scene se ne ripeterono altre due. Al termine della gara tutti uscirono dal locale allegri e contenti ridendo e cantando e tutti si avviarono verso direzioni a lui sconosciute. Rimase solo, così si riavviò verso l'astronave era stata una giornata piena di eventi straordinari e doveva riferire tutto a suo padre. A sua madre avrebbe raccontato di Olga!
29 giugno 2009
PIX 3
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Tacque un istante; i suoi occhi azzurri, trasognati, contemplavano qualche straordinaria visione. Si passò di nuovo la mano nei capelli per provare a se stesso che quel momento era vero e non frutto di un'allucinazione dovuta all'alta percentuale di ossigeno presente nell'aria di quello splendido pianeta. Non gli era certo proibito sperare che dopo aver viaggiato per milioni di chilometri, aver studiato il genere umano era giunto in quel preciso istante il momento del primo contatto con questa specie così diversa e così affascinante. Perchè no? Fece un'altra pausa nel suo pensiero. Sconvolto dalla bellezza di quel paesaggio che vedeva sotto e davanti a se, disegnava nella sua mente il primo incontro con un umano. Cosa gli avrebbe detto o meglio cosa si sarebbero detti? La sua intelligenza, la sua formazione scientifica gli consentivano di aspettarsi una stretta e fruttuosa collaborazione con l'umanità. Sapeva che nel momento del “CONTATTO” avrebbe saputo trovare le parole giuste, non sapeva ancora quali ma sarebbero state sicuramente quelle giuste. Provava dentro di se un'emozione tutta particolare che sino ad allora non aveva conosciuto gli piaceva essere così, voleva essere così. Si ricordò in quell'istante che doveva chiamare suo padre per informarlo sulla situazione ma poi si disse che non era granchè importante, il compito che gli si profilava era ben di altra portata. In quell'istante un piccolo animaletto volante gli si appiccicò sulla palpebra e lo costrinse a chiudere gli occhi. Una lacrima gli incollò momentaneamente le ciglia e mentre con la mano cercava di staccarsi da questo piccolo fastidio un altro di quei piccoli oggetti volanti gli entrò nelle narici e scivolò giù nella gola: starnutì! Ecco un altro segno della sua nuova identità di umano! Dopo lo starnuto, che aveva causato una flessione del capo sul petto, alzò la testa e li vicino vide che si apriva un viale che s'inoltrava fra la boscaglia, ai suoi lati correvano degli alberi di un verde cupo, alti e filiformi. Su questo lembo di natura regnava il silenzio più totale. Pix attraversò il viale e tra gli spazi che vi erano tra i tronchi degli alberi intravedeva delle case isolate e man mano che si inoltrava nel viale l'agglomerato di case diventava sempre più fitto. Una città pensò Pix! Mentre osservava le abitazioni in lontananza, l'eccitazione aumentava in intensità. Pix sentì dei rumori davanti a sé e riportò la sua attenzione sul viale alberato e così facendo vide di fronte a sè una ragazza. Mentre la ragazza si muoveva verso di lui cercò di rilevare tutti i dai possibili e necessari per avere un quadro preciso dell'umano che aveva difronte. Aveva pressappoco la sua età terreste, tredici o quattordici anni, aveva indosso una gonna a pieghe verde acqua e una camicetta bianca di pizzo. La gonna ne disegnava la vita sottile, si arrotondava sulle anche e ondeggiava sulle gambe lunghe e magre. I capelli erano raccolti in una treccia che gli arrivava a metà schiena. Fissandogli il viso il suo stato d'animo cambiò, provava un'emozione strana era come se quella parte del corpo fosse fonte di ricordi. Il suo colorito roseo gli ricordava i tramonti visti dall'oblò della sua cameretta. I suoi occhi verde acqua gli ricordavano lo scorrere impetuoso dei ruscelli che ogni notte da piccolo suo padre gli faceva vedere nei video libri. Era rimasto incantato. La ragazza sorrideva senza chiudere le labbra e la composizione di quelle linee curve inondavano il viso di dolcezza e di mistero. Pix non era ancora in grado di apprezzare la bellezza femminile, lui viveva di fredde immagini che il suo elaboratore di bordo gli aveva trasferito definendo il genere femminile, ma quel viso aveva scosso il suo animo terrestre e non solo! Ad un certo punto, quasi rompendo un incantesimo con disinvoltura la giovane donna si avvicinò e gli chiese: “ciao come ti chiami? Tu non sei di queste parti vero? Io mi chiamo Olga” e distese un braccio verso di lui cercando di stringergli la mano. Pix era inebetito, impacciato e non sapeva cosa rispondere. Vide quella mano protrarsi verso di lui e non vide cosa migliore da fare che afferrarla e stringerla. Dopo averle stretto la mano era già in preda alla curiosità di sapere tutto di lei però l'unica parola che riusci a far uscire dalla sua bocca fu: “Pix”
Tacque un istante; i suoi occhi azzurri, trasognati, contemplavano qualche straordinaria visione. Si passò di nuovo la mano nei capelli per provare a se stesso che quel momento era vero e non frutto di un'allucinazione dovuta all'alta percentuale di ossigeno presente nell'aria di quello splendido pianeta. Non gli era certo proibito sperare che dopo aver viaggiato per milioni di chilometri, aver studiato il genere umano era giunto in quel preciso istante il momento del primo contatto con questa specie così diversa e così affascinante. Perchè no? Fece un'altra pausa nel suo pensiero. Sconvolto dalla bellezza di quel paesaggio che vedeva sotto e davanti a se, disegnava nella sua mente il primo incontro con un umano. Cosa gli avrebbe detto o meglio cosa si sarebbero detti? La sua intelligenza, la sua formazione scientifica gli consentivano di aspettarsi una stretta e fruttuosa collaborazione con l'umanità. Sapeva che nel momento del “CONTATTO” avrebbe saputo trovare le parole giuste, non sapeva ancora quali ma sarebbero state sicuramente quelle giuste. Provava dentro di se un'emozione tutta particolare che sino ad allora non aveva conosciuto gli piaceva essere così, voleva essere così. Si ricordò in quell'istante che doveva chiamare suo padre per informarlo sulla situazione ma poi si disse che non era granchè importante, il compito che gli si profilava era ben di altra portata. In quell'istante un piccolo animaletto volante gli si appiccicò sulla palpebra e lo costrinse a chiudere gli occhi. Una lacrima gli incollò momentaneamente le ciglia e mentre con la mano cercava di staccarsi da questo piccolo fastidio un altro di quei piccoli oggetti volanti gli entrò nelle narici e scivolò giù nella gola: starnutì! Ecco un altro segno della sua nuova identità di umano! Dopo lo starnuto, che aveva causato una flessione del capo sul petto, alzò la testa e li vicino vide che si apriva un viale che s'inoltrava fra la boscaglia, ai suoi lati correvano degli alberi di un verde cupo, alti e filiformi. Su questo lembo di natura regnava il silenzio più totale. Pix attraversò il viale e tra gli spazi che vi erano tra i tronchi degli alberi intravedeva delle case isolate e man mano che si inoltrava nel viale l'agglomerato di case diventava sempre più fitto. Una città pensò Pix! Mentre osservava le abitazioni in lontananza, l'eccitazione aumentava in intensità. Pix sentì dei rumori davanti a sé e riportò la sua attenzione sul viale alberato e così facendo vide di fronte a sè una ragazza. Mentre la ragazza si muoveva verso di lui cercò di rilevare tutti i dai possibili e necessari per avere un quadro preciso dell'umano che aveva difronte. Aveva pressappoco la sua età terreste, tredici o quattordici anni, aveva indosso una gonna a pieghe verde acqua e una camicetta bianca di pizzo. La gonna ne disegnava la vita sottile, si arrotondava sulle anche e ondeggiava sulle gambe lunghe e magre. I capelli erano raccolti in una treccia che gli arrivava a metà schiena. Fissandogli il viso il suo stato d'animo cambiò, provava un'emozione strana era come se quella parte del corpo fosse fonte di ricordi. Il suo colorito roseo gli ricordava i tramonti visti dall'oblò della sua cameretta. I suoi occhi verde acqua gli ricordavano lo scorrere impetuoso dei ruscelli che ogni notte da piccolo suo padre gli faceva vedere nei video libri. Era rimasto incantato. La ragazza sorrideva senza chiudere le labbra e la composizione di quelle linee curve inondavano il viso di dolcezza e di mistero. Pix non era ancora in grado di apprezzare la bellezza femminile, lui viveva di fredde immagini che il suo elaboratore di bordo gli aveva trasferito definendo il genere femminile, ma quel viso aveva scosso il suo animo terrestre e non solo! Ad un certo punto, quasi rompendo un incantesimo con disinvoltura la giovane donna si avvicinò e gli chiese: “ciao come ti chiami? Tu non sei di queste parti vero? Io mi chiamo Olga” e distese un braccio verso di lui cercando di stringergli la mano. Pix era inebetito, impacciato e non sapeva cosa rispondere. Vide quella mano protrarsi verso di lui e non vide cosa migliore da fare che afferrarla e stringerla. Dopo averle stretto la mano era già in preda alla curiosità di sapere tutto di lei però l'unica parola che riusci a far uscire dalla sua bocca fu: “Pix”
25 giugno 2009
PIX 2
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Per molte ore Pix cercò un posto dove atterrare e poter posare i tre lunghi sostegni della sua astronave. Non c'era timore di farsi notare e farsi scoprire, perchè la navicella spaziale aveva inserito un nuovo dispositivo il -MIMESI- che permetteva all'oggetto volante di mimetizzarsi in qualsiasi ambiente si fosse trovato. In quei pochi giorni aveva studiato il territorio più idoneo per un atterraggio e il posto che soddisfaceva anche la sua curiosità su questo nuovo ed entusiasmante gioco chiamato CALCIO veniva chiamato dagli umani Pianura Padana. Era un posto tranquillo con la presenza di umani laboriosi fino allo sfinimento. Il comportamento umano degli abitanti di questa pianura lo affascinava, l'instancabilità di questi esseri lo sorprendeva. Lavoravano sempre! Tutti i giorni, al mattino, al pomeriggio, alla sera e alla notte: sempre! Meno un giorno, quello che chiamavano: domenica. In quel giorno la maggior parte di loro si divertivano a giocare a calcio. Strani esseri, sicuramente degni della sua attenzione. C'era un problema il suo aspetto. Era così diverso dagli umani che si sarebbero sicuramente rifiutati di far conoscenza con un tipo così strano. Così prima di atterrare e conoscere i Padani si trasformò da essere fosforescente e filiforme in un UMANO vero e proprio. Per mezzo del -TRASFORMIX- un congegno che aveva progettato suo padre, grande conoscitore del genere umano, si era trasformato in un bel bambino di tredici anni: aveva occhi di un azzurro luminoso, il viso magro e di un candore impressionante con un naso e le labbra sottilissimi. La macchina aveva fatto proprio un bel lavoro, anche se Pix non riusciva a sopportare tutti quei peli che ricoprivano in modo abbondante alcune parti del suo corpo. Si passava sempre, oramai era diventato una specie di tic, la mano destra dalle dita magre e lunghe tra i capelli di un biondo molto chiaro, appiattiti a ciocche contro il cranio dal berretto che si trovava in testa senza sapere il perchè. Ad un tratto vide il posto, sistemò tutto il suo equipaggiamento si sedette sul sedile della navicella ed impostò la rotta di atterraggio. Afferrava e muoveva le manopole con gesti efficaci, senza lentezza ne fretta nervosa, fin dall'infanzia era stato addestrato a pilotare oggetti volanti ed era diventato uno dei migliori del suo corso all'accademia spaziale. In pochissimo tempo realizzò la manovra sistemando l'astronave in una radura dai colori freschi e vivaci. Il contatto era avvenuto ora non rimaneva che scendere. Si alzò dal sedile e dimenticando ogni raccomandazione e soprattutto trascurando le procedure di contatto ravvicinato, premette il pulsante di apertura dello sportellone centrale e corse verso di esso per uscire dall'abitacolo il più in fretta possibile. Non vedeva nulla perchè Tutto era nascosto dai fumi dei razzi che avevano permesso il lento ma sicuro contatto con il suolo; Ma ad un certo punto quella nebbia artificiale scomparve e Pix scendendo la scaletta mise un piede sulla TERRA! La luce che lo illuminava gli sembrava composta da una miriade di colori e vide come in un sogno le mani di sua madre che lo invitavano a scendere e muoversi in quel mondo a lui estraneo. Una leggera brezza lo avvolgeva e sentiva entrare nelle cavità che si trovava sopra alla bocca, le narici, qualcosa che lo stordiva e lo inebriava era come se dentro di se stesse entrando il soffio della vita umana. Sentì improvvisamente una forza tremenda esplodere dentro di sé. Sentiva un gran freddo alle estremità cioè ai piedi e alle mani. Seppe che stava facendo qualcosa per lui di inusuale: tossì. Era UMANO!
Per molte ore Pix cercò un posto dove atterrare e poter posare i tre lunghi sostegni della sua astronave. Non c'era timore di farsi notare e farsi scoprire, perchè la navicella spaziale aveva inserito un nuovo dispositivo il -MIMESI- che permetteva all'oggetto volante di mimetizzarsi in qualsiasi ambiente si fosse trovato. In quei pochi giorni aveva studiato il territorio più idoneo per un atterraggio e il posto che soddisfaceva anche la sua curiosità su questo nuovo ed entusiasmante gioco chiamato CALCIO veniva chiamato dagli umani Pianura Padana. Era un posto tranquillo con la presenza di umani laboriosi fino allo sfinimento. Il comportamento umano degli abitanti di questa pianura lo affascinava, l'instancabilità di questi esseri lo sorprendeva. Lavoravano sempre! Tutti i giorni, al mattino, al pomeriggio, alla sera e alla notte: sempre! Meno un giorno, quello che chiamavano: domenica. In quel giorno la maggior parte di loro si divertivano a giocare a calcio. Strani esseri, sicuramente degni della sua attenzione. C'era un problema il suo aspetto. Era così diverso dagli umani che si sarebbero sicuramente rifiutati di far conoscenza con un tipo così strano. Così prima di atterrare e conoscere i Padani si trasformò da essere fosforescente e filiforme in un UMANO vero e proprio. Per mezzo del -TRASFORMIX- un congegno che aveva progettato suo padre, grande conoscitore del genere umano, si era trasformato in un bel bambino di tredici anni: aveva occhi di un azzurro luminoso, il viso magro e di un candore impressionante con un naso e le labbra sottilissimi. La macchina aveva fatto proprio un bel lavoro, anche se Pix non riusciva a sopportare tutti quei peli che ricoprivano in modo abbondante alcune parti del suo corpo. Si passava sempre, oramai era diventato una specie di tic, la mano destra dalle dita magre e lunghe tra i capelli di un biondo molto chiaro, appiattiti a ciocche contro il cranio dal berretto che si trovava in testa senza sapere il perchè. Ad un tratto vide il posto, sistemò tutto il suo equipaggiamento si sedette sul sedile della navicella ed impostò la rotta di atterraggio. Afferrava e muoveva le manopole con gesti efficaci, senza lentezza ne fretta nervosa, fin dall'infanzia era stato addestrato a pilotare oggetti volanti ed era diventato uno dei migliori del suo corso all'accademia spaziale. In pochissimo tempo realizzò la manovra sistemando l'astronave in una radura dai colori freschi e vivaci. Il contatto era avvenuto ora non rimaneva che scendere. Si alzò dal sedile e dimenticando ogni raccomandazione e soprattutto trascurando le procedure di contatto ravvicinato, premette il pulsante di apertura dello sportellone centrale e corse verso di esso per uscire dall'abitacolo il più in fretta possibile. Non vedeva nulla perchè Tutto era nascosto dai fumi dei razzi che avevano permesso il lento ma sicuro contatto con il suolo; Ma ad un certo punto quella nebbia artificiale scomparve e Pix scendendo la scaletta mise un piede sulla TERRA! La luce che lo illuminava gli sembrava composta da una miriade di colori e vide come in un sogno le mani di sua madre che lo invitavano a scendere e muoversi in quel mondo a lui estraneo. Una leggera brezza lo avvolgeva e sentiva entrare nelle cavità che si trovava sopra alla bocca, le narici, qualcosa che lo stordiva e lo inebriava era come se dentro di se stesse entrando il soffio della vita umana. Sentì improvvisamente una forza tremenda esplodere dentro di sé. Sentiva un gran freddo alle estremità cioè ai piedi e alle mani. Seppe che stava facendo qualcosa per lui di inusuale: tossì. Era UMANO!
18 giugno 2009
17 giugno 2009
PIX 1
PIX
In un angolo remoto della via Lattea viveva, su un pianeta dal nome esotico: Terrax, illuminato dalla stella Solex, un popolo molto evoluto. Questo popolo era composto da più di un miliardo di esseri fluorescenti che, grazie alla loro formidabile intelligenza, erano riusciti a creare e a conservare un ambiente meraviglioso e ideale per la loro esistenza. Erano arrivati addirittura a pensare che la conservazione del loro pianeta dovesse passare dal fatto che nessuno doveva viverci sul pianeta. Così tutti gli abitanti di Terrax vivevano su navicelle spaziali orbitanti attorno al pianeta stesso. Tanto era bello il loro pianeta tanto erano tristi i Terraxani!
La famiglia Alfax, formata da papà, mamma e il giovane Pix, abitava in una comoda residenza volante che orbitava a duecento chilometri da Terrax. La vista che si godeva dal grande oblò della cucina era meravigliosa: si vedeva addirittura tutto il sistema solare. Sin da piccolo, quando la sera il papà gli raccontava di mondi lontani, Pix gli chiedeva sempre la stessa cosa: “papà parlami del sole e del suo pianeta piu bello: la terra!” Il padre gli spiegava che il Sole, con il suo fortissimo calore permetteva sul pianeta Terra, solo su di essa, l'esistenza di esseri viventi chiamati uomini che dominavano il pianeta. Questi lavoravano sul pianeta, si muovevano sul pianeta insomma facevano tutto sul loro pianeta! Pix, sognando ad occhi aperti, diceva: “un giorno costruirò una navicella spaziale e andrò a trovare gli uomini!” dopo di che si addormentava e sognava la Terra e gli Umani. Il tempo passava e il piccolo Pix cresceva e le sue giornate erano dedicate a progettare un veivolo in grado di affrontare il viaggio interplanetario. La mamma e il papà erano un po' preoccupati per questa strana volontà del loro amato figliolo e si chiedevano cosa mai avesse voluto più di quanto aveva. Perchè in lui c'era questa voglia di conoscere questo pianeta piccolo e sconosciuto?
Ma arrivò il giorno della partenza: Pix salutò i genitori e i parenti e sicuro del successo del suo viaggio partì. In pochi giorni attraversò lo spazio infinito che per anni aveva osservato dal grande oblò della cucina di casa, stava per entrare nel sistema solare. La rotta che aveva programmato con il padre lo portò vicino alla Luna, e a quel punto Pix puntò verso la direzione voluta: la Terra!
Più si avvicinava ad esso più gli sembrava bello e invitante. Quando era ormai vicino, notò che la superficie presentava grandi macchie di colore blu e altre di colore verde e altre ancora di colore marrone. Ne scelse una vi si avvicinò e atterrò comodamente. Il paesaggio era meraviglioso. Alti Alberi si alternavano ad ampie radure. L'azzurro del cielo faceva da cornice a quelle splendide immagini. Pix scrutò a fondo l'ambiente per trovare tracce di Umani. Finalmente li trovò! Erano tutti in un grande “catino” che saltavano, urlavano e si muovevano a un ritmo frenetico. Nel mezzo del catino c'erano degli altri Umani che rincorrevano un oggetto rimbalzante e sbuffando e correndo cercavano di conquistarlo e colpirlo. Rapito da ciò che vedeva, Pix si era dimenticato di essere a bordo del disco volante, in collegamento con suo padre. Quando se ne rese conto, gli manifestò il suo entusiasmo: “il pianeta è meraviglioso, vorrei che tu fossi qui, tra poco partirò e mi dirigerò verso oriente” comunicò riaccendendo i reattori. Quando pensò di essersi spostato a sufficienza, Pix decise di atterrare. Scelse un posto appartato. Il luogo era molto diverso dal precedente. Vi erano infatti grandi costruzioni dal tetto dorato e dalle facciate colorate ma anche lì trovo: “il grande catino” pieno di umani urlanti e agitati che si entusiasmavano nel vedere altri Umani rincorrere sempre lo stesso attrezzo che Pix lesse sul monitor del computer di bordo chiamarsi Palla. Decise di spostarsi ancora più ad oriente e presto arrivò in un altro paese dove notò che gli umani di quella parte della terra aveva il colore della pelle più chiaro rispetto a quella degli uomini che aveva visto in precedenza. I loro volti incorniciati da capelli lisci e nerissimi, erano illuminati da occhi scuri e sottili. Anche lì Pix trovò lo stesso “catino” che finalmente sapeva come lo chiamavano gli umani: STADIO, e quello che facevano i gli umani dentro allo stadio era quello di assistere ad una partita di CALCIO! Si convinse definitivamente che quella dovesse essere l'attività preferita degli Umani quando dirigendosi a sud trovò anche lì uno Stadio con gente che incitava a squarciagola i praticanti del Calcio. Prima di tornare dai suoi cari, Pix voleva visitare un posto che gli Umani chiamavano Europa. Sorvolò verdissime vallate, dove ogni tanto sorgeva un vecchio castello e anche li trovò uno stadio era notte e il buio regnava tutto attorno a questo posto illuminato. Uomini e donne con abiti variopinti erano all'interno di esso e sembravano contenti di essere li. Lo spettacolo che si vedeva dall'alto era così bello che Pix sorvolò sullo stadio per tante e tante volte. “Che bello, che bei colori e come mi sento bene, mi piace questo modo che hanno gli umani di stare assieme!” a quel punto volle sapere tutto sul calcio ed in pochi minuti seppe tutto quel che c'era da sapere sul calcio dal suo computer e poi si mise in contatto con suo padre e gli comunicò: “ Papà ti devo dire una cosa che forse ti darà qualche preoccupazione, ma che per me è importante. Avevo intenzione di ripartire subito, ma non ci riesco. Il desiderio di scendere dalla navicella è più forte di ogni altra cosa. Ho deciso di fare conoscenza diretta con gli uomini. La loro vita è meno monotona della nostra, e vorrei soprattutto conoscere quello che tutti gli Uomini amano fare: giocare a calcio! Sono sicuro che se riuscirò a conoscere meglio gli uomini migliorerò la nostra esistenza.” Papà e mamma Afax ne discussero ma alla fine decisero che Pix dovesse rimanere. Il padre alla fine fece questa osservazione: “se Pix desidera tanto rimanere vuol dire che ne vale la pena. E poi sai cosa ti dico?(disse a sua moglie) Questo calcio comincia a incuriosire anche me, non vedo l'ora di vedere alcuni filmati che il nostro figliolo ci porterà!” La mamma replicò dicendo: “spero che Pix torni presto e speriamo che questo calcio possa essere qualcosa che ci rallegri e ci renda la vita meno monotona!”
In un angolo remoto della via Lattea viveva, su un pianeta dal nome esotico: Terrax, illuminato dalla stella Solex, un popolo molto evoluto. Questo popolo era composto da più di un miliardo di esseri fluorescenti che, grazie alla loro formidabile intelligenza, erano riusciti a creare e a conservare un ambiente meraviglioso e ideale per la loro esistenza. Erano arrivati addirittura a pensare che la conservazione del loro pianeta dovesse passare dal fatto che nessuno doveva viverci sul pianeta. Così tutti gli abitanti di Terrax vivevano su navicelle spaziali orbitanti attorno al pianeta stesso. Tanto era bello il loro pianeta tanto erano tristi i Terraxani!
La famiglia Alfax, formata da papà, mamma e il giovane Pix, abitava in una comoda residenza volante che orbitava a duecento chilometri da Terrax. La vista che si godeva dal grande oblò della cucina era meravigliosa: si vedeva addirittura tutto il sistema solare. Sin da piccolo, quando la sera il papà gli raccontava di mondi lontani, Pix gli chiedeva sempre la stessa cosa: “papà parlami del sole e del suo pianeta piu bello: la terra!” Il padre gli spiegava che il Sole, con il suo fortissimo calore permetteva sul pianeta Terra, solo su di essa, l'esistenza di esseri viventi chiamati uomini che dominavano il pianeta. Questi lavoravano sul pianeta, si muovevano sul pianeta insomma facevano tutto sul loro pianeta! Pix, sognando ad occhi aperti, diceva: “un giorno costruirò una navicella spaziale e andrò a trovare gli uomini!” dopo di che si addormentava e sognava la Terra e gli Umani. Il tempo passava e il piccolo Pix cresceva e le sue giornate erano dedicate a progettare un veivolo in grado di affrontare il viaggio interplanetario. La mamma e il papà erano un po' preoccupati per questa strana volontà del loro amato figliolo e si chiedevano cosa mai avesse voluto più di quanto aveva. Perchè in lui c'era questa voglia di conoscere questo pianeta piccolo e sconosciuto?
Ma arrivò il giorno della partenza: Pix salutò i genitori e i parenti e sicuro del successo del suo viaggio partì. In pochi giorni attraversò lo spazio infinito che per anni aveva osservato dal grande oblò della cucina di casa, stava per entrare nel sistema solare. La rotta che aveva programmato con il padre lo portò vicino alla Luna, e a quel punto Pix puntò verso la direzione voluta: la Terra!
Più si avvicinava ad esso più gli sembrava bello e invitante. Quando era ormai vicino, notò che la superficie presentava grandi macchie di colore blu e altre di colore verde e altre ancora di colore marrone. Ne scelse una vi si avvicinò e atterrò comodamente. Il paesaggio era meraviglioso. Alti Alberi si alternavano ad ampie radure. L'azzurro del cielo faceva da cornice a quelle splendide immagini. Pix scrutò a fondo l'ambiente per trovare tracce di Umani. Finalmente li trovò! Erano tutti in un grande “catino” che saltavano, urlavano e si muovevano a un ritmo frenetico. Nel mezzo del catino c'erano degli altri Umani che rincorrevano un oggetto rimbalzante e sbuffando e correndo cercavano di conquistarlo e colpirlo. Rapito da ciò che vedeva, Pix si era dimenticato di essere a bordo del disco volante, in collegamento con suo padre. Quando se ne rese conto, gli manifestò il suo entusiasmo: “il pianeta è meraviglioso, vorrei che tu fossi qui, tra poco partirò e mi dirigerò verso oriente” comunicò riaccendendo i reattori. Quando pensò di essersi spostato a sufficienza, Pix decise di atterrare. Scelse un posto appartato. Il luogo era molto diverso dal precedente. Vi erano infatti grandi costruzioni dal tetto dorato e dalle facciate colorate ma anche lì trovo: “il grande catino” pieno di umani urlanti e agitati che si entusiasmavano nel vedere altri Umani rincorrere sempre lo stesso attrezzo che Pix lesse sul monitor del computer di bordo chiamarsi Palla. Decise di spostarsi ancora più ad oriente e presto arrivò in un altro paese dove notò che gli umani di quella parte della terra aveva il colore della pelle più chiaro rispetto a quella degli uomini che aveva visto in precedenza. I loro volti incorniciati da capelli lisci e nerissimi, erano illuminati da occhi scuri e sottili. Anche lì Pix trovò lo stesso “catino” che finalmente sapeva come lo chiamavano gli umani: STADIO, e quello che facevano i gli umani dentro allo stadio era quello di assistere ad una partita di CALCIO! Si convinse definitivamente che quella dovesse essere l'attività preferita degli Umani quando dirigendosi a sud trovò anche lì uno Stadio con gente che incitava a squarciagola i praticanti del Calcio. Prima di tornare dai suoi cari, Pix voleva visitare un posto che gli Umani chiamavano Europa. Sorvolò verdissime vallate, dove ogni tanto sorgeva un vecchio castello e anche li trovò uno stadio era notte e il buio regnava tutto attorno a questo posto illuminato. Uomini e donne con abiti variopinti erano all'interno di esso e sembravano contenti di essere li. Lo spettacolo che si vedeva dall'alto era così bello che Pix sorvolò sullo stadio per tante e tante volte. “Che bello, che bei colori e come mi sento bene, mi piace questo modo che hanno gli umani di stare assieme!” a quel punto volle sapere tutto sul calcio ed in pochi minuti seppe tutto quel che c'era da sapere sul calcio dal suo computer e poi si mise in contatto con suo padre e gli comunicò: “ Papà ti devo dire una cosa che forse ti darà qualche preoccupazione, ma che per me è importante. Avevo intenzione di ripartire subito, ma non ci riesco. Il desiderio di scendere dalla navicella è più forte di ogni altra cosa. Ho deciso di fare conoscenza diretta con gli uomini. La loro vita è meno monotona della nostra, e vorrei soprattutto conoscere quello che tutti gli Uomini amano fare: giocare a calcio! Sono sicuro che se riuscirò a conoscere meglio gli uomini migliorerò la nostra esistenza.” Papà e mamma Afax ne discussero ma alla fine decisero che Pix dovesse rimanere. Il padre alla fine fece questa osservazione: “se Pix desidera tanto rimanere vuol dire che ne vale la pena. E poi sai cosa ti dico?(disse a sua moglie) Questo calcio comincia a incuriosire anche me, non vedo l'ora di vedere alcuni filmati che il nostro figliolo ci porterà!” La mamma replicò dicendo: “spero che Pix torni presto e speriamo che questo calcio possa essere qualcosa che ci rallegri e ci renda la vita meno monotona!”
11 giugno 2009
CORRADO
CORRADO
Alto per la sua età con le gambe lunghissime che lo rendevano tutto dinocolato nei movimenti. Il volto scarno e affilato con degli occhioni che occupavano i tre quarti del viso. Magrissimo tanto da pensare di mettergli dei sassi in tasca nelle giornate di ventoe già a quel tempo portava i pantaloni a vita bassa nel senso che grazie alla sua magrezza gli scendevano sempre a livello di metà bacino. Fisicamente questo era Corrado, il centrale difensivo della squadra pulcini dell'A.C. Milanese nell'annata sportiva 1987/88. Questo difensore spilungone dai piedi buoni non poteva certo definirsi un baluardo insuperabile, ma si intravedevano in lui delle attitudini particolari per il gioco del calcio, soprattutto nella scelta di tempo nel colpo di testa. Il bambino aveva un carattere tranquillo per certi versi troppo accomodante, era buono come il pane tanto per capirci! Parlava pochissimo e le poche parole che diceva erano Si o No. La semplicità fatta persona. Un giorno eravamo a Brugherio e giocavamo contro la squadra locale e la partita era tiratissima, erano gli ultimi minuti e il risultato era sullo zero a zero. Stavamo per calciare un calcio d'angolo. È a questo punto che Corrado mi chiese di andare in area avversaria per cercare una conclusione vincente. Io risposi affermativamente e mi misi in aspettativa dell'esito. La palla calciata forte e con parabola tesa era indirizzata verso il primo palo e il difensore posto nei pressi la stava mentalmente già rinviando, quando nello spazio irruppe con passo felpato e senza che nessuno se ne accorgesse, Corrado che con un tocco di testa insaccò la palla in rete: GOL! Tutti ad esultare, tutti a rincorrersi dalla gioia meno lui: Corrado! Lui era ancora li in ginocchio di fianco ad un avversario che disperato batteva i pugni sul terreno e non si capacitava e soprattutto non accettava l'esito dell'azione. Corrado cercava di parlargli, cercava di confortarlo, cercava quasi di scusarsi per quello che aveva fatto. Lo chiamavo e lui non rispondeva, ad un certo punto l'arbitro , accortosi della scena, si avvicinò ai due e accarezzando sulla testa Corrado e parlando all'altro li accompagnò verso il centro campo e li giunto, li fece abbracciare e con un fischio sentenziò la rete e l'apoteosi del Fair-Play!
Fu un'emozione che ancora dopo anni, ricordarla, mi mette i brividi. Corrado aveva segnato ed era dispiaciuto di aver reso infelice un avversario, incredibile! Al termine della partita, vinta per la cronaca: uno a zero, chiesi a Corrado: “dimmi Corrado se tu potessi ripetere l'azione del gol, segneresti ancora?” vidi Corrado abbassare la testa diventare pensieroso e all'improvviso rispondere: “SI” Grazie Corrado per la tua spontaneità e per la tua onestà!
Corrado
oggi fa l'avvocato ed è un libero professionista che svolge attività giudiziale e stragiudiziale. Per diventare avvocato si è laureato in Giurisprudenza ha studiato molto e ha fatto felice il suo papà, impiegato del catasto. Lui però non è un avvocato normale lui è un : Avvocato di Strada! e difende le esigenze di tutela legale delle persone senza fissa dimora in Italia! La sua è stata una scelta controcorrente!
È proprio lui il mio CORRADO!!
Alto per la sua età con le gambe lunghissime che lo rendevano tutto dinocolato nei movimenti. Il volto scarno e affilato con degli occhioni che occupavano i tre quarti del viso. Magrissimo tanto da pensare di mettergli dei sassi in tasca nelle giornate di ventoe già a quel tempo portava i pantaloni a vita bassa nel senso che grazie alla sua magrezza gli scendevano sempre a livello di metà bacino. Fisicamente questo era Corrado, il centrale difensivo della squadra pulcini dell'A.C. Milanese nell'annata sportiva 1987/88. Questo difensore spilungone dai piedi buoni non poteva certo definirsi un baluardo insuperabile, ma si intravedevano in lui delle attitudini particolari per il gioco del calcio, soprattutto nella scelta di tempo nel colpo di testa. Il bambino aveva un carattere tranquillo per certi versi troppo accomodante, era buono come il pane tanto per capirci! Parlava pochissimo e le poche parole che diceva erano Si o No. La semplicità fatta persona. Un giorno eravamo a Brugherio e giocavamo contro la squadra locale e la partita era tiratissima, erano gli ultimi minuti e il risultato era sullo zero a zero. Stavamo per calciare un calcio d'angolo. È a questo punto che Corrado mi chiese di andare in area avversaria per cercare una conclusione vincente. Io risposi affermativamente e mi misi in aspettativa dell'esito. La palla calciata forte e con parabola tesa era indirizzata verso il primo palo e il difensore posto nei pressi la stava mentalmente già rinviando, quando nello spazio irruppe con passo felpato e senza che nessuno se ne accorgesse, Corrado che con un tocco di testa insaccò la palla in rete: GOL! Tutti ad esultare, tutti a rincorrersi dalla gioia meno lui: Corrado! Lui era ancora li in ginocchio di fianco ad un avversario che disperato batteva i pugni sul terreno e non si capacitava e soprattutto non accettava l'esito dell'azione. Corrado cercava di parlargli, cercava di confortarlo, cercava quasi di scusarsi per quello che aveva fatto. Lo chiamavo e lui non rispondeva, ad un certo punto l'arbitro , accortosi della scena, si avvicinò ai due e accarezzando sulla testa Corrado e parlando all'altro li accompagnò verso il centro campo e li giunto, li fece abbracciare e con un fischio sentenziò la rete e l'apoteosi del Fair-Play!
Fu un'emozione che ancora dopo anni, ricordarla, mi mette i brividi. Corrado aveva segnato ed era dispiaciuto di aver reso infelice un avversario, incredibile! Al termine della partita, vinta per la cronaca: uno a zero, chiesi a Corrado: “dimmi Corrado se tu potessi ripetere l'azione del gol, segneresti ancora?” vidi Corrado abbassare la testa diventare pensieroso e all'improvviso rispondere: “SI” Grazie Corrado per la tua spontaneità e per la tua onestà!
Corrado
oggi fa l'avvocato ed è un libero professionista che svolge attività giudiziale e stragiudiziale. Per diventare avvocato si è laureato in Giurisprudenza ha studiato molto e ha fatto felice il suo papà, impiegato del catasto. Lui però non è un avvocato normale lui è un : Avvocato di Strada! e difende le esigenze di tutela legale delle persone senza fissa dimora in Italia! La sua è stata una scelta controcorrente!
È proprio lui il mio CORRADO!!
08 giugno 2009
IL MOURINHO PENSIERO
MOURINHO
1) Impegno e concentrazione - I giocatori devono concentrarsi e impegnarsi al massimo in partita e in allenamento. L'allenatore, proprio per tenere viva l'attenzione dei calciatori, ha nel suo "book" oltre 200 esercizi di base diversi, tattici e tecnici. 2) Catalizzare le critiche - Mourinho fa scaricare su se stesso tutte le attenzioni del pubblico e dei media. Non è solo egocentrismo - anche se si fa pagare benissimo per questo - ma l'esigenza di tenere le bufere più lontano possibile dalla squadra. Certo, poi ci sono le eccezioni e le frustate psicologiche: come il messaggio spedito a Balotelli. 3) Rapporto diretto con i media - E' lui che deve spiegare tutto ciò che avviene dentro la squadra; è lui il solo autorizzato ad aprire più o meno il sipario che nasconde lo spogliatoio. Mou non ama, anzi detesta, il confronto con gli altri allenatori e con la critica ha un rapporto crudo e diretto: anzi, attaccare i critici è la sua specialità. Vedi le frequenti alzate di tono prima e dopo i match. Ma solo lui può permettersi atteggiamenti del genere. Non i giocatori. 4) Disciplina ferrea - La disciplina nel gruppo è ferrea, non sono ammessi personalismi eccessivi. L'allenamento è fondamentale e va rispettato. Ne sa qualcosa Adriano, colpevole di aver fatto la notte in bianco, come suo solito, in un locale notturno. Messo immediatamente fuori squadra e rientrato, a sorpresa, per il match con la Juve. 5) Ritardi vietati - Ovviamente non sono ammessi ritardi. L'allenamento comincia con i giocatori che ci sono, fossero anche 14-15. I ritardatari vengono rimandati a casa e quindi multati. 6) Parlare chiaro ai giocatori - Mourinho ha un rapporto diretto con ogni giocatore, parla chiaro e spiega esattamente cosa vuole dal punto di vista tecnico, tattico e di comportamento. Gli ordini, anche quelli semplicemente tecnici, devono essere rispettati, pena l'esclusione. Vedi il famoso caso Cruz, messo fuori per insubordinazione tattica. O il caso Quaresma, che prima ha goduto di ampio credito da parte del tecnico, poi, dopo congruo avvertimento, è stato escluso. 7) Preparazione scientifica della partita - Il tecnico fa fare schede molto meticolose degli avversari, vengono fatte richieste tattiche precise a ogni giocatore e vengono preparati persino dei video che tutti devono esaminare e studiare. Anche questo è lavoro. 8) In panchina anche tecnologia - Ultimamente Mourinho si è visto in panchina accanto al suo vice Baresi con un notes blu dove prende appunti. In Inghilterra usava spesso schemi plastificati e pennarelli. In qualche occasione persino dei tablet-computer dove poteva rivedere le azioni, consultare statistiche ecc. 9) Il metodo di gioco - Lo schema preferito da Mourinho è il 4-3-3, ma per quanto si creda il contrario, la tattica e in particolare il modulo non è il chiodo fisso di Mourinho. A parte il fatto che adesso lo ha anche modificato nell'ormai diffusissimo 4-3-1-2 (vedi anche Palermo, Roma, Fiorentina, Lazio ecc.), per Mou sono fondamentali atteggiamento, aggressività, ripartenza, il saper rovesciare l'azione in pochi secondi, riconquistare immediatamente palla e scaraventarsi all'attacco. 10) Tutto in archivio - Tutte queste nozioni, tutti gli appunti di oltre 18 anni di attività (Mourinho a gennaio compirà 46 anni), compresa la sua laurea in professore di educazione fisica sono contenute in un immenso archivio, computerizzato ma per buona parte ancora cartaceo. Quando deve risolvere un problema, studiare un avversario o una situazione tattica, scartabellare tra gli appunti delle centinaia e centinaia di partite da lui affrontate, il professore di Setubal si chiude nel suo studio a risolvere l'arcano.
1) Impegno e concentrazione - I giocatori devono concentrarsi e impegnarsi al massimo in partita e in allenamento. L'allenatore, proprio per tenere viva l'attenzione dei calciatori, ha nel suo "book" oltre 200 esercizi di base diversi, tattici e tecnici. 2) Catalizzare le critiche - Mourinho fa scaricare su se stesso tutte le attenzioni del pubblico e dei media. Non è solo egocentrismo - anche se si fa pagare benissimo per questo - ma l'esigenza di tenere le bufere più lontano possibile dalla squadra. Certo, poi ci sono le eccezioni e le frustate psicologiche: come il messaggio spedito a Balotelli. 3) Rapporto diretto con i media - E' lui che deve spiegare tutto ciò che avviene dentro la squadra; è lui il solo autorizzato ad aprire più o meno il sipario che nasconde lo spogliatoio. Mou non ama, anzi detesta, il confronto con gli altri allenatori e con la critica ha un rapporto crudo e diretto: anzi, attaccare i critici è la sua specialità. Vedi le frequenti alzate di tono prima e dopo i match. Ma solo lui può permettersi atteggiamenti del genere. Non i giocatori. 4) Disciplina ferrea - La disciplina nel gruppo è ferrea, non sono ammessi personalismi eccessivi. L'allenamento è fondamentale e va rispettato. Ne sa qualcosa Adriano, colpevole di aver fatto la notte in bianco, come suo solito, in un locale notturno. Messo immediatamente fuori squadra e rientrato, a sorpresa, per il match con la Juve. 5) Ritardi vietati - Ovviamente non sono ammessi ritardi. L'allenamento comincia con i giocatori che ci sono, fossero anche 14-15. I ritardatari vengono rimandati a casa e quindi multati. 6) Parlare chiaro ai giocatori - Mourinho ha un rapporto diretto con ogni giocatore, parla chiaro e spiega esattamente cosa vuole dal punto di vista tecnico, tattico e di comportamento. Gli ordini, anche quelli semplicemente tecnici, devono essere rispettati, pena l'esclusione. Vedi il famoso caso Cruz, messo fuori per insubordinazione tattica. O il caso Quaresma, che prima ha goduto di ampio credito da parte del tecnico, poi, dopo congruo avvertimento, è stato escluso. 7) Preparazione scientifica della partita - Il tecnico fa fare schede molto meticolose degli avversari, vengono fatte richieste tattiche precise a ogni giocatore e vengono preparati persino dei video che tutti devono esaminare e studiare. Anche questo è lavoro. 8) In panchina anche tecnologia - Ultimamente Mourinho si è visto in panchina accanto al suo vice Baresi con un notes blu dove prende appunti. In Inghilterra usava spesso schemi plastificati e pennarelli. In qualche occasione persino dei tablet-computer dove poteva rivedere le azioni, consultare statistiche ecc. 9) Il metodo di gioco - Lo schema preferito da Mourinho è il 4-3-3, ma per quanto si creda il contrario, la tattica e in particolare il modulo non è il chiodo fisso di Mourinho. A parte il fatto che adesso lo ha anche modificato nell'ormai diffusissimo 4-3-1-2 (vedi anche Palermo, Roma, Fiorentina, Lazio ecc.), per Mou sono fondamentali atteggiamento, aggressività, ripartenza, il saper rovesciare l'azione in pochi secondi, riconquistare immediatamente palla e scaraventarsi all'attacco. 10) Tutto in archivio - Tutte queste nozioni, tutti gli appunti di oltre 18 anni di attività (Mourinho a gennaio compirà 46 anni), compresa la sua laurea in professore di educazione fisica sono contenute in un immenso archivio, computerizzato ma per buona parte ancora cartaceo. Quando deve risolvere un problema, studiare un avversario o una situazione tattica, scartabellare tra gli appunti delle centinaia e centinaia di partite da lui affrontate, il professore di Setubal si chiude nel suo studio a risolvere l'arcano.
04 giugno 2009
MA VAI DAVIDE
CALCIO, CONFEDERATIONS: C'E' SANTON, OUT D'AGOSTINO-PAZZINI
C'è anche Davide Santon tra i 23 azzurri che domenica partiranno per il Sudafrica per partecipare alla Confederations Cup. Il difensore dell'Inter, che avrà la maglia numero 2, è stato incluso nella lista ufficiale che entro la mezzanotte di oggi sarà consegnata alla Fifa, insieme ad altri nove giocatori dei 21 che stanno svolgendo a Coverciano la preparazione per l'amichevole Italia-Irlanda del Nord: si tratta di Legrottaglie, Grosso, Gattuso, De Sanctis, Gamberini, Rossi, Palombo, Montolivo, Dossena. Restano a casa, tra gli altri, Pazzini e D'Agostino.Al gruppo dei dieci già confermati, si uniranno sabato sera altri 13 azzurri già convocati. Tutti insieme si alleneranno domenica a Coverciano prima della partenza per il Sudafrica prevista in tarda serata. La lista dei 23: 1 Gianluigi Buffon, 2 Davide Santon, 3 Fabio Grosso, 4 Giorgio Chiellini, 5 Fabio Cannavaro, 6 Nicola Legrottaglie, 7 Simone Pepe, 8 Gennaro Gattuso, 9 Luca Toni, 10 Daniele De Rossi, 11 Alberto Gilardino, 12 Morgan De Sanctis, 13 Alessandro Gamberini, 14 Marco Amelia, 15 Vincenzo Iaquinta, 16 Mauro German Camoranesi, 17 Giuseppe Rossi, 18 Angelo Palombo, 19 Gianluca Zambrotta, 20 Riccardo Montolivo, 21 Andrea Pirlo, 22 Andrea Dossena, 23 Fabio Quagliarella.
C'è anche Davide Santon tra i 23 azzurri che domenica partiranno per il Sudafrica per partecipare alla Confederations Cup. Il difensore dell'Inter, che avrà la maglia numero 2, è stato incluso nella lista ufficiale che entro la mezzanotte di oggi sarà consegnata alla Fifa, insieme ad altri nove giocatori dei 21 che stanno svolgendo a Coverciano la preparazione per l'amichevole Italia-Irlanda del Nord: si tratta di Legrottaglie, Grosso, Gattuso, De Sanctis, Gamberini, Rossi, Palombo, Montolivo, Dossena. Restano a casa, tra gli altri, Pazzini e D'Agostino.Al gruppo dei dieci già confermati, si uniranno sabato sera altri 13 azzurri già convocati. Tutti insieme si alleneranno domenica a Coverciano prima della partenza per il Sudafrica prevista in tarda serata. La lista dei 23: 1 Gianluigi Buffon, 2 Davide Santon, 3 Fabio Grosso, 4 Giorgio Chiellini, 5 Fabio Cannavaro, 6 Nicola Legrottaglie, 7 Simone Pepe, 8 Gennaro Gattuso, 9 Luca Toni, 10 Daniele De Rossi, 11 Alberto Gilardino, 12 Morgan De Sanctis, 13 Alessandro Gamberini, 14 Marco Amelia, 15 Vincenzo Iaquinta, 16 Mauro German Camoranesi, 17 Giuseppe Rossi, 18 Angelo Palombo, 19 Gianluca Zambrotta, 20 Riccardo Montolivo, 21 Andrea Pirlo, 22 Andrea Dossena, 23 Fabio Quagliarella.
03 giugno 2009
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